25. 𝐆𝐮𝐚𝐫𝐝𝐢𝐚𝐧𝐨

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All'espressione sorpresa e quasi impaurita di Taehyung Jungkook si mise sull'attenti. Era già capitato che l'altro si comportasse in quel modo ma ogni volta gli sembrava la prima.

Le parole vorticavano intorno al maggiore senza che lui riuscisse a coglierne mezza, era bloccato in quella paralisi e non poteva farci nulla. I libri ancora poggiati sulle ginocchia, lo sguardo perso, le mani tremanti e i piccoli movimenti della testa non facevano che far preoccupare il minore che era da un paio di minuti che lo continuava a chiamare.

Non c'era chiamata o carezza che ridestava Taehyung da quello stato. Ora che aveva trovato un precario equilibrio tutto sembrava ribaltarlo e buttarlo giù. Ora che finalmente era felice e che era pronto per pronunciare quelle due grandi parole il passato tornava. Perché il pensiero di dichiararsi e dire a voce alta quanto amasse l'altro era da un po' che iniziava a girargli in testa che ora era bloccata.

Si era veramente sentito più leggero in questi giorni, svuotato dalle angosce che aveva sempre avuto con sé ed ora queste erano riemerse pronte a trascinarlo giù di nuovo.

In passato più volte aveva lasciato che queste lo portassero giù senza far nulla, aiutato anche dal non avere nessuno che lo aspettasse. L'unico che veramente credeva ancora su questa terra era Timothy, ma anche lui era troppo lontano da raggiungere.

Questa volta invece non voleva tornare con la testa sott'acqua, soffocato da tutto, non ora che aveva capito cosa fosse respirare.

Jungkook era lì nella direzione opposta a quella in cui si sentiva trascinato e stavolta invece di fingere di star bene, di dire che non era pronto o evitare il discorso lasciava che gli corresse incontro e vedesse cosa c'era dietro di lui. Ogni volta aveva sedato il passato da solo, senza che l'altro ne facesse parte, che venisse a contatto con tutto quello ma era al limite.

«Abbracciami, ti prego.» gli chiese in un leggero sussurro.

Jungkook, vedendo quanto Taehyung fosse fragile in quel momento non si fiondò ad abbracciarlo. Con un movimento del bacino e facendo leva sui talloni si avvicinò all'altro, gli prese le mani e le poggiò con delicatezza sulle sue spalle, circondò la vita dell'altro con le sue braccia – toccando con le mani la parte bassa della schiena – per poi sussurrare: «Sono qui, Taehyung, non sei da solo.»

Si sentiva sulla punta del precipizio dove un battito di ciglia lo avrebbe fatto cadere. Se alla fine sarebbe comunque caduto allora era meglio arrendersi, non avere quella convinzione di farcela da solo.

E solo quando sarebbe finalmente caduto avrebbe rincontrato il Taehyung vivo che si era arreso nel momento in cui il respiro si era mozzato. Avrebbe visto, però, che quello era ormai uno scheletro dove il cuore non aveva mai smesso di fare ciò a cui viene spesso legato: amare.

Capito che aveva rinunciato per tanto a ciò che in vita non avrebbe lasciato per nulla al mondo, gli avrebbe sorriso tristemente pronto a scalare tutti i metri di caduta, inaugurando una nuova battaglia all'insegna dell'amore. Quelle battaglie tanto amare avevano in comune il suo passato ed il suono nullo di grandi silenzi dolorosi; quelli d'amore non gli pesavano il sapore della sofferenza e del dolore perché una volta vinto la felicità avrebbe spazzato via tutto.

Prese un lungo respiro, come quando non sapeva cosa fare, e poi la prima lacrima cadde. Le dita strinsero in modo goffo la maglia dell'altro, il viso sprofondò nel suo petto, le lacrime gli bagnarono il pantalone del pigiama ed i piccoli singhiozzi si infransero sulla pelle nuda.

Ora – che era anche corporeo – era difficile gestire il tutto. Non poteva ritrovarsi con una lunga ferita che gli sfregiava il petto, non adesso. Ma quei pensieri non facevano che farlo star male e lo facevano soffrire.

𑁍Three o'clock𑁍 TaekookWhere stories live. Discover now