08. 𝐕𝐨𝐠𝐥𝐢𝐨 𝐜𝐨𝐧𝐨𝐬𝐜𝐞𝐫𝐭𝐢

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«Sono a casa.» disse Jungkook. Ormai lo faceva abitualmente sperando che Taehyung gli rispondesse.

Aveva visto un movimento nel buio, qualcuno che si spostava in casa sua. Aveva tante cose da raccontare al più grande.

«S-sei l'amico d-di Taehyung?» chiese il suo ospite con voce tremante e spaventata.

Lentamente il corvino accese la luce rivelando la figura nel mezzo della sua stanza. Un fantasma era al centro del suo salone, di nuovo. I suoi capelli brunetti spuntavano fuori dalla parrucca colorata, gli occhi erano di un bel verde chiaro, aveva delle lentiggini sul ponte del naso e sotto gli occhi ma oltre a notare questi particolari Jungkook venne catturato dall'indumento sulle sue spalle, la giacca di Taehyung.

«Dipende tu chi sei. Cosa ci fai qui? Perché hai la giacca di Taehyung? Cosa gli hai fatto?!» gli urlò; per quanto il ragazzino sembrasse inoffensivo non poteva sapere chi si trovasse di fronte, poteva anche essere un serial killer.

«N-non f-farmi del male, ti prego.» il fantasma lo pregò con occhi pieni di terrori che chiedevano solo un briciolo di pietà.

«Scusa...Non intendevo...Sono un'idiota, trattare male dei ragazzini, mia madre non ne sarebbe felice, ma nemmeno mio padre o la signora Choi. Poi vado ad urlare in faccia ad un fantasma che ha pene già di suo.» il corvino borbottò un sacco di altre frasi sconnesse prima che l'altro parlasse.

«Mi aveva avvertito che avresti reagito così. Sei proprio tu allora, Jeon Jungkook.» il fantasma sorrise, guardando poi l'altro «Non sono una minaccia, non preoccuparti. Sono un amico di vecchia data di Taehyung, io sono Timothy.»

Alle parole del fantasma l'altro assunse un'espressione dura, di difesa tanto quanto una di attacco, si assicurò di guardare meglio negli occhi verdi dell'altro, di studiarlo a fondo e di capire se quella fosse la verità.

«Sai tanti anni fa-»

«Non temporeggiare. Dimmi la verità e fallo velocemente.» il corvino interruppe le parole dell'altro. Il tempo era suo nemico, se Taehyung fosse stato in pericolo avrebbe dovuto salvarlo il prima possibile. Non era il momento del lungo spiegone.

L'altro abbassò lo sguardo e ridacchio.

«Capisco perché lui si fidi di te.» disse «Brevemente posso dirti che da bambino, quando sono sbarcato qui, in Corea del Sud, non sapevo nemmeno una lettera di coreano e venivo preso in giro. Mio padre mi aveva portato con sé per farmi imparare come gestire gli affari, era un mercante. Taehyung semplicemente mi insegnò il coreano, era l'unico bambino che parlava un po' di inglese, la mia lingua natia.»

«Ci siamo incontrati alla festa di raduno dei fantasmi, quella nella villa fuori città, e preferirei non dirti in che circostanze.» Timothy chiuse la giacca per non mostrare i suoi abiti ma l'altro scorse, comunque, un tessuto fatto di lustrini e non guardò le gambe magre dell'altro fasciate da un paio di calze a rete, per giunta strappate. Gli bastò vedere il rossetto sbavato sulle labbra per capire.

«Non preoccuparti, capisco.» Jungkook si ammorbidì. Quel ragazzo non figurava un pericolo, per ora.

«Lui mi ha salvato di nuovo. Anche nella non-vita sono debitore a qualcuno.
Sai, sono morto per mano di qualche strozzino per i debiti di mio fratello maggiore, aveva il vizio del gioco, e quando morirono sia mio padre che lui fui io a dover pagare. Ma Taehyung non mi ha mai chiesto niente sono io adesso che verrò in suo aiuto, è qualcosa di personale, che è nei miei principi.»

«Arriverà tra poco, starà seminando i pochi fantasmi rimasti.» Timothy anticipò le domande dell'altro «Ha detto anche che avrei dovuto trattenerti qui, meglio se i fantasmi non ti vedano, saresti qualcosa di...anomalo.» quel fantasma aveva una calma nella voce e un atteggiamento insolito, quasi irreale, sembrava venire da un altro luogo, anche fuori dalla superficie terrestre.

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