3.Are you pregnant?

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L'educazione ricevuta dai miei mi impediva di saltargli al collo e strangolarlo.
Avrebbero dovuto radiarlo.
Osservavo da neanche un giorno il suo lavoro e già non ne potevo più.
Si mostrava gentile verso i pazienti, le donne lo adoravano.
Ma quando qualcuno diceva una parola in più rispetto a quello che lui aveva chiesto iniziava ad alterarsi.
Aveva appena risposto male all'ennesimo paziente.
Un medico che non ascolta il proprio paziente.
Non avevo parole.
Lo Stavo seguendo nel corridoio.
La maggior parte del personale femminile del Saint Keaton gli sbavava dietro.
Era attraente è vero ma si fermava tutto lì.
Maledissi Nancy per avermi assegnata a lui.
Mi trattava malissimo.
Prendi quello portami quell'altro, cammina più veloce.
Aveva da ridire su qualsiasi cosa facessi.
Lo detestavo mi trattava con diffidenza, mi parlava senza neanche guardarmi in faccia.
Lavorare con lui era un vero inferno.

- Dottore mio marito si sente male ha la nausea!- lo fermó allarmata la signora Traver.
Amavo ricordare i nomi dei pazienti.
Lui si fermó.
Sorrise leggermente.

- Le mando l'infermiera.- disse.

La signora rientrò nella stanza.

Lui si giró verso di me.

-Tu nella stanza numero quattro. Controlla la pressione e la frequenza.

Se c'è qualcosa di allarmante mi vieni a cercare.- disse prima di voltarsi e continuare la sua falcata.

Entrai nella stanza per assistere il signor Traver.

Era molto pallido.
Presi un sacchetto nel caso si fosse sentito male.
Il signor Hardy Traver era un esile ragazzo di ottantadue anni.
Si perchè come dice mio nonno da sessant'anni in su si torna giovani.
Rilevai la sua frequenza 60bm.
Presi lo sfigmomanometro per misurargli la pressione.
Come al solito era tutto attorcigliato.

-Dai qui!- mi prese lo strumento dalle mani.

Indietreggiai. Ero senza parole. Che stronzo.

-90/60- disse ai signori Traver.

-Aspettiamo i risultati della TAC.- disse gentilmente.

La signora ringrazió.

Il dottore uscì dalla stanza.

Io salutai cordialmente prima di uscire a mia volta.
Era diretto nella sua stanza.

Sarei andata in infermieria.
È vero mi avevano assegnata a lui per quel giorno, ma non ero la sua schiava.

Invece di continuare svoltai a destra.

Ero quasi arrivata.

-Dove credi di andare?- irruppe.
Mi voltai.

Aveva il camice aperto.
Sotto si intravedeva un pantalone scuro, scarpe scure e una camicia bianca sbottonata.

Quello stronzo era fottutamente perfetto.

-A fare il mio lavoro.- risposi seccata.

Lui inspiró.
I lineamenti del suo volto erano duri.

-Quale quello che non sei in grado di fare?- mi disse.

Che nervi.
Era riuscito a innervosire anche me, la persona più tranquilla del mondo.
Provai a mantenere la calma.
Se voleva poteva rovinarmi la carriera, ed io amavo troppo quello che facevo per poterglielo permettere.
Non risposi.

-Devi essere la mia ombra, cerca di imparare qualcosa e renderti utile.-
Disse prima di girarsi e tornare nella sua stanza.

Inspirai cercando di calmare i miei nervi.
Poi lo seguii.
Davanti la porta su una targa era inciso il suo nome.
Matthew White, come dimenticarlo.

Take careDove le storie prendono vita. Scoprilo ora