Capitolo 26: Judie, topi e sogni di troppo.

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Mentre Percy metteva al tappeto alcuni centauri schiacciandoli sotto al peso dei rami, Harry cercava ancora di coprirlo dalle frecce.
Era stato colpito due volte, ma non sentiva dolore grazie all'adrenalina ormai in circolo nel suo corpo. Parecchie volte inoltre aveva dovuto abbassarsi per schivare le poderose calciate degli avversari; il mago ormai sentiva di aver capito come muoversi in mezzo alla baraonda.
C'era solo un problema: la stanchezza. Perché dopo aver attraversato tutta la foresta, dal limitare fin quasi alla capanna di Hagrid per poi esser tornato in dietro, entrambe le volte correndo, ora che si ritrovava a combattere contro una cinquantina di centauri furiosi, non era di certo al massimo delle energie.
Stava schiantando un centauro quando qualcosa di bagnato gli sfiorò la mano facendolo rabbrividire. Pioggia? Il ragazzo alzò lo sguardo incredulo individuando subito l'amico che, dall'alto dei rami, lasciava che la pioggia scrosciante gli scivolasse addosso senza alcun fastidio. Come lui anche i centauri si erano voltati incerti su chi colpire per primo, Harry pensò bene di approfittare di quell'attimo di distrazione per sfuggire silenziosamente dal numeroso gruppo che lo aveva circondato. Mentre passava di fianco a un giovane centauro dal manto color caffè venne però scoperto quasi sicuramente, il ragazzo si disse, a causa dell'odore di sudore e sangue che non dovevano passare in osservati al fine olfatto di un centauro. Fortunatamente fu in quel momento che Percy decise di stravolgere il campo di battaglia usufruendo dei suoi poteri divini con cui evocando un geyser incandescente che spazzò via ignari nemici. Il mago colse l'occasione al volo e si adoperò come meglio poté: non lasciandosi travolgere né dai getti né dai poderosi zoccoli delle creature.
Quando la nube di vapore del primo getto si affievolì Harry fu in grado di individuare Percy a qualche metro di distanza da lui. Il semidio aveva evidentemente deciso di abbandonare la sua posizione per combattere a viso aperto i nemici, aveva velocizzato il ritmo, sembrava anche meno sofferente e più agguerrito.
L'occhialuto cercò di raggiungerlo per dargli manforte, ma venne bloccato da alcuni centauri armati, a quanto pare non tutti si erano fatti prendere dal panico.
Era già riuscito a paralizzarne due quando sentì un dolore fortissimo sul retro del capo come se qualcuno lo avesse colpito con una mazza da Quiddich rivestita in metallo.
I rumori intorno a lui si fecero ovattati mentre cadeva in avanti, la vista sempre più offuscata.
L'ultima cosa che sentì fu qualcuno che lo chiamava.

"Harry! Harry!"
"Si Judie?" Il ragazzo dagli occhi verdi si girò verso una ragazzina di due spanne più bassa di lui che non poteva avere più di tredici anni.
"L'incantesimo non funziona!" Si lamentò la bambina agitando la bacchetta come a dimostrare che non stesse accadendo nulla.
"Per imparare un incantesimo ci vuole tempo Judie, inoltre questo è particolarmente complesso... non sono in molti i maghi o le streghe che ci riescono." Provò a consolarla il ragazzo. "Persino ad Hogwarts non tutti gli studenti riescono a evocarne uno di forma completa. Non viene neppure insegnato in effetti..."
La ragazzina sospirò sconsolata.
"Ma non è detto che tu non possa riuscirci, il ricordo che hai scelto è abbastanza felice? Piu intense erano le emozioni che provavi all'epoca maggiori saranno le probabilità di successo." Le consigliò il mago con un sorriso di incoraggiamento.
Gli occhi della bambina si illuminarono ed Harry riuscì quasi a vedere il suo cervello mentre scavava alla ricerca di un evento importante per l'incantesimo prima di correre al suo posto per tornare ad esercitarsi.

Il vento gli sferzò il volto e Harry ne assaporò l'aroma salato. Chiuse gli occhi e provò a concentrarsi sui rumori dell'oceano, sui versi degli animali e sulle chiome degli alberi che si muovevano nell'aria. Dopo due ore di insegnamento aveva deciso di prendersi una pausa ed aveva optato per un luogo silenzioso che ormai conosceva bene: la spiaggia su chi erano atterrati giorni addietro; aveva individuato alcuni scogli e dopo aver tirato dei sassi in mare si era finalmente seduto.
Fu su quella roccia che lo sentì per la prima volta. Era un rumore rauco, pesante, non centrava nulla con ciò che aveva sentito fino ad allora.
A poco a poco gli spasmi divennero sospiri, poi brevi sussurri, infine parole.
"Chi..."
Harry saltò in piedi guardandosi intorno allarmato. Non c'era nessuno in vista e anche quando si senti sfiorare il collo dovette ammettere che si trattava solo della brezza marina.
"..tu..."
Il suono scomparve nel momento esatto in cui il ragazzo cominciò a parlare. "Che cosa...?! C'è qualcuno?" Non ci nessuna risposta, il vento continuava a fischiargli tra i capelli e alla fine Harry si rilassò convincendosi che si dovesse trattare unicamente di stanchezza o ancora meglio di un gioco d'aria.
(Certo non prima di aver lanciato un incantesimo di rivelamento ad alto raggio)
Nonostante questo decise di allontanarsi un poco da quel luogo.
Fu un caso se si ritrovò davanti alla casa Hypno alcuni minuti più tardi, questo Harry è pronto a giurarlo.

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