L'arrivo a Londra.

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Londra, 1870, epoca vittoriana.

Il cocchiere tirò le redini e la carrozza trainata da un baio pezzato si fermò davanti alla villetta bianca, nel distretto Londinese di Pall Mall.

Un piccolo giardino ben tenuto la rendeva piacevole e accogliente.

Il primo a scendere fu un giovane alto e magro, dai modi eleganti, che indossava un cappotto lungo e un cappello Bowler Hat nero. Aspettò un ragazzetto magro con i capelli corvini che lo raggiunse camminando con passo veloce.

L'adolescente gli prese la mano e si strinse al suo fianco. Rimasero a osservare l'abitazione pensierosi. L'avevano ereditata dallo zio paterno, Erymond Holmes, alla sua morte.

"Voglio tornare a casa, non mi piace questo posto Mycroft." mormorò il fanciullo aggrappandosi più forte al giovane.

Indossava dei calzoni lunghi a quadri che si erano fatti troppo corti per la sua età.

Il più grande sorrise, lo ricambiò intrecciando le lunghe dita alle sue.

"Sherlock ti ci abituerai presto, Londra è grande, avrai molte possibilità e troverai la tua strada."

Il ragazzo mosse i piedi infreddoliti sul terreno reso fangoso dal passare dei carri.

"Preferivo la campagna. Perché non sono potuto rimanere a casa?"

"La mamma è ammalata e papà non aveva tempo per una peste indomabile come sei tu."

Il ragazzetto fece una smorfia, arricciando il naso.

"Ma, Mycie, tu devi finire il college e io con chi starò?" chiese preoccupato.

Il fratello maggiore lo osservò bonariamente. Lo chiamava con quel buffo diminutivo quando era confuso, mentre per lui era il piccolo Sherly con tutte le fragilità date dalla giovane età.

"Ti iscriverò al mio stesso corso, e poi abbiamo due domestici che badano a noi. La casa dello zio è grande," lo confortò per non fargli sentire il distacco di quel cambiamento repentino.

Il ragazzino gli tirò la mano e alzò gli occhi.

"Mycie, non me lo ricordo, aveva dei figli? Tu lo conoscevi?"

"Non molto, ma non aveva eredi e quindi eccoci qui. Ci siamo venuti tempo fa ma tu eri piccolo." il fanciullo sbuffò.

"Non darti un sacco d'importanza, sei solo un pò più grande di me."

"E tu un saputello che non sta mai zitto." gli rispose ironico il maggiore.

"Mycroft..."

"Che c'è adesso?" Si girò per osservarlo meglio, quel cambiamento nella sua voce acerba lo preoccupò.

"E se lui... lo venisse a sapere?" mormorò Sherlock rabbuiandosi in volto.

"Non avere paura, Atticus non ci farà più del male," la sua mano strinse forte quella del fratellino per cercare di rassicurarlo.

"Papà l'ha mandato in marina, non tornerà mai più."

"Era solo cattivo...non è mai stato nostro fratello." sussurrò il minore stringendo le spalle.

"Per parte di padre lo è, Sherlock, ma ora non pensiamoci più. Dimenticalo! Adesso ci aspetta una nuova vita." 

Il fanciullo annuì, abbassò la testa, si guardò le scarpe infangate.

"Per quanto tempo dovremo rimanere qui Mycie?" chiese titubante. 

Mycroft prese qualche secondo prima di rispondere.

"Il tempo necessario che la mamma stia meglio. Non ti preoccupare andrà tutto bene."

Sapeva che era molto legato alla madre e che Sherlock soffriva la sua lontananza.

"Non guarirà mai, non mentirmi." Si fece serio, gli occhi chiari e vivaci gli si offuscarono.

"E se non funzionasse? Se ci separassero?" Lui scosse la testa.

"Non succederà, sta tranquillo mi troverò un lavoro alla segreteria di Stato, lo zio mi ha lasciato delle raccomandazioni presso il rettore del college. Ce la faremo."

"Userai il dono delle deduzioni? Lo sai che sta uccidendo la mamma." brontolò il ragazzetto mentre frugava nei calzoni in cerca di una caramella.

"Nostra madre Aveline ci ha insegnato a gestirlo e lo sai fare anche tu." Gli allungò un buffetto gentile sulla testa, sorrise mentre suo fratello ispezionava contrariato le sue tasche vuote.

Mycroft prese una scatolina rossa dalla giacca con la sua riserva di pasticche di zucchero e gliela porse, Sherlock l'afferrò riconoscente, l'aprì e se ne mise in bocca una.

"Vorrei che lei fosse qui." si lamentò appoggiando la testa al suo fianco.

"Anch'io, ragazzino petulante, ma la vita non è sempre perfetta." Gli restituì la scatola colorata, ma si fermò indeciso.

"Mycie, mi aiuterai? A volte non sono così sicuro di me stesso."

Il giovane uomo si fermò a guardarlo: la fronte corrucciata, le labbra sottili, gli occhi così vispi e intelligenti. La tensione per l'inizio di quella vita incerta si sciolse, con la mano libera gli scompigliò i capelli neri.

"Certo, ci sarò sempre e comunque, te lo prometto. Ora tieni le caramelle ma risparmiale fino a quando non inizierò a lavorare." 

Sorrise contento per quel regalo, infilò la scatola nella tasca dei calzoni come fosse un tesoro prezioso. 

Mycroft ridacchiò, sapeva che presto l'avrebbe usata per raccogliere qualche insetto che lo incuriosiva.

"Sherly, cerca di non spaventare i nuovi domestici con i tuoi esperimenti!" brontolò lui bonariamente. 

Il ragazzo scosse la testa sorridendo con aria maliziosa.

"Non essere irritante Mycie, lo sai che mi piace capire come funzionano le cose."

"Certo ma vedi di limitarti, non siamo in campagna." Cercò di mantenere un tono serio.

"Uffa!" esclamò il minore con un finto broncio.

Mycroft lo zittì, gli prese il braccio e lo strattonò dolcemente.

"Vedrai che ti divertirai anche a Londra, sarò con te come sempre."

Gli diede una botta affettuosa sulla spalla e ridendo si avviarono insieme verso la porta della nuova casa. 

Le strade di Londra_ La scomparsa di SherlockWhere stories live. Discover now