Lo Smistamento

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1 settembre

Quello sarebbe stato il mio primo giorno di scuola... Ero elettrizzata e non vedevo l'ora di cominciare con la mia nuova vita!
Durante quei mesi però, mi ero ritrovata molto spesso a riflettere: cercavo di dare un senso alle azioni di Piton, che erano contrapposte tra loro: prima aveva compiuto un gesto di assoluta gentilezza, poi era stato decisamente scorbutico, sgarbato e anche un po' crudele.
Era dal giorno del mio compleanno che non lo vedevo.
La mattina dopo, mia madre mi aveva detto, che prima del mio arrivo, il professor Piton aveva spedito al preside la lettera di conferma per la mia iscrizione a scuola.
Aveva atteso che i miei genitori la compilassero, riempiendola di determinati dati che mi riguardavano; poi la consegnò a un gufo, che spiccò in volo, sparendo nel cielo.

In tutto ciò io non avevo mai tolto l'orologio che mi aveva regalato; lo trovavo bello ed estremamente comodo e utile: potevo consultare l'ora in qualsiasi momento, senza ritrovarmi costretta a tirare fuori il cellulare che tenevo in una borsa o in tasca quando mi trovavo fuori casa.

Guardando proprio l'orologio, mi accorsi che erano le 18, ed era arrivato il momento di partire.
Da quanto avevo capito, il preside era attivato alla conclusione che non fosse il massimo per me prendere il treno assieme a tutti gli altri studenti, in quanto fossi una novellina decisamente più grande rispetto agli altri. Temeva che sarei stata riempita di numerose domande, perciò alla fine decise di farmi viaggiare in un modo abbastanza particolare: la metropolvere.
Aveva collegato il camino del suo studio con quello della casa del professor Piton. Per la gioia di quest'ultimo, casa mia era sprovvista di un comignolo, perciò, per non contrapporsi al volere del preside, si ritrovò costretto a farmi entrare in casa sua.
Mi era stato comunicato che sarebbe arrivato alle 18 in punto, e così fu: senza troppi complimenti e senza un minimo di preavviso, apparve proprio nel mezzo del mio salone con un sonoro pop; senza dire nulla, mi avvicinai con la mia valigia, salutai rapidamente la mia famiglia, e appoggiai la mia mano sul suo braccio: come il giorno dei miei esami, fummo risucchiati in un vortice e apparimmo in un piccolo salotto, contenente un camino, una grossa libreria e una piccola poltroncina situata accanto a un divanetto non troppo grande.
Questa volta riuscii a non vomitare, e una volta "atterrati", rimasi in silenzio. Dopo il nostro ultimo dialogo, l'aria era abbastanza tesa, la situazione si era fatta piuttosto imbarazzante.
Io non volevo assolutamente spezzare quel silenzio, perché non avevo nulla da dire e non ero in vena di intavolare alcun tipo di conversazione: sapevo che di lì a poco mi sarei ritrovata ad Hogwarts, ed ero abbastanza nervosa.
Sapevo che dovevo essere sottoposta a uno smistamento, ma non avevo la benché minima idea di come funzionasse e di cosa avessi dovuto fare, e ciò mi dava sui nervi: volevo essere a conoscenza di tutto, e per una persona ansiosa come me essere al corrente dei fatti è fondamentale! Non sapere cosa può succedere mi innervosisce, perché non so come potrei reagire; detesto non avere il controllo!

Mentre la mia mente vagava senza sosta, mi ero allontanata quanto bastava dal professor Piton, e fissavo un punto indefinito della stanza.
Quando mi girai verso il mio docente di pozioni, mi accorsi che stava fissando il mio polso sinistro, dove avevo allacciato l'orologio che mi aveva regalato.
Vidi i suoi occhi illuminarsi per un millisecondo, poi tornarono del loro solito nero ossidiana.

"Vedo che ha apprezzato il mio... Pensiero; a quanto pare i suoi gusti non cadono completamente nell'orrido", ruppe il silenzio lui, ghignando

Io non dissi nulla, mi limitai a regalargli un piccolo sorriso: sollevai un attimo un angolo della bocca, poi riportai quest'ultimo verso il suo stato naturale.

Ricordavo bene il modo gentile che aveva utilizzato per declinare la mia offerta, e non sapevo assolutamente come comportarmi. Prima mi fece un regalo, poi mi insultò... Grazie che non ci capivo niente!
Continuammo a fissarci per un tempo indefinito, poi il professore parlò di nuovo:

Nata Babbana Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora