capitolo 35

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Ero seduta su una panchina in ospedale, la testa china sulle mani, le unghie mangiucchiate a causa della tensione, I capelli che sembravano un cespuglio per quanto li avevo torturati.

Minuti, ore, giorni, non sapevo quanto tempo avevessi passato su quella sedia, non mi ricordavo l'ultima volta che avevo mangiato o dormito e sicuramente ero uno straccio. Comunque il mio corpo, esausto, si rifiutava di alzarsi e andarsene. Mi scoppiava la testa, avevo la bocca asciutta e le infermiere si rifiutavano di dirmi come stava, "siamo autorizzate a dare informazioni solo ai familiari", continuavano a ripetermi, ma le loro faccie affrante non ero per niente rassicuranti.

Lo sapevo, avevo visto tutto, le immagini scorrevano nella mia mente.

Ovunque io guardi vedo la sua assenza, é come se avessi un buco enorme nel petto. Vorrei essere forte per entrambi e non piangere, ma come faccio se il dolore mi distrugge e pensare che è proprio quel dolore che mi ricorda che lui c'era davvero.

La mia vita era una notte senza luna e senza stelle. Quando è arrivato ha attraversato il cielo come una meteora: c'era luce, c'era emozione, c'era vita. Ora che mi sta lasciando mi sembra che la meteora stia scomparendo dietro l'orizzonte e tutto pian piano stia tornando ad essere buio.

Decisi che dovevo fare qualcosa, che non potevo continuare a piangermi addosso. Mi alzai di scatto, guadagnandomi qualche occhiata di rimprovero, e cominciai a camminare verso il dottore che aveva in cura Justin. Quando lo raggiunsi il suo cercapersone cominciò a suonare. Gli lancia un'occhiata di fuoco, sfidandolo a rispondere prima di darmi delle spiegazioni. Aggrottó le sopracciglia ma ,una volta avermi riconosciuta, non ebbe il tempo di mandarmi via perché gli imposi di dirmi come e dove stava Justin.

" giuro che o me lo dice o mi metto a urlare" Lo provocai

"La prego, ho bisogno di sapere come sta"

"Per favore" Lo supplicai, questa volta la mia voce era dolce quasi un sussurro.

Il medico sospiró ma mi rispose e gli ero grata per quello che stava facendo.

"Le sue condizioni sono critiche" , disse evidentemente dispiaciuto.

A quel punto non sapevo come facevo ad essere ancora in piedi e nuove lacrime mi riempirono gli occhi. Le parole del medico risuonavano sempre piú forti e marcate nella mia testa, fino a che non arrivai in bagno e vomitai nel water per poi accasciarmi contro la porta e prendermi la testa fra le mani. Potevo sfogarmi, piangere e urlare, lontano da sguardi indiscreti.

Era come se mi stessi trattenendo da troppo, troppo tempo.
Mi lascia sfuggire un urlo di frustrazione e solo allora mi accorsi di quanto ero tesa.
Avevo passato un giorno, forse due seduta su sedia, in ospedale per lui.
Nonostante avessero contattato la sua famiglia nessuno si era ancora presentato per vedere come stava. Avevo mille interrogativi sulla sua vita, sulla sua famiglia ovviamente se ne aveva una. Penso che a questo punto nulla possa più stupirmi nulla di lui.
Stavo riflettendo anche sul perchè io mi ritrovassi completamente distrutta e soprattutto sul perchè fossi li.
Probabilmente se una paio di settimane fa qualcuno mi avesse detto che mi sarei ritrovata in posto simile per una persona che mi aveva solo ferita e offesa probabilmente gli avrei riso in faccia.
E invece eccomi qua, seduta su un lurido pavimento, di una stupido bagno, in un dannatissimo ospedale.

SCUSATE SCUSATE SCUSATE SCUSATE SCUSATE SCUSATE
Lo so che non mi sono fatta sentire per più di un mese, ma ho avuto moltissimi impegni.
Spero di farmi perdonare al più presto. Volevo comunque ringraziarvi per i voti e il continuo sostegno che ricevo, mi fanno davvero molto piacere. Come al solito spero che il capitolo sia bello e vi auguro una buonissima domenica!

A danger love|| Justin BieberDove le storie prendono vita. Scoprilo ora