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«Muoviti, mio padre non ama attendere

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«Muoviti, mio padre non ama attendere.»

Saran indicò ad Altan di seguirla verso la tenda in cui aveva lasciato che il nobile di Sunju riposasse.

Era notte fonda e le stelle illuminavano il cielo scuro. Una brezza leggera si era sollevata, spostando la lunga coda di capelli. Quella carezza la rese inquieta. Lo era da quando aveva condotto lo sconosciuto alla tribù, per via di uno scambio necessario. Non le erano piaciuti i suoi sorrisi, né il modo in cui le aveva ammiccato durante il viaggio.

Di sicuro non era abituato a vivere di notte, come erano soliti fare gli Shonin. Si svegliavano al tramonto e tornavano a dormire solo al sorgere del sole. Una precauzione contro le tribù che erano solite attaccare la sera.

Altan, il suo migliore amico, il compagno con cui era cresciuta, la affiancò. Teneva i pugni stretti lungo i fianchi. Insieme attraversarono il grande accampamento, illuminato dai numerosi falò e reso vivo dagli schiamazzi dei loro fratelli.

«Lo so che non gli piace, il khan ha un pessimo carattere» borbottò Altan. «A proposito, chi è questa persona che hai portato dal deserto?»

Saran si fermò, prima che un ragazzino le piombasse addosso. Lo scansò malamente e proseguì.

«Uno stupido nobile di Sunju. Devi vedere come è vestito...» lo prese in giro, masticando una risata fra i denti. «Un solo lembo della sua seta potrebbe sfamare metà della tribù per un mese.»

«Uno stupido nobile di Sunju? E tu hai cavalcato con un nobile di Sunju per tutta la mattina?!» Altan sgranò gli affilati occhi scuri, quasi a volerle dimostrare di essere infastidito dalla sua vicinanza con un altro uomo. «Spero non ti abbia fatto niente o io...»

Saran roteò gli occhi. Suo padre le aveva detto spesso che Altan era un uomo valoroso, una valida scelta per un futuro matrimonio, ma lei non voleva saperne. Altan non rappresentava altro che un fratello con cui era cresciuta, nulla di più, per questo le dispiaceva sentirlo così attaccato a lei.

«Pensi che non sappia come difendermi?» lo afferrò per un lembo della pelliccia e lo avvicinò al viso. «Che mi faccia sovrastare da un idiota che vive oltre la muraglia? Ci siamo allenati insieme. Sai che sono in grado di tagliare molte gole.»

Altan si allontanò con un debole strattone, ma le strinse ugualmente un polso.

«No, mi preoccupo solo per te. Forse troppo, ma non posso farci niente.» Ammise lui, mentre una nuova folata di vento gli scuoteva i lunghi capelli neri. «Gli uomini di Sunju sono abituati a prendere tutto ciò che vogliono. Non c'è razza peggiore della loro.»

Saran si liberò dalla sua presa, lo aveva già ascoltato abbastanza. «Non serve tutta questa apprensione, stiamo parlando di un ragazzino viziato.»

Quando arrivarono alla tenda in cui Song stava riposando, la giovane aprì i lembi di scatto. Entrò insieme ad Altan, fermandosi davanti alla pelliccia dove lo straniero si era sdraiato. Aveva il viso ovale adagiato al cuscino, un braccio sotto la testa, le vesti bianche che aderivano al corpo muscoloso.

Cieli di Sangue - Il Cammino Della RovinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora