8.1 Crash

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Completamente ricoperto di urina.
Chi l'avrebbe mai detto.

La cosa più divertente che mi capitasse da anni.
Per carità disgustosa, irritante e davvero di cattivo gusto, ma non riuscivo a smettere di sorridere.

La mia espressione era dura, ma il me interiore si stava sbellicando.
Quella ragazza era pericolosa.
Aveva risvegliato qualcosa molto più problematica del mio amico lì sotto.

Erano anni che non sentivo il bisogno di essere altro, di uscire da quello scudo che mi ero creato.

Uscii dalla doccia e infilai il completo in una busta.
Fortunatamente avevo un cambio.

Chiusi la zip del borsone.
Nessuno sarebbe stato a conoscenza di quell'incidente. Se non io, Ann e la lavanderia.

-Oh White. Vai via?-
Recuperai la giacca e il casco.
-Si, te invece turno di notte?-
Annuì.

-Dimmi un po' Per caso hai intenzione di portarti Jessica al prossimo convegno?-
Jakson Pratt era un fantastico ortopedico.

Se non fosse per la mia avversione a frequentare altri colleghi nella mia vita privata,saremo sicuramente diventati amici.
Ma bastavano i miei a riempirmi la vita di gente proveniente da questo mondo.

-Non so Jakson. Lei non ama queste cose poi sinceramente sarei troppo occupato per dedicarle del tempo.-
Chiuse il suo armadietto.

-Ti capisco, peró sai Linda preme per venire. La penso esattamente come te. Solo se cambiassi idea fammelo sapere. Sai non vorrei che venisse a sapere da Jessica  che tu vuoi portarla. È impossibile quando si arrabbia.-
Poggiai una mano sulla sua spalla in segno di solidarietà.

Jess e Linda frequentavano lo stesso gruppo di amiche.

-Tranquillo non credo di cambiare idea. Nel caso sarai il primo a venirlo a sapere.-

Uscii dal St Keaton.
L'aria era fresca.

Sentii il ritmo nelle vene.

Misi in moto e sfrecciai verso casa.

La mia prima casa, la residenza dei White.

Ci impiegai un'oretta poi eccola lì maestosa come sempre.
Era fuori città apparentemente perché si pensasse che i miei volessero conservare un po' di tranquillità   familiare, in realtà era solo una facciata.
In città non vi erano strutture così maestose e imponenti e soprattutto non erano così grandi per ospitare i numerosi "amici" che si vantavano di avere.

Oltrepassai il grande cancello. Abbandonai la moto e proseguii piedi.
Una donna minuta mi venne in contro.

-Sei tu Matthew?- chiese con una torcia puntata in basso.

-Si Agatha sono io.-
Quella piccola donna era forse l'unica per cui conservassi ancora un minimo di affetto.

-Era parecchio che non ti facevi vedere. Hai litigato con jess?- chiese.

Un paio di volte mi ero rifugiato lì, successivamente a alcune delle mie avventure. Jess non c'entrava niente. Ma paradossalmente quello era l'unico luogo in cui potevo stare in pace.
Nessuno mi avrebbe cercato lì e Agatha mi aveva sempre protetto.

-Sono di passaggio. Resta pure in casa.-

Quando vide dove ero diretto, scorsi un particolare luccichio nei suoi occhi.

I rami bloccavano gran parte della porta ormai dimessa. Mi feci strada cercando aprendomi un varco.
Erano almeno sei anni che non entravo di lì.
Inserii il codice e entrai nella dependance, quella era la vera anima di tutta la proprietà.
All'interno alla struttura insonorizzata era rimasto tutto come allora, io tempo sembrava essersi fermato.
Gli spartiti ormai ingialliti e polverosi erano a terra.

Lei era lì al centro della stanza, sola coperta da un velo di ragnatele e sporcizia.

Sentii il grande vuoto che mi aveva accompagnato da anni ancora più forte.
Non aveva senso tutto quello senza loro.
Raccolsi le due bacchette, una delle quali era spezzata a testimoniare del mio ultimo gesto di ira.

In un angolo vi erano ancora i gadget incellofanati.
Se avessi fatto una foto, l'avrei potuta chiamare "La morte di un sogno".

Davanti a me c'era quella vita a cui avevo rinunciato, eravamo stati ad un passo da tutto quello.

Ripulii alla men peggio la mia batteria, se qualcuno l'avesse vista in quel momento non avrebbe mai potuto immaginare quanto in realtà un tempo ci tenessi.

Lasciai che per una notte la musica si impossessasse di me, di nuovo.
Abbassai tutte le barriere.

Immaginando per un attimo che tutto fosse andato diversamente.




1:49
Aprii piano la porta.
-Ei-
Jess  si buttò tra le mie braccia.
-Va tutto bene mi disse.-

Le avevo mandato un messaggio dicendole che avevo deciso di andare nella sala.
In quel momento mi lasciai andare.
Lei era l'unica che mi era sempre stata accanto, mi conosceva. Forse ignorava il lato oscuro che piano si era istaurato in me.
Ma ero stata io a chiuderla fuori da quella parte della mia vita.

Dovevo proteggerla.

-Hai uno strano odore addosso-

Non poteva essere l'urina.

-Sarà sudore, forse è meglio se mi faccio una doccia.-

Mi diede un bacio sul naso.
Negli anni quel suo lato dolce era stato sostituito dalla donna in carriera che era diventata, mi era mancato.

Take careDove le storie prendono vita. Scoprilo ora