Capitolo 41

722 99 43
                                    

Due settimane dopo, un taxi si fermò davanti al Tasman Hospital. La struttura era circondata da un ampio giardino conferendole quasi l’aspetto di un hotel di lusso. Chiunque arrivava lì rimaneva qualche istante ad osservare le aiuole sempre in fiore e gli alberi che incorniciavano quell’ammasso di cemento donando serenità a chi avrebbe sostato per brevi o lunghe degenze.

«Salve, sto cercando il dottor Winter del reparto di cardiologia.»

«Terzo piano, corsia B.»

La donna ringraziò e con passo deciso raggiunse il piano e la corsia indicatole in accettazione. I corridoi erano impregnati di disinfettante ma ben tenuti, quasi come fossero stati costruiti da poco.

«Mi scusi, sa indicarmi lo studio del dottor Winter?» chiese di nuovo la donna ad un’infermiera.

«Lei chi è? Ha un appuntamento?»

«No, io non…»

«Mi spiace ma senza appuntamento il dottore non riceve» rispose l’infermiera in tono alquanto acido.

La donna notò che sotto al camice sbottonato indossava un abbigliamento, a suo avviso, poco decente per il ruolo che ricopriva: una gonna corta le lasciava scoperte le gambe più del dovuto, una camicetta dal tessuto semitrasparente, un rossetto di un rosso fuoco leggermente sbavato, un trucco eccessivo e appariscente. Quella figura stonava di gran lunga con la sobrietà delle pareti verde-azzurro dell’ospedale.

«Capisco, però sarebbe importante» tentò ancora la donna non lasciandosi sopraffare dalla scontrosità dell’infermiera.

«Forse non sono stata chiara: le ripeto che il dottor Winter non può ricevere nessuno senza appuntamento. Per cui la invito a fare richiesta giù in accettazione per prenotare una visita.»

«In realtà non ho proprio bisogno di una visita...»

«Beh, allora può aspettare il dottore al di fuori dell’ospedale. Qui non sono ammesse visite private.»

La donna si rese conto che l’infermiera non aveva tutti i torti, la infastidiva soltanto il suo atteggiamento altezzoso e provocatorio. Sperò che non tutto il personale medico femminile girasse per le corsie acchittato a quel modo. Stava per andare via, quando dalla stanza, dalla quale poco prima era uscita l’infermiera, uscì Jeremy. Rimase per qualche istante a bocca aperta, incredulo.

«Grace?!»

Il volto dell’infermiera si adombrò, sembrava infastidita, mentre sul volto di Grace si dipinse un sorriso.

«Cosa ci fai qui?» le chiese lui.

«Non riuscivo ad aspettare un’altra settimana.»

Anche Jeremy sorrise e, attento che nessuno li osservasse, eccetto per la dottoressa Holken che li fissava, raggiunse Grace circondandola con un braccio e posandole un bacio sulle labbra.

«Mi dispiace averti disturbato, ma è l’unico posto dove potevo trovarti» si giustificò Grace.

«Hai fatto bene. Vieni!»

Senza badare alla presenza dell’infermiera, Jeremy si richiuse la porta del suo studio alle spalle.

«Le tue colleghe sono tutte così… carine?» chiese sarcastica Grace.

«Mh???»

«Sì, vestite a quel modo, con un’eleganza sobria da non dare assolutamente nell’occhio, no, no. Con una simpatia travolgente e un atteggiamento da “Barbie ce l’ho solo io”!»

Grace aveva incrociato le braccia e lo fissava seriamente. Jeremy intuì che l’incontro con la Holken non doveva essere stato idilliaco. Sorrise e si avvicinò a Grace che non smise di stare sulle sue.

🌺 La rosa dell'inverno 🌺Where stories live. Discover now