𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝟓

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Pov Luna

Non potevo fare a meno di deviare nuovamente il mio pensiero da Andrea altrove. Lui era costantemente presente nella mia mente, e tutti i colpi e le testate contro il muro non riuscivano a scacciarlo. Nonostante ciò, la sola cosa in cui riuscivo a pensare era che lui fosse diverso dagli altri e che emanasse un fascino gentile, diversamente da tutti coloro che avevo incontrato in passato; non mi dava l'impressione di stare commettendo un errore questa volta. Continuai ad ascoltare quella strana playlist finché non udii una voce diversa dalle solite. "Luna! Il pranzo è pronto... Anastasia, è successo qualcosa?" - sentii la voce di mia madre interrompere, chiedendo spiegazioni su quanto fosse accaduto al lavoro quella mattina. "In realtà..." - guardai mia sorella con scetticismo, non sapendo cosa volesse comunicare a mia madre e senza voler interrompere la loro conversazione riguardo alla mia presenza a tavola, ma bastò uno sguardo per gettare il silenzio attorno al tavolo. "Dicevi, Anastasia?" - intervenni. "Quel ragazzo... questa mattina stavate parlando con lui" - ecco cosa mi sarei aspettata da mia sorella, che avrebbe almeno dovuto parlare con mia madre. In ogni caso, non riuscivo a capire perché sembrasse che tutto si schierasse sempre contro di me, o almeno non sapevo come potessi sperare un po' di fortuna, anche se nel profondo speravo che almeno il destino mi avesse riservato l'opportunità di trovare un lavoro. In fondo sapevo che non potevo avere né fortuna né amore, o forse entrambi. "Andrea?" - dissi infine, prendendo un pezzo di mozzarella e accompagnandolo con dei pomodorini nell'insalata. "Ho notato che stavate parlando animatamente, ed è stato evidente se l'ho notato io, l'hanno notato tutti" - più parlava, più lo trovavo insopportabilmente tragico.
"Quindi ora lo sto conoscendo come sto conoscendo un po' tutti. Mi sembra un ragazzo decente, non vedo cosa ci sia da criticare" - risposi, infilando la forchetta nel pomodoro dell'insalata e spruzzandolo di tutto il suo sapore e aroma.
"Quindi, cosa ti preoccupa, Anastasia... Il ragazzo sta risalendo un po', ha un lavoro, amici e un bambino, se tutto va bene. Anche tu, Luna, dovresti conoscerlo senza fare troppe illusioni" - dopo quel discorso di mia madre, le mie papille gustative non avevano più appetito.
"Lo sto conoscendo, non ho detto di innamorarmi, sono due cose diverse... Comunque, non ho più fame, mangia tu, Anastasia, magari ti soffochi con quella lingua lunga" - aggiunsi, tornando furtivamente in camera mia, pensando a cose che non avrei dovuto.
Ormai il nome di Andrea era fisso nella mia mente, non riuscivo a pensare ad altro, a quel nome, a quel viso, come se fossero un campanello d'allarme. Sapevo che quella notte non avrei chiuso occhio.
Mi cambiai in pigiama rosa e grigio, mi sdraiai a letto per scrivere poesie o leggere storie su Wattpad, poiché adoravo leggere ma non riuscivo a esprimere le mie emozioni contrastanti.
Non lo consideravo solo un amico, non sapevo nemmeno cosa sarebbe successo tra noi se fosse successo qualcosa, eravamo solo colleghi innocui per il momento.
"Luna, svegliati, oggi dobbiamo portare gli utenti alla Mondadori e verrà anche Andrea" - disse mia sorella, facendomi sobbalzare dal letto e cadere per terra.
"Ecco, lo sapevo che questo ragazzo ti stava intrigando" - ironizzò mia sorella, riferendosi a me e ad Andrea.
"Dai, sbrigati a vestirti!" - ubbidii, se c'era lui aveva senso fare le corse per andare al centro.
"Andiamo, Anastasia..." - dissi uscendo dal bagno, truccata e pettinata, senza nemmeno rendermene conto.
"Che succede all'improvviso!" - giurai di strappargli quella lingua prima o poi.
"Hai problemi? Prendo le cose sul serio. Andiamo comunque al lavoro, non a un evento mondano" - risposi scendendo le scale, ormai pensavo solo a quello.
"Almeno non sono depressa come te" - ribatté ribelle, avanzando un passo avanti a me.
"Salve!" - il solito grido di pace all'ingresso del centro.
"Ehilà!" - urlai spensierata, dirigendomi verso le firme, ignorando gli sguardi attenti degli altri intorno a me, era solo il mio secondo giorno.

Guardai intorno finché il volto di Mimmo non si fece avanti accanto a un altro ragazzo del servizio civile o almeno così deducevo, essendo lì da poco e non potendo pretendere di sapere già tutto per soddisfare il mio desiderio di sapere tutto.
"Tutto bene?" - mi chiese improvvisamente Mimmo.
"Sì, e tu?" - risposi per ricambiare il dialogo.
"Abbastanza" - disse infine, almeno quel volto mi ispirava più sincerità e bontà che altro, non potevo negare che fosse stato il primo del centro a farmi sentire a mio agio.
Finché non comparve dietro di me una figura bella alta, con jeans corti e la solita camicia blu, aveva delle spalle che solo a guardarle mi facevano immaginare il mondo, una robustezza mascolina che mi dava la netta e strana sensazione di trovarmi in un campo di fiori delimitati.
I soliti capelli sbarazzini, un volto straniero che sembrava provenire da un mondo lontano, quasi fosse uno di quei coreani delle serie televisive che tanto mi piaceva guardare.
"Un marchese a tutti gli effetti" pensai tra me e me, finché una voce da lontano ebbe la meglio nel ricordarmi che dovevamo partire.
"Ciao, tutto bene?" - ed eccolo lì che già mi aveva rivolto la parola.
"Sì, tutto bene. Oggi andiamo da Mondadori" - dissi infine con un certo entusiasmo.
"Eh sì, dai, che Niccolò ci sta aspettando per salire sul pulmino" - disse lui facendomi cenno di passare prima.
E in quei minimi gesti non riuscivo più a resistere, tutta quella galanteria, quel fascino incredibilmente gentile e premuroso che non faceva altro che catturare sempre di più la mia mente e il mio cuore, se non altro.

𝐀𝐦𝐚𝐧𝐭𝐢 𝐝𝐢 𝐮𝐧 𝐚𝐥𝐭𝐫𝐚 𝐞𝐩𝐨𝐜𝐚Donde viven las historias. Descúbrelo ahora