1.25

184 15 268
                                    

Il vento si sollevò leggero, senza ostilità, insieme ai granelli di sabbia

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Il vento si sollevò leggero, senza ostilità, insieme ai granelli di sabbia.

Saran non badò alle ciocche di capelli sciolte che le oscuravano la vista. Sarebbe stato meglio non guardare la conseguenza delle sue azioni scellerate. Sentiva il peso di tante morti sulle spalle, da comprimerle il fiato, ma quella di Altan era giunta in modo inaspettato.

Non poteva fare più niente, ormai. Suo fratello se ne era andato per un errore di giudizio, perché era rimasta ammaliata da un falso mercante che le aveva scavato nel petto solo per trafiggerle il cuore. Faceva più male essere caduta nel tranello, che il tradimento stesso.

Il rito funebre stava per essere ultimato, ormai. Boloorma, preda di fumi droganti e bevande alcoliche, si muoveva di fronte al fuoco che divampava. Passava intorno al corpo di Altan e lo sfiorava con la punta del suo bastone.

Il khan la osservava tenendo i pugni stretti sui braccioli del seggio, irrequieto e sdegnato. Poi si voltò verso di lei.

«Saran» la chiamò, facendole cenno di avvicinarsi.

Quando la sua voce le arrivò insieme a un sibilo del vento, Saran si distaccò dal rito e sedette accanto a lui, su un tappeto dalla miriade di fili intrecciati. Non riuscì a dire nulla, per timore che al posto delle parole sarebbero usciti singhiozzi.

Adai teneva ancora lo sguardo fisso sulla sciamana. I suoi occhi erano inflessibili come il suo spirito. «Il principe ereditario era giunto fin qui per trovare la tecnica dei Cieli di Sangue, non possiamo permettere che torni una seconda volta.»

Saran alzò il mento verso di lui, incredula. Aveva quasi dimenticato che Song aveva assistito a ciò che gli Shonin erano in grado di fare. Tutti i ricordi accumulati le ustionarono la pelle, ancora una volta, insieme a quello sciocco, assiduo desiderio di volerlo rivedere. Per vendicarsi.

«Cosa volete che faccia, aav?» sibilò, con le unghie che si conficcavano nei palmi. «Andrò fino a Sunju per ucciderlo, se necessario.»

Lo avrebbe fatto, solo per avvicinarlo, conficcargli una lancia nel cuore e appendere la sua testa sulla muraglia. «Dobbiamo farlo fuori, prima che sia troppo tardi» le spiegò il khan, mentre Boloorma decretava la fine del rito lanciando una polvere nel falò, capace di far divampare le fiamme. «Song è ancora nel deserto. Tu dovrai raggiungerlo, scoprire tutti i suoi punti deboli e ucciderlo, lasciando solo vergogna sul suo nome. In modo da vendicare Altan e gli Shonin.»

Saran si irrigidì, senza sapere se sarebbe davvero riuscita nel suo tento. Aveva solo rabbia dalla sua, rabbia bruciate che le corrodeva le viscere, ma questo sentimento era accompagnato da uno ancora peggiore: il desiderio. Il ricordo delle mani di lui sul proprio corpo si fece di nuovo prepotente. «Vendicherò la tribù, lo prometto. Farò qualunque cosa in mio potere per riuscirvi.»

«Ciò che lui ha fatto con noi, tu lo farai con lui. Nessuno sputa sul nome degli shonin.»

Saran mandò giù un grumo di saliva amara, sapendo di aver errato. Se avesse ascoltato Altan fin dall'inizio non sarebbe accaduto niente di simile, invece era stata troppo orgogliosa. Troppo convinta di aver condotto alla tribù uno stupido nobile di Sunju, quando invece si era ritrovata nelle mani di una serpe in seno.

Cieli di Sangue - Il Cammino Della RovinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora