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Il sole assomigliava a una sfera letale, brillava di dorato nella sua ora più calda, illuminando la sabbia delle dune che Song non riusciva più a distinguere

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Il sole assomigliava a una sfera letale, brillava di dorato nella sua ora più calda, illuminando la sabbia delle dune che Song non riusciva più a distinguere.

Il principe ereditario di Sunju tirò le briglie del cavallo, in modo che si fermasse. La bestia era affaticata e non era la sola, anche Song stava cominciando a perdere il senso dell'orientamento. Le sue provviste stavano per terminare e nemmeno un'oasi si scorgeva all'orizzonte.

Con un'imprecazione sulle labbra, il giovane scese dalla sella e pensò ai comandi che suo padre, il re, gli aveva impartito prima di lasciargli attraversare la muraglia: non poteva tornare a Hyejie senza aver raccolto informazioni sugli Shonin, la tribù con maggior potere rispetto a quelle che popolavano il deserto. Si diceva che custodissero il potere di un'antica tecnica, che avrebbe potuto aiutare il regno di Sunju a emergere sopra tutti gli altri. E lui, in quanto principe ereditario, doveva dare prova di se stesso riuscendo a recuperarla.

Tuttavia, Song considerava quella prova...

«Una follia» mormorò il giovane, sentendo il vento caldo scompigliare i lunghi capelli castani. Nemmeno la casacca bianca e i pantaloni di lino riuscivano a tenerlo al fresco. «Davvero una follia.»

Song fece per salire di nuovo in sella, ma un rumore in lontananza lo costrinse a voltarsi in direzione di un'alta duna. Su di essa, una ragazza su un cavallo ferito lo osservava innervosita. Una ragazzina, a dire il vero, coi lunghi capelli neri pervasi da trecce che si agitavano nel vento e l'abito zuppo di sudore ormai aderito alle membra esili.

Un sorriso di sollievo si formò sulle labbra del principe. Non era più solo in quel labirinto di fuoco.

«Maledetti...» mugugnò la ragazza, con voce aspra. Scese da cavallo e gli accarezzò la criniera, senza più degnare lui di uno sguardo.

Song non si fece intimidire da quell'ostilità. Aveva bisogno di aiuto, dopo tutto. Si schiarì quindi la voce e si sforzò di parlare nella rozza lingua del Khusai, così differente e dura rispetto a quella piacevole di Sunju da fargli temere di commettere errori.

«Il tuo cavallo sembra sul punto di abbandonarti.»

«E da cosa lo hai compreso?» gli domandò la giovane, lanciandogli uno sguardo ardente. Possedeva un paio di occhi grandi, scuri, che ben si accostavano al suo incarnato stranamente pallido.

«Le frecce sul fianco di quella bestia la dicono lunga» Song continuò ad avanzare e lei non si allontanò, lo guardava di sottecchi, come se si aspettasse di venire attaccata da un momento all'altro. Il principe, però, non allungò la mano verso la sciabola. Aveva bisogno di un alleato, non di un nemico. «Come ti chiami?»

La ragazza spostò la lunga chioma dietro la schiena e gli rivolse un altro sguardo diffidente. Nonostante fosse davvero minuta, il suo corpo era avvolto da una lunga tunica color malva sopra cui pendevano cinte di perline e turchesi. Ai polsi e alle caviglie tintinnavano dei bracciali e dai lobi pendevano degli orecchini dorati.

Cieli di Sangue - Il Cammino Della RovinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora