Capitolo 36

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Jeremy aveva aspettato fin troppo. Aveva lasciato passare l'intera mattina sperando di ricevere una telefonata o un messaggio da Grace. Non sapendo come altro rintracciarla, chiamò l'ultima persona che in quel momento avrebbe voluto. Sarah Path. Dopo averle chiesto della sua salute, non le disse di non riuscire a rintracciare la nipote, non voleva allarmarla, ma con la scusa di doverle fare una sorpresa con la complicità di Christopher riuscì a farsi dare il recapito del negozio. Avrebbe voluto anche il numero di cellulare dell'uomo ma Sarah ammise di non averlo più in rubrica da anni a causa dei dissapori tra di loro. Le promise che sarebbe andato presto a trovarla insieme a Grace, dopodiché riagganciò e chiamò subito al numero dell'orologeria. Nessuno rispose e, dopo più di dieci tentativi nel giro di un'ora, Jeremy cominciò davvero a sospettare che fosse successo qualcosa. Forse c'era ancora una persona che poteva aiutarlo. Chiamò Mary per chiederle di recarsi personalmente alla Find Your Time o addirittura a casa di Grace, ma la donna gli comunicò di non essere in città. Disperato, decise di aspettare ancora una notte, poi avrebbe preso il primo volo per Brisbane l'indomani. In quello stato non sarebbe riuscito nemmeno a lavorare.

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Christopher aveva chiamato gli altri due suoi fornitori nel caso in cui qualcuno conoscesse Thompson e sapesse dove abitava, ma purtroppo oltre a conoscerlo di nome non sapevano null'altro. Aveva costretto Steve a chiedere in giro se qualcuno lo conoscesse e soprattutto, visto chi frequentava, di chiedere in quell'ambiente sporco e corrotto.

Nel tardo pomeriggio, quando finalmente le prime pattuglie si erano messe in movimento nei dintorni di Brisbane, alcuni agenti avevano suonato alla sua porta consegnandogli il cellulare di Grace ritrovato a terra nel viale dove probabilmente l'avevano rapita. Accendendolo, avevano capito che apparteneva alla ragazza grazie ad alcune foto visualizzate nella galleria e che riportavano alla foto che Christopher aveva consegnato loro quella mattina.
Poco dopo che gli agenti furono andati via, il telefono di Grace squillò e Christopher lesse il nome di Jeremy. Non aveva potuto avvisarlo non avendo il suo numero.

«Grace...» Jeremy non diede tempo a Christopher di dire una parola. Aveva ricevuto la notifica di numero raggiungibile e non aveva perso tempo a richiamare.

«Sono Christopher» rispose l'uomo con un filo di voce, mentre Jeremy ebbe la certezza che davvero qualcosa fosse accaduto.

«Dov'è Grace? Cosa è successo?» chiese allarmato mentre infilava in uno zaino alcuni vestiti che gli sarebbero serviti per quel viaggio urgente.

«L'hanno... l'hanno rapita» mormorò l'uomo scoppiando a piangere e lasciando cadere il telefono a terra.

Jeremy provò a chiamarlo quasi urlando ma capì che sarebbe stato inutile. Riattaccò e con la disperazione nel cuore si precipitò in aeroporto. Purtroppo non vi erano più voli per quel giorno e dovette prenotare il biglietto per il primo volo disponibile che sarebbe partito alle sette del mattino seguente. Si recò per scrupolo anche alla stazione ma non vi erano treni che avrebbero raggiunto Brisbane prima del pomeriggio successivo. E guidare nello stato in cui era, per tutta la notte, gli era impossibile, per di più che avrebbe dovuto noleggiare un'auto avendo lasciato la sua a Brisbane. L'alloggio in cui viveva era a pochi passi dall'ospedale e per quei pochi spostamenti per la città usufruiva dei mezzi pubblici.

Ritornò al suo appartamento e, dopo aver avvisato l'ospedale che a causa di un grave problema familiare doveva urgentemente ripartire, chiamò nuovamente Christopher sul telefono di Grace, ma di nuovo risultò irraggiungibile.

Trascorse la notte tormentandosi, sperando e pregando che non succedesse niente alla sua Grace. Si lasciò andare a calde lacrime. La paura di perdere anche lei lo attanagliò fino a fargli quasi mancare l'aria a causa dei singhiozzi. Sapeva che piangere non serviva a niente ma si sentiva talmente impotente, così lontano da lei, che non si accorse nemmeno di addormentarsi.
Restò comunque in un dormiveglia che lo portò a fare incubi e strani sogni che al suo risveglio nemmeno ricordava, eccetto il volto sereno e sorridente di Melanie che cullava tra le braccia un bambino. Aprì gli occhi sentendosi stordito. Mancavano due ore e mezza al volo. Fuori il vento imperversava come fosse pieno inverno. Sperò che non ci fosse alcun imprevisto. Si precipitò in aeroporto e attese l'imbarco.

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Isabel aveva trascorso un'altra notte al capezzale di Grace febbricitante. Il giorno prima era riuscita a stento a farle ingoiare qualche cucchiaio di brodo e a farla alzare un paio di volte per accompagnarla nel piccolo bagno ricreato in un incavo della stanza. Più di una volta era stata tentata di chiamare l'ambulanza ma le ripercussioni che avrebbe subìto le facevano troppa paura. Jack si era affacciato due volte nella piccola stanza chiedendo delle condizioni della giovane. Isabel aveva sperato e pregato che si riprendesse ma la mattina successiva la febbre continuò ad essere molto alta. Grace delirava cose incomprensibili. Isabel aveva implorato suo marito di portarla in ospedale ma lui alzando la voce aveva ancora una volta detto di no.

«Se muore ce l'avremo sulla coscienza» aveva urlato a sua volta Isabel.

«Ti ho detto di no. Ce l'avrai lo stesso sulla coscienza. Se la portiamo in ospedale la troveranno e chissà cosa le succederà.»

Isabel era davvero in difficoltà. In entrambi i casi quella ragazza avrebbe avuto delle gravi conseguenze. Eppure, non riusciva a prendere la decisione giusta.

«Resteremo noi con lei, spieghiamo la situazione e vedrai che i medici capiranno» tentò ancora una volta.

«Ho detto no» urlò stravolto Jack che nella sua furia le percosse il viso con uno schiaffo.

Isabel lo guardò allibita e con le lacrime agli occhi, prima di avvertire la porta richiudersi con un tonfo.
Ecco, ancora una volta non aveva ottenuto altro che violenza da parte di quell'uomo che da molti mesi a quella parte era completamente cambiato!

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Erano quasi le otto di mattina, doveva far qualcosa per quella ragazza. Davanti a quella sofferenza non riuscì ad essere egoista, a costo di rimetterci la propria vita doveva aiutarla in qualche modo, cercando di tenere al sicuro anche lei dalle grinfie di chi le voleva male.

Corse in casa per recuperare il suo cellulare. Teneva ancora registrato il numero del medico che l'aveva curata molto tempo prima. Meglio di niente. Si presentò e lui si ricordò di lei. Gli disse che un'amica stava molto male e che non voleva andare in ospedale per non rischiare di essere trovata dal suo compagno che l'avrebbe picchiata. Quella bugia le servì come scusa ma sembrò convincere il dottore senza che lui chiedesse altro. Probabilmente era impegnato e non aveva tempo da perdere con lei, ma Isabel gli spiegò nei dettagli le condizioni della giovane. Il medico le disse di provare con un antibiotico ma che se non avesse fatto effetto avrebbe dovuto portarla in ospedale contro la sua volontà.

Per fortuna in casa vi erano alcuni farmaci e Isabel trovò ciò che il dottore le aveva indicato. Somministrò l'antibiotico a Grace facendolo sciogliere in due cucchiai di brodo caldo, l'unico modo per poterglielo far ingerire. Non fu facile ma alla fine ci riuscì e durante la mattinata la febbre calò.

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🌺 La rosa dell'inverno 🌺Where stories live. Discover now