10. 𝐏𝐫𝐨𝐟𝐞𝐳𝐢𝐚

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Se la paura fosse diventata della tempera per la faccia, allora Jungkook avrebbe avuto tutta la faccia dipinta in quel momento. Gli occhi scuri erano spalancati, la pelle era tesa e ogni suo muscolo era teso. La paura lo aveva colpito in pieno, come un poderoso schiaffo in faccia.

Con movimenti impacciati raggiunse Taehyung sedendosi vicino a lui.

«Taehyung! Rispondi ti prego!» urlò. Non poteva toccarlo: scuotere le sue spalle, prendere il suo viso tra le mani e accarezzarlo.

Continuò a chiamarlo, provò a passare della neve sul suo viso in modo che diventasse immateriale. Mise un dito sotto il suo naso per controllare se respirasse e poi si diede delle stupido. Come poteva qualcuno già morto respirare?

Chiamò aiuto, gridò con tutta l'aria nei suoi polmoni, creando delle nuvolette per il suo fiato caldo. Pensava che ci avesse lasciato le tonsille a forza di urlare.

In quel parco freddo e, ormai, vuoto parco era solo, di nuovo.
Si ricordò quando da piccolo scappò in un parco simile a questo dove si trovava ora. Anche quello aveva le fronde degli alberi bassi innevate, il terreno bianco, i colori dei giochi dei bambini che si mischiavano con il bianco e i lampioni delle strade accese.

Ricordò che aveva delle ferite e pian piano che il sangue gocciolava a terra la neve si colorava di rosa. Un gruppo di gatti randagi lo aveva attaccato e non aveva la minima voglia di essere sgridato una volta tornato a casa, quindi si era rifugiato in quel parco proprio dietro la casa della signora Choi. Le ferite erano sottili ma abbastanza profonde da sanguinare. Bruciavano come se ci fosse stato buttato dell'alcool e poi avessero preso fuoco.

Non poteva chiedere aiuto a nessuno, era solo, nel bel mezzo di un bianco silenzio era solo. In quel posto adatto alle fiabe invernali era solo come la piccola fiammiferaia.

E così anche in quel momento. Non poteva trasportare il corpo di Taehyung o dargli delle medicine, lui era incorporeo. Non solo cercava aiuto per lui ma anche per se stesso; sperava che qualcuno lo aiutasse su cosa fare.

«T-ti prego rispondi, svegliati...» disse singhiozzando per poi piangere. Pian piano le guance si scaldarono per le lacrime e poi proprio dove c'era la scia lucida si raffreddavano.

Ebbe paura di perderlo, di non poterlo più vedere.

Normalmente qualcuno avrebbe voluto stringersi all'altro, sentire un'ultima volta il suo profumo, sussurrare un'altra preghiera per poi lasciarlo andare. Lui non poteva fare nemmeno quello, si doveva limitare a urlare il nome del fantasma e a guardarlo immobile nella neve. Capì che non lo aveva mai abbracciato, non conoscesse che il suo odore e non gli aveva mai pizzicato le guance.
Fece un passo indietro e vide come la loro amicizia non era nulla di convenzionale: non erano amici da quando avevano il pannolino, non si erano conosciuti durante la scuola o chissà con quale altro incontro fortunato.

Si diede la colpa. Doveva andarci più piano con quelle palle di nevi. Come gli era venuto in mente?! Era uno stupido!

Ma lui non poteva conoscere le ragioni del momentaneo stato di Taehyung.
Lo credeva fragile in quanto egli avesse già sperimentato la morte ma, al contrario, il fantasma era forte. A livello fisico non era chissà che portento ma il suo carattere era forte, temprato e determinato come quello di un soldato.

«Cosa devo fare? Non andartene proprio adesso...»

Continuò a piangere, a chiamarlo senza ricevere risposta.

Quando sentì le corde vocali chiedere pietà si rialzò per vedere se nelle vicinanze ci fosse una farmacia per comprare qualche odore per farlo riprendere ma tutti i negozi avevano ormai chiuso da un bel po'.

𑁍Three o'clock𑁍 TaekookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora