Capitolo 19

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Quello stesso giorno, Harry, Ron ed Hermione realizzarono effettivamente quanto ci avessero visto giusto sulla Umbridge.

A lezione di Difesa Contro le Arti Oscure, non solo si era nuovamente ostinata a riempire i loro cervelli di nozioni inutili e a malapena inerenti alla materia trattata, ma era evidente come stesse apertamente mettendo alla prova Harry, cercava in tutti i modi di farlo cedere, inciampare nella sua rete e, purtroppo, il moro era troppo impulsivo per avere la freddezza di aggirare quegli stratagemmi.
Dunque, per via di una sfuriata che aveva fatto brillare malignamente gli occhi dell'insegnante, Harry aveva prolungato la sua sentenza da una settimana ad un mese intero, senza contare che aveva ulteriormente calpestato la propria credibilità: ormai quasi tutti credevano che fosse impazzito, del tutto instabile e dunque inaffidabile. Stava facendo il gioco del Ministero, ma cosa avrebbe dovuto fare, tacere?

In quel momento, Harry avrebbe solo voluto che Silente si facesse sentire, gli dicesse cosa fare, come comportarsi o che semplicemente si limitasse a ricordare al ragazzo la propria presenza, forse sarebbe bastato.
Invece il preside era come un fantasma dall'inizio dell'anno. Dopo la cena dello smistamento si era barricato nel suo ufficio e non si era più fatto nè vedere nè sentire.

Affari dell'Ordine, poco ma sicuro.

Si ripeteva Harry, certo che l'assenza del mago fosse perfettamente giustificabile. Il Grifondoro sapeva che presto o tardi avrebbe dovuto cavarsela da solo, per Silente probabilmente lui era poco piú di un peso ormai, con tutto quello che il preside doveva avere per le mani.

Quel pomeriggio, sull'orlo dell'ennesima crisi di nervi a malapena repressa, Harry prese penna e pergamena e scrisse a Sirius, gli raccontò della Umbridge per filo e per segno, non citò la parte carnale della punizione per non turbare il padrino, ma si lamentò a lungo e con toni forse fin troppo drammatici, immaginò che l'uomo, leggendo quelle righe seduto sulla sua poltrona in salotto, avrebbe ridacchiato. Probabilmente a quel punto Remus si sarebbe incuriosito e insieme i due si sarebbero messi a imprecare contro la Umbridge descritta da Harry nella sua lettera.
Il giovane mago era contento di pensare a quanto fosse plausibile quell'immagine, era contento di sapere che Sirius non fosse più solo, che dei celebri Malandrini gli fosse rimasto almeno Remus accanto e che, perlomeno, non dovesse più scappare.

A due a due, Harry saltava i gradini di pietra della Torre della Gufiera, era quasi in cima quando si bloccò all'improvviso, appena prima di arrivare a scontrarsi con qualcuno. Iniziava a diventare una brutta abitudine, una che una volta gli era costata un brutto colpo alla testa: forse Malfoy aveva ragione, forse avrebbe dovuto imparare a non fare le scale di corsa.

"Harry! Che spavento"

"C-cho!"

Harry deglutì a fatica, formulò quella semplice sillabà con una difficoltà davvero imbarazzante che lo portò a sorridere a disagio alla Corvonero.

"Scusa, dovrei guardare dove vado"

Provò a rifarsi il Grifondoro, una volta ritrovato un minimo di compostezza. Lei scosse la testa con un sorriso tirato, ma il suo sguardo era lontano, vagava oltre il corrimano di pietra oppure sui pochi gradini che li separavano, le sue mani intrecciate dietro la schiena, si torcevano nervosamente ed Harry lo intuì dal movimento scattoso delle braccia della ragazza.

"Non preoccuparti, sono pericolose queste scale, con tutte queste curve... non sai mai chi potrebbe esserci a due gradini da te."

Cho gli rivolse un'occhiata veloce, talmente rapida che Harry credette di essersela immaginata. Il moro si morse un labbro, iniziava a dargli sui nervi quell'agitazione della Corvonero, eppure il senso di colpa lo attanagliava, immobilizzandolo in una morsa gelida, dove i suoi movimenti e le sue intenzioni erano lente, prive di forza e valore.

Knights Who'd Give You Anything //Drarry (IN CORSO)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora