🪲Quarto capitolo 𓂀

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Quella notte, dopo le preghiere per consentire al sole di affrontare il viaggio nella Duat e di sorgere il giorno dopo, Mine finse di avere sonno presto e si recò a letto di conseguenza.
E, nel silenzio, attese che tutti si addormentassero.

La luna illuminava una parte ristretta della stanza e per quanto si sforzasse non riusciva a trovare il suo mantello in tela. Era terrorizzata, un rumore anche lieve avrebbe svegliato sua sorella; e già il suo letto in legno aveva scricchiolato troppo mentre si era alzata, quasi più del solito le sembrò.

Arrivò al tavolo dei cosmetici usando come guida il luccichio del metallo, tuttavia per prendere lo specchio uno dei bracciali in oro cadde a terra.
"Maledetta Krio che non mette mai in ordine le nostre cose!" pensò fra sé e sé la ragazzina.
«Sacra Iside! » esclamò Erdie sorpresa nel sonno.
«Tranquilla sorella, torna a dormire. Mi sono alzata solo per bere un po' d'acqua».
Erdie si stropicciò gli occhi, bofonchiò qualcosa nel mezzo di uno sbadiglio e infine si rigirò nel letto. «Chiedi aiuto ad Akerat o imbranata come sei finirai per distruggere la stanza» le sussurrò con la voce impastata dal sonno.
L'altra le fece una linguaccia indispettita dandole dell'odiosa, ma Erdie era ormai tornata a dormire per sentirla.

Mine riprese il suo piano, scoprendo che seppur lieve, il riflesso della luce lunare era sufficiente per illuminare la cassapanca e il suo contenuto.
Con un po' di fatica riuscì a trovare il verso della sua parrucca: non si sarebbe mai fatta vedere da Hapy con il capo semicalvo.

Indossò il mantello ed uscì dalla stanza.
Tutta la sua dimora era ormai immersa nel buio. Si immaginò come il sole, che giunto alla fine della terra era costretto ogni notte ad attraversare la Duat: un passaggio dell'oltretomba costellato di demoni e mostri spaventosi. Per fortuna della ragazza, il suo di cammino non presentava creature infernali, ma guardie.
Si tolse i sandali e si coprì bene il capo per impedire alle gemme della parrucca di brillare alla luce dei bracieri.
Guardò le tre guardie appostate nel salone, erano impegnate a ridere trangugiando interi boccali di birra; forse non avrebbero mai fatto caso a lei.
Mine trattenne il fiato e si avvicinò silenziosamente alla grande porta, la aprì e con cautela uscì fuori.

Le acque del lago artificiale emanavano un odore umido che durante il giorno non sentiva quasi mai; la notte era illuminata dalla coperta di stelle che affollava il cielo, ma era fredda, molto fredda. Mine si pentì presto di non aver portato con sé una coperta in lana, ma di essere scesa con il suo abito da notte.
Costeggiò il muro bianco fino a trovare la foce del canale.
«Hapy, Hapy ci sei? »
«Sì eccomi! » le rispose lui sporgendosi nell'apertura del muro.
Appena lo vide la ragazza non sentì più freddo, senza pensarci mise un piede nel canale ritirandolo subito non appena avvertì l'acqua gelida pungerle la pelle.
«Forse è meglio trovare un altro modo per uscire» le consigliò lui.
«No, ce la faccio! »

In quel momento le tornarono in mente le peripezie a cui fu sottoposta la dea Iside per ritrovare suo marito fatto a pezzi dal fratello Seth. Certo la dea non si sarebbe mai spaventata per qualche ruscello di acqua gelida come non aveva temuto le sabbie roventi del deserto. E lei era una sua emanazione terrena, come tutti i sacerdoti le avevano sempre detto.

Carica di quella grinta mistica, alzò la veste e si gettò nel torrente. Fu come trovarsi le gambe percorse dai pungiglioni di mille scorpioni riverberando quel dolore pungente in tutto il corpo. Fece un grosso respiro e percorse il tratto che la separava da Hapy.
Appena sbucò dall'altra parte il ragazzo la tirò su, stringendola a sé. Aveva portato una grossa coperta di lana con cui, in pochi gesti, avvolse entrambi.

«Sei davvero una pazza» le disse sorridendo e Mine si sentì imbarazzata.
Si sedettero a terra, ancora avvolti dalla coperta. Lui le prese i piedi fra le mani per riscaldarglieli. «Ora sto bene, grazie Hapy» gli disse lei, avvertendo il tocco piacevole di quelle mani grandi e calde su di lei «Hai fatto molta strada per venire qui? » gli domandò infine per sedare quell'imbarazzo che le stava nascendo nel cuore.

Fiore di sabbia. Gli alboriWhere stories live. Discover now