Doveva provenire da una tribù importante, per potersi permettere un tale lusso.

«Mi chiamo Saran. Del tuo nome non mi interessa.»

E aveva anche la lingua tagliente. Song si impose di mantenere la calma e continuare quella conversazione nella maniera più cordiale possibile. Gli era stato insegnato, fin da bambino, a non commettere errori. «A me interessa di te, invece. Da quale tribù provieni?»

«Sono la figlia del capo degli Shonin» ammise, come se volesse sottolineare il grado di differenza tra di loro. «Quindi stai attento a ciò che fai, potrei mandarti contro intere orde di guerrieri.»

I Cieli dovevano averlo benedetto per avergli permesso di trovare proprio la persona che stava cercando. La tribù degli Shonin, i guerrieri della notte, i supposti custodi della tecnica dei Cieli di Sangue.

«Non voglio farti alcun male» sorrise Song, con fare furbo. «Desidero solo proporti un accordo che renderebbe la vita più facile a entrambi, non vuoi ascoltare?»

La ragazza posò una mano sul fianco, da cui pendeva un corto pugnale ricurvo. «Sono proprio curiosa di sentire cos'hai da dire.»

Song si voltò verso il proprio cavallo e lo tirò dolcemente per le briglie. «Io ti presto il mio cavallo e, in cambio, tu mi porti alla tribù degli Shonin.»

Saran fece per replicare, ma in quel momento il suo destriero cadde al suolo privo di sensi, lasciandola a corto di risposte velenose. Una smorfia si formò sul suo viso, le labbra si piegarono verso il basso e uno sbuffo fuoriuscì dalle labbra secche. «Credo che dovrò adeguarmi. Ma perché vuoi venire alla mia tribù? Pensi che troverai ristoro?»

Song annuì, doveva mentire. Non poteva certo ammettere di essere giunto fin lì per spiarli sotto consiglio del re. Non poteva nemmeno ammettere di trovarsi in una situazione più grande di lui, che non faceva altro che renderlo nervoso da due settimane a quella parte. «Sì, è così. Vago nel deserto da giorni ormai, e temo di non potermene andare senza un aiuto. Se mi accoglierete, non vi sarò di alcun disturbo. Te lo prometto, Saran.»

Quando il principe lasciò scivolare quel nome fuori dalla bocca, un sorriso fiducioso accese il viso della ragazza, la quale sembrò sciogliere quella coltre ghiacciata che si era creata addosso. «Bene, allora prestami il tuo cavallo e io ti scorto alla tribù di mio padre.»

Song si mise davanti al cavallo prima ancora che Saran potesse salire in sella, voleva rivolgerle un'ultima domanda. «Manterrai la parola? Mi aiuterete a rimettermi in sesto?»

Lei annuì, togliendogli le redini di mano, con leggerezza. Aveva le dita colme di calli, tipico di chi amava esercitarsi con le armi. «Gli Shonin mantengono sempre la parola data, fidati di me.»

Il principe trattenne un sospiro di sollievo sul nascere. Era riuscito nel suo intento e, forse, sarebbe stato in grado non solo di sopravvivere, ma anche di trovare qualcosa di più.

«Grazie per la tua gentilezza» le disse Song, inchinandosi. Doveva averla colpita. «Non vuoi ancora sapere il mio nome?»

«Ora voglio saperlo» asserì Saran, salendo in sella. Il principe la raggiunse, sedendosi dietro di lei, e le posò le mani sui fianchi stretti. La giovane sembrò sussultare di fronte quel tocco. «Come ti chiami?»

«Song» le mormorò il principe, in un orecchio.

Voleva ammaliarla, una donna innamorata era più facile da controllare.

«Song... è un nome troppo dolce!» gli rispose lei, senza mostrare alcun cedimento. Saran lasciò galoppare il cavallo, che calpestò la preziosa sabbia del deserto verso una precisa direzione. «Ora tieniti stretto, Uomo Oltre la Muraglia.»

Cieli di Sangue - Il Cammino Della RovinaWhere stories live. Discover now