Inutile selvaggio.

Nameul posò due dita sulle palpebre, era stanco di starlo a sentire e non vedeva l'ora di cacciarlo. «Sarebbe un grande onore per te morire sul campo di battaglia per difendere il regno di Kaewang, Junoh. In tal modo avresti la possibilità di ristabilire l'onore perduto dei tuoi genitori. È così che dovresti vivere d'ora in avanti.»

Junoh sgranò gli occhi. Il re aveva davvero superato il limite, proprio come quella feccia di sua figlia. Corse sui gradini, ma quando fu più vicino l'eunuco si pose nel mezzo spintonandolo lontano. Junoh quasi scivolò a terra. «Dunque, sperate nella mia morte, pyeah? La mia vita ha senso solo se dovessi perderla? Quale onore mi concedete!»

Nameul si alzò in piedi, spostò l'eunuco ingombrante e si posizionò davanti al principe. Posò una mano sulla sua spalla e la strinse con forza, costringendo Junoh a inginocchiarsi come non aveva fatto fino ad allora. «In questi anni ho provato ad aiutarti, ma tu ti sei sempre ritratto nella tua ostilità. Ora sono stanco. Areum mi ha raccontato cosa è accaduto durante la festa di nozze di Yong, ti punirò nella speranza che tu rinsavisca e capisca quale sia il tuo posto!» Il re lo strattonò e Junoh cadde a terra battendo i gomiti. Nameul lo fissò dall'alto, imponente e imperante, con le labbra strette. «Tuo cugino Dier, che hai sempre maltrattato ingiustamente fino ad oggi, ti punirà con cinquanta frustate.»

Una nuova umiliazione. Junoh, fino ad allora, aveva ottenuto solo inutili mortificazioni.

Scoppiò a ridere, battendo un pugno a terra. «Non ho paura delle frustate, non ho paura di niente!»

L'eunuco richiamò due guardie che comparvero da dietro i pilastri della sala del trono. Lo afferrarono per le braccia e lo strattonarono per rimetterlo insieme.

«Potete punirmi quanto volete, pyeah, non mi piegherò mai! Né a voi né ai vostri comandi!» gridò spintonando i due uomini, ma questi serrarono la presa e lo trascinarono fuori dalla sala.

Dier, che aveva raddrizzato la schiena, aveva il viso rosso e gli tremavano le mani.

Una volta fuori, la prima pioggia iniziò a scendere sul palazzo reale. Junoh fu legato nel piazzale antistante la sala del trono, disteso a pancia in giù su una tavola. Le corde lo serrarono per evitare che si muovesse. Dier si presentò con un'asse di legno con cui lo avrebbe frustato.

«Credi davvero che tutto questo non avrà ripercussioni su di te, cugino?» gridò Junoh, furioso, che non riusciva a muoversi. Teneva la testa sollevata, nel tentativo di fissare lo sguardo di Dier.

L'altro addentò il labbro inferiore, aveva le dita che tremavano. «I-io sto s-solo eseguen-d-do gli o-ordini del r-re.»

«Ma ti piace, vero?» ringhiò Junoh. «Non hai mai avuto il coraggio di contrastarmi, perché te la fai sempre addosso della paura, mentre adesso hai un'ottima scusa per vendicarti! Sei solo un codardo, un vile codardo. Non vali niente!»

La prima frustata al fondoschiena bloccò il respiro di Junoh, che fu costretto a ingoiare un singulto. Dier, alle sue spalle, non lo risparmiò. I colpi furono veloci, dolorosi, carichi di tutta la frustrazione passata, ma non lo misero a tacere. Nemmeno cento draghi avrebbero potuto farlo.

«Ti nascondi dietro  Areum pensando che io sia il vero nemico, ma non è così!» insisté Junoh, urlando a una nuova frustata. «Devi aprire gli occhi!»

La pelle sotto la veste bruciò fino a far male. Non si sarebbe potuto sedere per giorni.

«F-fai s-silenzio!» rispose Dier con un nuovo colpo.

La pioggia, intanto, aveva iniziato a scivolare con più violenza su di loro fino a invadere il piazzale di pietra nera, ornato da statue di draghi in pietra. Alcune guardie osservavano lo spettacolo, ridacchiando di fronte le porte rosse d'accesso.

Cieli di Sangue - Il Cammino Della RovinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora