33. 𝐄𝐩𝐢𝐥𝐨𝐠𝐨:𝐅𝐢𝐮𝐦𝐞

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Quelle parole lo fecero sprofondare, lentamente. Sentì la strada sotto di lui diventare finissima sabbia, in cui i suoi piedi sparivano piano piano. Avrebbe voluto non sapere a cosa Taehyung si riferisse, che non conoscesse la verità dietro quella frase.

Non riuscì a dire nulla. Guardò Taehyung avvicinarsi a lui e spiegargli cosa stesse succedendo.

«Non ho mai capito bene cosa mi legasse alla terra. Dovevo accettare la sua morte per ascendere ma quello era solo una piccola parte. Il mio più grande rimpianto è di non averla salvata, ma pian piano ho capito che non era colpa mia: non ero io l'uomo violento, quello che costringe la propria moglie a vivere lontana dalla famiglia e che le rende la vita un inferno.» sentire la sua voce fu come una pugnalata e una tenera carezza allo stesso tempo. La mente di Jungkook viaggiava lontana ai momenti da solo, alle notti in cui non avrebbe sentito la voce dell'altro sussurrargli buonanotte.

«Il mondo ha una specie di debito con me, dovevo essere salvato e tu l'hai fatto. Non solo mi hai salvato dallo stato in cui vertevo ma mi hai salvato da me stesso. Il più grande nemico sono sempre stato io: mi condannavo da solo a una vita grigia e triste, a essere il colpevole e a vedere la non-vita come una punizione. Generalmente è così ma tu mi hai fatto capire che potevo vedere delle opportunità. Non voglio generalizzarti come una persona ottimista perché per me sei qualcosa di enorme.» Taehyung iniziò a piangere prima del dovuto.

Ricordava le labbra dell'altro sulla sua fronte e poi un freddo piacevole. Rimanere corporeo sembrava come camminare nel deserto e quindi quello fu come un tuffo in mare. L'acqua gli diede giusto il tempo di spalancare gli occhi sentire il bip di una delle tante macchine che erano legate al suo corpo per poi sentirsi spinto verso Jungkook. Nel momento in cui l'aveva attraversato aveva completato la sovraimpressione.

«T-Tae...i-io non ce la faccio a lasciarti.» sussurrò in preda a forti spasmi dovuti al suo pianto.

«N-non ora, n-non così. I-io vedo ancora il tuo c-corpo accasciato a terra privo di sensi. L-la mia paura più grande è p-perderti.»

Jungkook non si poteva definire una persona coraggiosa e spavalda ma nemmeno un fifone. Però le paure che costellavano la sua mente molte volte sembravano troppo reali da fargli perdere di vista la differenza dalla realtà.
Nonostante sapesse che quelle paure erano lì, si sentiva impaurito nel momento in cui quelle venivano a bussare alla sua porta.

«N-non riesco a-a pensare q-qualcosa p-per congratularmi perché troverai la tua pace, lo v-vorrei tanto credimi.»

Allora ricordò quando gli aveva detto che lui l'avrebbe lasciato andare se avesse trovato qualcuno che lo faceva felice, quel qualcuno era l'ascensione. Lui di certo non poteva sapere tutte le notti che Taehyung aveva passato a piangere non potendo nemmeno uscire per paura di vedersi puntare in faccia una croce, ma aveva sperato che lui cancellasse quel dolore.

Se Taehyung avesse avuto qualcun altro a farlo felice lui aveva ancora la speranza di vederlo qualche volta ma quello significava non vederlo più. Una parte di lui se ne andava nel senso stretto delle parole.

Junkook era Taehyung. Taehyung era Jungkook.

«Kook, io non me ne vado per sempre, io sono ancora qui. Noi fantasmi ascendiamo alle tre del mattino, allo stesso orario in cui tu mi hai incontrato. So che ti sto chiedendo tanto, ma passa la notte con me.» avrebbe voluto aggiungere che quella richiesta era egoista. Per Jungkook avrebbe fatto meno male non avere quei ricordi felici, dimenticarlo in quel momento e sarebbe stato più facile accettarlo.

Egli non poteva bloccare il processo in quanto l'ascensione era la redenzione e la non-vita la condanna. Non c'erano stati molti fantasmi che avrebbero desiderato non ascendere. Taehyung non era tra quelli, desiderava ascendere, ma avrebbe voluto che ci fosse una sorta di limbo.

𑁍Three o'clock𑁍 TaekookWhere stories live. Discover now