1.26

184 14 284
                                    

Le note malinconiche che si sprigionavano dal pipa avevano avvolto il giardino della principessa Mi-sun, riparandolo da ogni sorta di felicità

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Le note malinconiche che si sprigionavano dal pipa avevano avvolto il giardino della principessa Mi-sun, riparandolo da ogni sorta di felicità. Non c'era spazio per essa, e la ragazza lo aveva compreso nell'istante in cui aveva sentito il sangue scivolarle sulle cosce e la vita abbandonare il suo ventre.

Una lacrima le rigò la guancia, mentre le dita si muovevano con lentezza sulle quattro corde di seta del liuto, scandendo il silenzio con la loro mestizia.

Il vento era il suo unico compagno. Le accarezzava i lunghi capelli castani, che aveva lasciato ciondolare lungo i fianchi, e le increspava la seta della veste da notte che non avrebbe dovuto indossare al di fuori della camera da letto.

Era sola, sempre sola. Mi-sun smise di suonare quando il dolore si fece troppo forte.

Fu allora che notò la figura di Junoh, immobile sotto l'entrata del palazzo.

La guardava, con calore. Quel calore a cui lei aveva sempre anelato e che non era mai riuscita a trovare. Mi-sun riprese a pizzicare le corde dello strumento proveniente dalla contea di Qiong, di cui aveva sempre amato il suono, e lasciò che il principe dimenticato la guardasse. Junoh si incamminò verso di lei e si riparò sotto la veranda, sedendole accanto.

«Non serve a niente essere triste, gongju» le disse, appoggiando il gomito sul ginocchio e una guancia sul palmo. «Non risolverà il tuo stato di inquietudine, almeno finché non deciderai di agire.»

Mi-sun scosse con violenza le corde dello strumento.

«Se fosse stato per me avrei già pugnalato Shu Lien e chiesto il divorzio da Yong, però, dietro questo matrimonio c'è molto più che un mio stupido desiderio.» Mormorò la giovane, appoggiandosi contro il manico di giada del liuto. «La verità è che sono solo una pedina posta su un territorio alleato. Se me ne vado, gli amici diventano nemici, e la colpa ricade su di me.»

«Dovresti allora sfruttare la politica contro tuo marito» la sgridò Junoh, senza alzare la voce. «Sei una principessa, non una sgualdrina di Qiong.»

La musica cessò. Mi-sun depositò il pipa sul pavimento legnoso e voltò gli occhi lucidi in quelli affilati di Junoh. Era talmente pieno di rancore verso i membri della corte da non riuscire a vedere il dolore degli altri, tuttavia Mi-sun era certa che anche lui avesse sperimentato quella disperazione. Nessun essere umano si incattiviva a tal punto senza un buon motivo.

«Junoh» lo chiamò, posando una mano sulla sua. Aveva le dita fredde. «Hai mai perso qualcuno che amavi?»

L'espressione del giovane mutò, insieme al suo modo di atteggiarsi. Junoh si portò una gamba al petto e adagiò il mento sul ginocchio, chiudendosi in se stesso come un riccio. «Ho perso la persona più importante della mia vita, la sola che mi avesse mai amato: mia madre. E la colpa è solo della regina Rong Le.»

Mi-sun ripose entrambe le mani sul grembo, ora vuoto, arido. Soppresse un singhiozzo e continuò con le domande, consapevole che quello fosse il solo modo per fargli capire ciò che sentiva.

Cieli di Sangue - Il Cammino Della RovinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora