Capitolo 53

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Jack

Sbadiglio, sbattendo più volte gli occhi, mi stiracchio ormai arreso all'inevitabile, anche questa notte ho dormito male, mi sto quasi abituando e l'insonnia non mi aiuta certo a non comportarmi da orso. Mi tiro su a sedere, indosso le scarpe e sono pronto per il caffè mattutino.

Scendo in cucina e c'è tutta la famiglia, li saluto e dopo aver risposto con una smorfia a mio padre che mi faceva gentilmente notare il mio brutto aspetto, mi siedo stancamente a fare colazione. Sto per addentare il mio cornetto al cioccolato quando spunta Bea in pigiama, e talmente bella anche così, appena sveglia con i capelli tutti arruffati che mi scappa un sorriso.

La vedo portare le mani al capo è imbarazzata e il mio sorriso si allarga, è così pura questa ragazza. Ecco spiegato perché ieri quello stronzo di Frank non riusciva a starle lontano e il pensiero di dover sopportare anche oggi quella faccia da schiaffi fa diventare amara anche la nutella.

Poso il cornetto infastidito e la mia attenzione viene catturata dalle parole di Jason che afferma con tranquillità che resteremo fino a domenica, mi viene il mal di testa all'idea, io non voglio restare ancora, né ho abbastanza ho bisogno di mettere un po' di distanza tra me e Bea.

Decido di non dire niente al momento gliene parlerò dopo quando saremo soli, mi tiro su e seguo la scia di persone che salgono in camera a prepararsi, purtroppo devono andare via. Mio padre mi fa cenno di seguirlo in salotto, lo vedo accomodarsi sul divano e decido di fare lo stesso.

"Allora come va?" Inizia subito, senza preamboli, e decido di rispondere sinceramente.

"Male!" Sospiro, ho proprio bisogno di parlare con qualcuno e lui è l'unico che può capirmi.

Lo vedo scuotere la testa, "non hai ancora capito cosa vuoi, vero?"

"No, papà è complicato", sono stufo di questa parola ma è la verità.

"Figlio mio, lo sarà fino a quando lotterai contro il tuo destino".

"Tu credi sia lei il mio destino?"

"Non posso dirtelo io, devi capire da solo quale è".

Mi copro il volto con le mani e sento la mano di mio padre accarezzarmi i capelli, sono davvero messo male. Sento dei rumori e capisco che qualcuno sta scendendo, mi tiro su ed eccola di nuovo qua, la causa delle mie sofferenze. Il mio cuore è felice di vederla, ma il resto di me no, perché significa confusione e sono stanco di perdermi nei pensieri.

Sento pronunciare il nome di Frank e subito entro in allerta, sta uscendo con lui. La gelosia fa capolino mandando in tilt il mio cervello.

Sto per dirle che l'accompagno io, quando sparisce dalla mia vista uscendo di corsa da casa. La macchina del bell'imbusto è proprio davanti ai miei occhi e io resto lì di sasso.

"Ragazzo, mi spiace dirtelo ma sei, proprio, nei guai".

"Lo so papà."  Mi agito sul divano  "Vedi è proprio questo il punto, sono geloso e non capisco il perché, questa sensazione mi scombussola..."

"Avrà un senso quando capirai cosa fare. Però un consiglio te lo voglio dare, non perdere tempo, le donne come quella"  indica la porta ormai chiusa  "Sono poche e potresti restare, alla fine, con niente in mano".

Leggo la saggezza nei suoi occhi e l'affetto per il suo povero figlio.

"Ora devo andare a fare la valigia, altrimenti chi la sente tua madre". Così dicendo, mi dà una pacca sulla spalla e va via, lasciandomi con quest'angoscia in corpo che cresce ora, dopo ora, dopo ora.

Quando la famiglia va via, gironzolo per la casa senza niente da fare, continuo a guardare l'ora e di lei nessuna traccia. In tarda mattinata decido di fare un tuffo ma neanche l'acqua riesce a risollevare il mio umore, il mio sguardo e sempre verso riva nella speranza di scorgerla in lontananza.

Arrendersi all'inevitabileWhere stories live. Discover now