1. I miss You ☆

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"Perché nessuna tempesta
può contenere il ricordo
di una singola lacrima".

P.D.

Era un giorno bagnato, uno di quei giorni in cui la pioggia bagna l'asfalto e l'erba, lascia le sue pozzanghere nei pensieri, s'insinua nell'anima e batte lenta e sinuosa tra le pieghe dell'esistenza.

Bagnava tutto, ogni cosa, anche me che avevo dimenticato l'ombrello a casa. Nell'aria c'era quel profumo di tempesta che scalfisce il dolore e lo resuscita dalla cenere in cui l'esistenza aveva tentato tante volte di
seppellirlo.

La mia esistenza.

Ogni tanto riaffiorava quel dolore, lo sentivo pungere nel petto. Un pungolo sottile, che serpeggiava tra le pieghe delle mie ginocchia e risaliva fino allo stomaco, tamburellandomi sulla spina dorsale, macellandomi la testa, mangiando quel poco di lucidità che protestava per restare, per non essere relegata in un angolo buio della mente.

Non era un dolore fisico, era il dolore della mancanza, di quella mancanza che tuona dentro come un temporale estivo e non smette neanche quando dormi, ti pulsa nel cervello e si arrampica proprio lì, nel nucleo di quella elettricità che smuove le corde del cuore.

Dio quanto mi mancava.

Lui mi mancava più dell'aria e del sole, più della luce e del buio che avevo dentro, più della vita stessa.

Arrivai di fretta alla fermata dell'autobus, ero appena uscita da scuola, le lezioni si erano susseguite lente e dilanianti, ma quando era entrata la professoressa di letteratura il mondo si era capovolto e aveva cominciato a brillare.

Adoravo il suo modo di insegnarci i classici, quel suo tentativo di farci entrare nei libri a forza, di sbatterci in faccia i sentimenti e le emozioni che solo un grande romanzo può suscitare.

E io mi ci ero buttata dentro a quei libri, mi ero immersa nel cuore di quell'inchiostro nero che mi bagnava l'anima come un uragano. Mi ci immergevo dentro fino ad affogare, fino a diventare un tutt'uno con quel mondo magico, lontano dalla realtà, lontano dalla mancanza, lontano da lui.

Constatai sollevata che il pullman non era ancora arrivato e il mio cuore fece una capriola quando vidi Carmen, la mia migliore amica.

"Ciao!" mi salutò, stritolandomi in uno dei suoi abbracci pieni d'affetto.

Era questo che adoravo di lei, l'affetto.

Non lo risparmiava, non lo conservava avidamente per sé, lo donava a tutti, con naturalezza, come se fosse la cosa più ovvia e scontata del mondo.

Non era così, io lo sapevo che non era così, l'avevo scoperto troppo presto e con una ferocia da far accapponare la pelle.

Non era così.

L'amore non poteva essere dato a chiunque, gettato al vento come carta straccia, sventolato come un aquilone colorato sul ciglio di una montagna.

L'amore andava tenuto stretto nel petto, cullato e adorato come un bimbo appena nato.

Ma Carmen era diversa da me, lei era cresciuta serena e spensierata e sapeva donarsi senza paure e rimpianti.

UCCIDIMI DOLCEMENTEWhere stories live. Discover now