23. I miss you

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nb: le coniche battono le rette.

***

No one has me like you do, baby

Bring your heart, I'll bring my soul, but be delicate with my ego

I wanna step into the great unknown with you and me setting the tone

[...]

We play so dirty in the dark 'cause we are living worlds apart

It only makes it harder, baby

[Adele]

***

Disgustata, Lauren ripose accanto a sé la rivista di gossip che paparazzava e discuteva ampiamente la coppia Mendes-Cabello. Non poteva sopportarlo.

Camila la tempestava abitualmente di messaggi e chiamate, cui ella, puntualmente, non rispondeva. Aveva anche tentato di parlarle di persona, visitando MechMike and sons, ma Normani si era rivelata un ottimo scudo.

Prima di entrare in ospedale, si era premurata di spegnere il cellulare, per evitare di pensarci.

La sedia rossa fissata al muro del corridoio continuava a scricchiolare sotto la sua impazienza. Christopher, accanto a lei, si stringeva i gomiti ossuti con le mani, impendendo al nervosismo di trapelare dalla sua camicia stropicciata. Anche se non si guardavano nemmeno per errore, i loro profili che si fiancheggiavano si mandavano reciprocamente occhiate in cagnesco.

Era una questione antica, la loro. Affondava radici nell'adolescenza e trascinava le proprie fronde di rovere velenosa fino all'età adulta. Era una rivalità che si era perpetuata oltre le decine di ragazze che avevano strenuamente conteso. Spesso, Lauren ne era uscita vincitrice per il solo fatto di godere di due moti di rivoluzione terrestri in più.

Christopher era sostanzialmente l'esatta copia di Michael, a livello di forma mentis, quindi ella vi entrava molto facilmente in conflitto circa qualsiasi aspetto della vita familiare; dal più serio al più futile. La competizione persisteva anche ora che insieme a Taylor superavano le singole età dei propri vecchi. Non era odio, ma profonda intolleranza reciproca.

- Pensi che stia bene? – cedette infine il minore.

- Non dovresti saperlo tu? È tua figlia, in fondo -.

- Cristo, non si può mai parlare con te -.

- Ma sentiti: io non ho idea di come Isa faccia a sopportarti -.

Al contrario, gelosia di Christopher permettendo, Lauren e Isabela avevano instaurato un gran bel rapporto.

- Non riuscite a far altro che litigare voi due? – li rimproverò Clara, mentre tornava dalla passeggiata, saldamente allacciata all'omero del marito.

- Se questo poppante maturasse, mamma, saremmo a un altro punto -.

- Poppante a chi? Serpe! -.

- Adesso basta! -.

Quest'ultima invece, era Taylor, la minore dei fratelli Jauregui, appena uscita dalla sala parto. Specializzanda in ginecologia, ella aveva avuto la fortuna di trovarsi in turno, affiancata alla dottoressa Reyez, proprio quando Isabela era stata ricoverata d'urgenza, in pieno travaglio.

***

Maya Jauregui, un adorabile scricciolo di cinque libbre e mezzo circa, riposava in una confortevole incubatrice. Isabela, distesa accanto a lei, la guardava con occhi esausti, ma colmi di gioia. Stringeva le mani di Christopher con tutte le forze che le erano rimaste, mentre chiacchierava con genitori e suoceri.

Lauren invece, aveva lo sguardo fisso sulle palpebre socchiuse della nipote, sul suo corpicino torpido e delicato. Le domande si affollarono rapidamente dentro di lei.

Cosa si prova ad accogliere e poi sgravare una nuova vita? Un tenero dolore? Una tenerezza dolorosa? Quando l'incarnazione dell'innocenza scade nell'ennesimo fallimento umano? Come si impedisce il processo, conservando l'ingenuità?

Scosse la testa, occhieggiando l'orologio affisso alla parete. Sono questioni troppo complesse per un potenziale sprecato. Un'algida cupezza si fece spazio dentro di lei, indurendo i tratti del suo bel viso.

Taylor notò il cambiamento e, prima potesse svignarsela, la prese da parte.

- Tutto bene, Lo? – chiese, stringendole una spalla. La scrutò a fondo nelle pupille, tentando di inserirsi in una delle crepe che comparivano e svanivano dentro di esse.

- Claro que sí. Sono solo... frastornata e impregnata di salsedine -.

- Faccio finta di crederti, d'accordo? Ho però bisogno di un favore -.

- Dimmi tutto -.

- Puoi passare a chiudere l'officina di Chris? L'ha lasciata incustodita per correre subito qui. Dovrei farlo io, ma temo di tardare con il turno -.

- Nessun problema, dottoressa – la dileggiò Lauren, prendendo le chiavi che le porgeva. – Basta che mi allontani da quel barbone pulcioso -.

***

Liberty City


Anziché giungere dal vialetto, Lauren scavalcò uno dei muri colmi di graffiti che nascondeva l'officina del fratello alla pubblica vista. Sfregò le palme impregnate di polvere di calce, raggiungendo la saracinesca poggiata a terra. La sollevò di poco, controllando se vi fossero delle luci accese e intravide un'auto a mezz'aria e una lampada al neon che ne illuminava la scocca.

Scivolando all'interno, dovette dribblare un treno di gomme nuove, impilate l'una sull'altra.

Sul cofano chiuso della Renault Mégane da corsa stava un portatile ronzante, dallo schermo tuttavia buio. Lauren lo ignorò, limitandosi a scollegare l'alimentazione della lampada. Ma quando accennò a uscire di nuovo, un allegro suono di notifica glielo impedì. Sobbalzò, voltandosi: il computer recitava riprogrammazione completata.

Si riavvicinò, assai accigliata, e seguì la serpentina di un lungo cavo fino a dentro l'abitacolo, dove invece riposava un taccuino colmo di appunti. Tuttavia, le bastò notare dove la presa terminasse la propria corsa per insospettirsi. Curiosa, e forse un po' invadente, si premurò di leggere ciò che il fratello aveva annotato con così tanto zelo.

***

Little Havana


Disperata per l'imprevedibile piega che la situazione aveva preso, Camila, a insaputa di Shawn, era corsa all'appartamento di Lauren, sperando di trovarla; altrove, le era stato impossibile.

Era bastata l'occhiata arcigna dell'ingegnere Hamilton a infonderle la gravità delle circostanze in cui versava. Lei sa, aveva meditato, deglutendo a vuoto.

Si incollò al citofono, ormai priva di senno. Orlando in attesa di Astolfo. Bramava la sua voce roca da così tanti giorni che le risultava difficoltoso rimanere lucida.

- Rispondi – impetrò, crollando con la fronte contro il muro dell'edificio.

Avrebbe potuto cominciare a lacrimare copiosamente da un momento all'altro, ma tale era l'alienazione dalla realtà che non se ne sarebbe accorta, se non avesse toccato quel sale con mano. La confusione che albergava nella sua mente la rendeva ubriaca e, ugualmente, sobria.

Digitò il numero di Lauren, accasciandosi al suolo, preda di un delirio emotivo. Ma quando l'accolse ancora una volta la fastidiosa litania della segreteria telefonica, - Ascolta almeno questo – supplicò, stentando a riconoscere il suo stesso tono di voce. – Posso immaginare che cosa ti abbia ferito, cariño, ma non è mai stata mia intenzione. Per favore, dammi la possibilità di chiarire. Sei per me più di ciò che so spiegare a parole, più di ciò che probabilmente merito; più di ciò che di me ho disimparato. Insegnamelo di nuovo, Lauren -.

Fresh greaseWhere stories live. Discover now