05. 𝐂'𝐞̀ 𝐝𝐢 𝐩𝐞𝐠𝐠𝐢𝐨

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«Vuoi essere mio amico?»

Quelle parole erano ancora ferme, impresse nella mente di Jungkook e volevano una risposta.

Nonostante il corvino fosse stato il primo a considerarlo suo amico, Taehyung voleva una conferma e voleva andare cauto con l'altro. Gli sarebbe piaciuto considerarlo suo amico ma aveva imparato a conoscere l'altro. Gli era sempre interessata la psicologia umana e i movimenti involontari del corpo. Jungkook glielo aveva chiesto con le migliori intensioni ma era visibilmente in tensione.

Era la prima esperienza per lo studente dove si stava relazionando con qualcuno che non fossero i suoi genitori o degli adulti. Infatti, quando si trattava di dialogare con qualcuno che avesse abbondantemente superato i trent'anni, non trovava problemi. Con i suoi coetanei non aveva ancora capito le dinamiche per dialogare, non gli veniva fluido come scriveva.

«C-certo! Sono sincero... So che b-balbettando non ti convinca chissà quanto m-ma...» non finì la frase perché spezzata dalla risata profonda dell'altro.

«P-perché ridi?» chiese, sorridendo appena.

«Perché sei tremendamente adorabile, Kook.» nuovamente il corvino arrossì e distolse lo sguardo «È una nota positiva. Ovviamente so che sei sincero, potresti sembrare poco determinato perché balbetti, ma nemmeno così tanto, ma i tuoi occhi e il tuo animo non mentono. È sicuramente più sincera una tua frase dove balbetti metà delle parole che le promesse dei politici.»

«Questo dovrebbe rassicurarmi?!»

«Dovrebbe.» Taehyung sorrise, cercando di rassicurarlo.

«Ti confesso che all'inizio il fatto che ci fosse un fantasma che vivesse con me non mi andava proprio a genio; da quanto hai potuto ben vedere, sono riservato, mi piace stare per i fatti miei, fatico ad aprirmi e socializzare con gli altri. Poi calandomi nei tuoi panni ho pensato che in realtà quello estraneo fossi io; ero io a camminare nella tua casa. Anche se non fossimo diventati amici non ti avrei ugualmente cacciato, mi fa piacere che siamo amici.» il sonno sembrava essere passato in secondo piano appena aveva iniziato a conversare con l'altro.

«I primi anni della mia non-vita non mi andava ancora giù l'idea che qualcuno dovesse abitare con me, questa era la mia casa, ci sono cresciuto. Quindi iniziavo a fare dispetti: mi lamentavo di notte, facevo cadere oggetti come piccoli vasi o soprammobili, li spostavo, queste sciocchezze insomma.
Poi mi sono scocciato, ho provato ad assumere un comportamento più amichevole. Da circa due anni nessuno voleva essere cordiale con me. Ho passato un anno con la preoccupazione di non farmi trovare in casa, poi il vuoto, questa casa vuota. Avevo deciso di ritirarmi per sempre, cercare il modo per ascendere. Tu eri il mio ultimo tentativo.»

Jungkook non si era reso mai conto di quanto fosse espressiva la voce di qualcuno e, in particolare, quella di Taehyung. Aveva colto la malinconia di vedere altri sedersi dove un tempo lo faceva lui e un po' si sentì in colpa a stare lì, a dormire in quello che, probabilmente, era stato il suo letto.
La paura simile a quella degli adolescenti di fronte ai primi segreti nascosti ai genitori. Era così rassegnato da voler ascendere. Che fosse una cosa così brutta?

«Prima che uscissi hai detto che mio nonno è in un posto dove tu adesso non sei e che ha trovato la pace e il riposo eterno. È questa l'ascensione?» forse non aveva il diritto di chiedergli queste cose ma era curioso.

«Esatto. Nel momento in cui ti liberi di tutti i tuoi conti in sospeso ascendi e non sei costretto a vagare come me.»

«Perché sembra, anzi è quasi certo, che per te l'ascensione rappresenti l'ultima isola, un'ultima possibilità che non vuoi intraprendere o che addirittura eviti. C'è di peggio? Quanti sono i tuoi anni di non-vita?» chiese con tono gentile, dovevano essere cose di cui non gli era facile parlare, non riusciva nemmeno a  guardarlo in faccia.

𑁍Three o'clock𑁍 TaekookWhere stories live. Discover now