11. Thunder ☆

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"Un respiro forgiato nell'anima
un soffio impresso sul cuore
una carezza distratta
e il mondo esplode
tra le dita".

P.D

Nicolò mi aveva portato a pranzo in una rosticceria del centro, aveva da poco cominciato a piovere quando prendemmo posto ai tavoli, mentre lui non la smetteva di sorridere.

Mi sentivo a disagio, era da parecchio tempo che non uscivo da sola con un ragazzo, inoltre, il suo continuo tentativo di sedurmi era inutile e inopportuno.

Nicolò non mi era mai interessato da quel punto di vista.
Era un bel ragazzo, ma era molto diverso da me.

Mi sforzai di sorridere, mentre lui continuava a guardarmi; decisi volutamente di ignorare quella strana luce che balenava nei suoi occhi.

Avevo accettato quel pranzo in amicizia, come aveva fatto intendere lui stesso poco prima, anche se sapevo benissimo che a Nicolò non interessava affatto la mia amicizia.

"Allora, Selene... sei sempre così misteriosa" disse, passandomi il menù con le ordinazioni "Mi stavo chiedendo... ti piacerebbe approfondire la nostra conoscenza?" chiese in tono malizioso, a bruciapelo.

Non riuscii a trattenere una risata.

Approfondire la nostra conoscenza?

Io, che a malapena sopportavo me stessa?

Io, che avevo il cuore rotto e l'anima spezzata?

Io, che avevo la mente così malata da trovare attraente il mio fratellastro?

E, cazzo, se era attraente.

Al solo pensiero di quella pelle scura e quella voce graffiante i miei ormoni balzavano sulla luna.

Ero innamorata di Kevin dalle elementari, ma lui non mi aveva mai degnato di uno sguardo.

Decisamente no.

Non volevo approfondire la nostra conoscenza.

Non volevo approfondire la conoscenza di nessuno... a parte una.

"Allora?" insistette Nicolò, riportandomi alla realtà.

"Sei uno che va subito al punto tu, eh!" lo rimbeccai, seccata.

Mi sentii sollevata quando il mio telefono squillò, interrompendo la nostra conversazione.

Era la mamma.

In mattinata le avevo mandato un messaggio per avvisarla che mangiavo fuori ed era strano che mi chiamasse, per quanto ne sapevo, a quell'ora, era sul tragitto verso l'ospedale.

"Un attimo" mi scusai con Nicolò e mi allontanai verso l'uscita.

Una tettoia aperta ai lati e pochi tavoli di plastica, vuoti e fradici per la pioggia, delineavano il panorama che dava direttamente sulla strada.

"Pronto, mamma".

"Ciao, Selene".

Il suo tono di voce era inquieto.

UCCIDIMI DOLCEMENTEWhere stories live. Discover now