☾ 7 - Discendenza ☽

58 8 6
                                    

Nonostante fossero passati due giorni dalla sera in cui Kader aveva rivisto Elysia, o almeno quello che ne era rimasto, non aveva ancora toccato cibo e non riusciva a prendere sonno. Quando la sua mente e il suo corpo cedevano, i suoi sogni la tormentavano. Erano popolati dai corpi senza vita della gente che aveva imparato a conoscere, a evitare o avvicinare. Persone buone e cattive, oramai tutte uguali e imparziali nell'abbraccio della morte. Kader non sapeva se di notte visitasse di nuovo la sua città, o il regno degli Dèi della Morte, e non voleva pensarci. Quando si risvegliava, le persone attorno a lei si preoccupavano di spronarla ad andare avanti con la sua vita.

Tre giorni, secondo la donna dai capelli rossi che continuava a guardarla con aria torva, erano anche troppi per riprendersi da una cosa del genere. Perlomeno, lo erano nella sua realtà. Kader aveva da poco detto addio alla propria per unirsi al nuovo mondo di violenza e orrori che le si stagliava davanti. Non era sicura di essere ancora pronta.

Quella mattina, il cavaliere biondo si era seduto al tavolo della colazione accanto a lei ed era riuscita a convincerla a mettere qualcosa nello stomaco. Qualsiasi cosa masticasse aveva però lo stesso odore della cenere, il sapore della terra bruciata. Più che mangiare, si limitò a deglutire in fretta. Per calmarla, le aveva raccontato di aver sistemato le cose per cui si sentiva in colpa: la fuga dalla residenza Krävinge, il cavallo rubato. Ora non doveva più preoccuparsene. Dopo quello a cui aveva assistito, però, a Kader non importava poi molto di tutto ciò. I suoi unici pensieri erano rivolti alla casa, al padre e all'amico che aveva perso. Tutti andati, in un solo istante.

Prima di pranzo, infine, il ragazzo la convinse a raggiungere gli altri in uno dei salotti al piano superiore della villa. Non le disse per quale motivo lui, la compagna d'arme e la governatrice volessero parlarle, e Kader non ebbe bisogno di chiedere. Il giovane era stato abbastanza specifico qualche sera prima, quando l'aveva definita unica erede di una dinastia secolare. Il che aveva del ridicolo, ma la ragazza non aveva le forze per controbattere al momento.

Trascorreva le giornate attorcigliando le gambe attorno alle lenzuola sul grande letto della camera che le era stata offerta. Pensava che dopo la sua fuga miss Krävinge avrebbe fatto mettere delle sbarre alla finestre, ma a quanto pare lei e il cavaliere non provavano diffidenza nei suoi confronti e le avevano offerto una seconda opportunità.

"Logico che l'abbiano fatto." pensava di tanto in tanto Kader, "Anche se fuggissi, dove potrei mai andare?"

Quando quel pensiero l'assaliva, stringeva più forte i gomiti e le ginocchia al cuscino e lo abbracciava. Permetteva solo alla bambola che aveva portato con sé di tenerle compagnia. Quando la guardava vedeva il suo viso sorridente, cucito in un'espressione di eterna contentezza. In momenti come quello avrebbe voluto strapparla, farla a pezzi. Ma era tutto ciò che le restava di casa, della sua quieta bottega, della vita che per sempre si era lasciata alle spalle.

Pensò di portare la bambola con sé nel salotto, ma abbandonò l'idea. Su una cosa la collega del ragazzo aveva ragione: piangere e perdere tempo non sarebbe servito a nulla. Né presentarsi in vestaglia da camera e con un giocattolo fra le mani. Lasciò la bambola su un comò e aprì l'armadio, scelse un vestito semplice e nero lungo fino alle ginocchia e delle calze dello stesso colore, alte. Quel colore le piaceva, come l'azzurro e il lilla o il verde delle foglie, ma sapeva di non averlo indossato per quel motivo. Si sforzò di lavare e pettinare i capelli, tenendo d'occhio l'orologio. Infine si presentò in orario.

Trovò la governatrice in piedi al centro del salottino, vestita d'abiti semplici ma comunque vistosi, i capelli raccolti in una treccia che girava sulla nuca come una coroncina. C'erano dei domestici nella stanza, ma lei chiese loro di congedarsi. Nel frattempo, Kader notò anche i due soldati della Resistenza che l'avevano portata fin lì. La femmina aveva le braccia conserte, era seduta a gambe incrociate su un divanetto e guardava altrove, ma quando la vide entrare si ricompose, squadrandola da capo a piedi. Sembrava sorpresa di vederla così ordinata. Il giovane uomo, che tra tutti era quello che più era riuscito a stabilire un legame con Kader, era vicino alla porta e la raggiunse in pochi passi.

KADER - Erede della LunaDonde viven las historias. Descúbrelo ahora