Capitolo 44

2.8K 103 1
                                    

Jack

Questa ragazza mi farà impazzire. Salto, subito, giù dal divano e velocemente la seguo al piano di sopra, lei sta per chiudere la porta e io mi fiondo dentro come la sera scorsa.

Chiudo la porta, deciso a risolvere una volta per tutte.

"Basta fughe. Basta bugia. Dobbiamo parlare."

Sono esasperato, ma poi mi blocco non appena il mio sguardo si posa su di lei, che sta ferma al centro della sua stanza. Le sue spalle si alzano e abbassano velocemente, e capisco che sta piangendo. Non so bene che fare, ma alla fine cedo e mi avvicino lentamente a lei.

"Bea, ti prego non piangere."

Sono a pochi centimetri da lei, non la tocco, voglio lasciarle il suo spazio. Nel suo silenzio leggo la sua lotta interiore: tra il cedere e il mandarmi a quel paese. Alla fine alza le mani per asciugarsi il viso e finalmente si volta dalla mia parte.

"Vuoi parlare? Okay, parliamo. Ti odio!" Mi sputa in faccia.

"Come hai potuto dimenticare tutto? Hai idea di come mi sono sentita? E' stata dura accettare le tue parole di quella sera, ma che dovevo fare se non mi volevi ma, addirittura, cancellare tutto... sono così orribile?"

Il suo volto è pieno di lacrime mentre con rabbia mi riversa il suo dolore addosso, con le mani si porta i capelli indietro, e le vedo tremare. Mi buca l'anima il suo sguardo gelido, la dolcezza del suo viso di pochi minuti fa e scomparso lasciando il posto al dolore e alla rabbia.

"Quando mi sono svegliata e ti ho trovato sul pavimento mi veniva da ridere e ti giustificavo: povero Jack, sarà preoccupato della mia reazione a quello che è successo ed è così sconvolto da saltare giù dal letto. E ti giuro che la delusione nello scoprire che tu non avessi cambiato idea durante la notte mi faceva soffrire ma, nonostante questo, ho deciso di darti spazio."

Allarga le braccia sconsolata.

"Il far finta di niente, dopo che le tue labbra erano state sulle mie, è stata una delle cose più difficili che io abbia mai fatto in vita mia, ma essendo questo quello che volevi a me andava bene. Ero triste forse un pò arrabbiata per non essere abbastanza per te, ma non posso costringerti a volermi e me ne sono fatta una ragione ma lo scoprire che tu non ricordavi niente..." sospira e un singhiozzo la scuote, abbassa il capo sconfitta.

"Mi sono sentita niente per te. Ero anzi sono così delusa da tutto questo: da te, dalla situazione. Pensavo di essere comunque importante per te come amica e invece, forse, non sono neanche quello."

Capisco che ha finito quando la vedo sedersi sul letto, si rannicchia vicino al muro, come a proteggersi da me. Poggia la testa alle gambe piegate e mi lascia fuori dal suo mondo e dal suo dolore, ma io lo sento, lo sento, comunque, scorrere in lei e in me.

Non mi sono mosso per tutto il suo discorso, sono rimasto in mezzo alla stanza ad osservare la mia Bea sopraffatta dalle mie azioni.

Il silenzio tra noi si fa pesante. Ora tocca a me parlare, ma non so da dove iniziare, in realtà, non so neanche dove finire. Mi passo una mano fra i capelli e avanzo nella stanza fino al letto.

Vedo la sua schiena irrigidirsi, quando capisce che le sono vicino e questo mi fa soffrire, mi siedo, comunque, ai piedi del letto, divarico le gambe e appoggio i gomiti su di esse, per poi prendermi la testa fra le mani.

Riporto alla mente quella sera e due sono le cose che non riuscirò mai a dimenticare: i suoi occhi e le mie emozioni.

Non ho più dubbi, sono pronto a parlare, prendo un grande respiro e comincio la mia confessione.

Arrendersi all'inevitabileWhere stories live. Discover now