Il mio incarnato è più roseo, quasi avessi preso una leggerissima abbronzatura che fa risaltare le mie efelidi caffè latte e i miei lineamenti resi magnetici dalla mia natura. Mi sono appena nutrita, per un po' di ore la mia pelle risulterà più calda e rosea, umana. Appoggio le mani contro il profilo della balaustra, socchiudo le palpebre ed inspiro lentamente, ricacciando in maniera impercettibile quel respiro poi dalle narici.

Inizio ad escludere lentamente tutto ciò che per me è superfluo. L'odore della notte, l'odore di umanità, quei cuori che pulsano sotto i beat di una musica che batte il tempo di una notte per sempre giovane – per me specialmente. Scandaglio le mie emozioni, scendo in profondità e lo tocco.

Ti tocco, Noah.

Tocco quel legame che abbiamo, io e te. Solo io e te, solo nostro. Esclusivo, morboso a tratti, necessario alla nostra sopravvivenza.

È solido, forte, impetuoso, pesante come un macigno che si è depositato in un punto preciso e non ci sono cazzi, da lì non si muove. È rassicurante per me, esaltante avere Noah che ha così bisogno di me, che dipende da me in tutto e per tutto e non perché è capitato, ma perché lui mi hai scelta, mi ha voluta. E io l'ho ucciso.

Avevo una scelta, una scelta che però per me non era concepibile né attuabile. Quindi ho scelto ciò che mi rendeva felice, ciò che non mi avrebbe spezzata, almeno non troppo. Relativamente, perché quando sei tu a levare la vita all'unica persona che ami davvero genuinamente senza alcun doppio fine o imposizione, un po' dentro muori.

Non è importante, adesso, tutto questo. L'importante è che lui è ancora qui, con me. Cerco quel legame, lo carezzo con la forza della mia mente e il mio ascendente da Marker. Non dovrei immergerlo così nell'umanità, lo so. Qualunque altro Marker mi direbbe che sono una folle, ma per esperienza personale so che è l'unico metodo per rendersi conto dei propri limiti, delle proprie debolezze e tempra. Non morale, bensì mentale. La moralità nella nostra esistenza non c'entra un cazzo.

Sono sempre pronta ad intervenire, a premere con decisione un freno sui suoi istinti qualora fosse necessario. Non perché nutro chissà che particolare rispetto per la vita umana altrui, ma perché proteggo la mia Progenie, non voglio i Cacciatori che ci braccano. È un neonato, deve imparare, io devo guidarlo al meglio.

Ecco perché lo ascolto, silente. Sei eccitato? Sì, no? Sei affamato ancora? Ti stai divertendo? Sei nervoso? Cosa stai facendo Noah?

Paranoica, sì. Attenta a non perdermi nulla di lui, pronta ad intervenire perché lui si merita da me ogni sforzo. Quando era umano non sono riuscita a proteggerlo come avrei dovuto. Rinchiuderlo in una villa bunker era stata un'idea, ma non praticabile del tutto. Se lo facessi adesso, accelererei solo quel processo di naturale ed inevitabile ribellione che ogni Progenie arriva ad avere nei confronti del proprio Marker.

Ma non succederà adesso a me. Io sono migliore di Logan, sono più attenta, preparata. Io sono pronta ad intervenire non appena qualcosa o qualcuno sfiora il mio Vampiro. È facile quindi desumere che in questo mese la mia vena violenta sia diventata più preponderante, oltre che imprevedibile. Sono fatta così, non avviso mai, quando dono avvisaglie è sempre troppo tardi per agire e reagire.

Per Noah, però, io sono solida. Granitica. Lui deve sapere che qualunque cosa possa mai accadere io sarò lì, arriverò nel giro di qualche battito di ciglia. Perché è così che deve essere.

Lo spostamento d'aria arriva in ritardo, è quella tensione che sento a pelle ad avvisarmi che Noah è lì, accanto a me. È diverso da com'ero da Progenie, da Progenie sentivo quella morsa allo stomaco che mi sconquassava i sensi e mi cambiava radicalmente il centro del mondo e non capivo più un cazzo. Da Marker è tutto differente. La presenza di Noah è come un risveglio sensoriale, una sottile corrente elettrica che corre a fior di pelle, dalle estremità del mio corpo corre, corre e si infrange alla mia nuca esattamente, abbattendosi contro i miei sensi sovrumani come farebbe un'ondata rabbiosa di un oceano in tempesta contro la parete rocciosa di una scogliera.

Of the nightWhere stories live. Discover now