1. Tic tac

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Quella mattina dormivo ancora in piedi. Se non fosse stato per il freddo pungente che sentivo ai piedi, che mi costringeva a sfregarli contro la superficie morbida delle scarpe antinfortunistiche, avrei già chiuso gli occhi da un pezzo.
Ero stata male tutta la notte ma il mio senso del dovere aveva avuto la meglio.

Volevo laurearmi durante la prima sessione utile.
Non mi restava che completare le ultime ore di tirocinio.

Mi mancavano tre lunghi mesi. Ancora 2190 ore.
La laurea mi sembrava ancora lontanissima.
Il King's College sembrava essere destinato a diventare la mia seconda casa se non fosse stata per questa crisi.

Ero capitata tra i 40 studenti che avrebbero cambiato ospedale.
Non avrei passato i prossimi mesi al "The Royal London Hospital".

Per carenza di personale mi avevano spedito al Saint Keaton Hospital precisamente nel reparto di cardiologia.

Alla fine non mi era andata poi così male, era persino più vicino all'appartamento in cui vivevo.

Avevo appena conosciuto la caposala una signora sulla cinquantina con vistosi capelli rossi e occhiali verdi fluorescenti.
Avevo cercato di mascherare la mia brutta cera con un po' di trucco leggero.   Sperando che non si notasse troppo, altrimenti ne avrei pagato le conseguenze. Nancy, questo era il nome della direttrice del reparto, sembró non accorgersene.

Non ero così abile con pennello e mascara. Fortunatamente sembrava che a nessuno importasse.

-Bene dovresti occuparti dei prelievi- mi disse dopo una breve presentazione portandomi verso l'infermeria.

Mi diressi verso l'ambiente indicato e iniziai il lavoro che tanto mi piaceva e che avrebbe accompagnato la mia vita.

Trovata una reniforme preparai l'occorrente per poi dirigermi verso la sala prelievi.

Era impressionante quanta gente ci fosse già in fila e non erano neanche le sette.

Iniziai il mio lavoro, cercando così di coprire il mio malessere.
Erano appena le dieci quando iniziai a riordinare.

-Dottor White, le presento una delle  nuove tirocinanti, Annie-

Alzai gli occhi dall'ultima provetta che stavo sistemando nel contenitore e uno sguardo felino penetró nel profondo della mia anima.

Quel dottore avrà avuto qualche anno in più di me, dei ricci biondo cenere gli incorniciavano il volto.
Allungai la mano per stringergliela e lui accigliò lo sguardo.

-Dovresti fare un prelievo al dottore.-
annuii.
Nancy mi consegnò la rischiesta per poi dileguarsi subito dopo.

Era il test per l'HIV.

Automaticamente ricercai con lo sguardo l'uomo davanti a me.

Quel profilo, quella mascella così scolpita, mi sentii avvampare.

Lui invece sembrava a malapena essersi accorto di me.

-La mano!- disse con un tono duro.

Alzai gli occhi, la sua presenza mi distraeva e in quel momento la situazione era al quanto irritante.
Pregai che smettesse di parlare per permettermi  di terminare il lavoro.

-Che razza di infermiera sarebbe una a cui tremano così le mani?-

Le mie mani non avevano mai tremato.
Iniziai a fissarle, e notai un tremolio sospetto.

-spostati faccio da me-
Disse severo.

Che insolente.

Agguantai il butterfly e terminai il mio lavoro, non gli avrei dato alcuna soddisfazione.

-ecco fatto!-

Lui si alzò di scatto dalla sedia e uscì dalla sala.

Che stronzo.

Ero troppo malmessa per dar voce ai miei pensieri.
Riordinai prima di tornare al mio lavoro.
Sostavo nel lungo corridoio che mi avrebbe portato in infermeria quando un'ondata di nausea mi travolse. Non sapevo cosa fare quindi entrai nella prima stanza utile sperando di imbattermi in un bagno. Non fu così, afferrai quello che sembrava un cestino e vomitai. 

-Mi servono i risultati della tac del signore Del Mundo con urgenza.-
Non riuscii neanche a voltarmi.

-Che cazzo fai?-
Mi stavo pulendo con dei fazzoletti che avevo in tasca.
Tra tutte le persone che dovevano capitarmi, doveva entrare proprio lui?
Cavolo.
Chiudo gli occhi nella speranza che si dissolva.

Niente da fare sentivo il suo calore. Era troppo vicino a me.
Mi passó una mano sulla fronte.
-Scotti, tornatene a casa.- continuó con disprezzo.

-non posso- riuscii a dire prima di un secondo conato.

Mi ritrovai in quella stanza distesa sul lettino delle visite, con una flebo attaccata al braccio.

-Ora vedi di riposare.-
I miei occhi si chiusero immediatamente come fossero schiavi di quel comando.

Qualche ora dopo mi svegliai e di lui nessuna traccia.
Staccai la flebo e tutti quei fili, sperando che quella non fosse opera di quel dottore tanto bello quanto letale.
Prima di uscire dalla stanzetta notai un bigliettino con dei farmaci.
Era una lista di quello che dovevo prendere.
Mi sorpresi ad alzare gli occhi al cielo, mi sentivo come una bambina, lui mi stava trattando come tale. Cavolo ero quasi laureata in infermieristica sapevo come trattare quel banale malessere.
Terminai la terapia fatta su misura per
poi uscire dalla stanza.
Una targhetta sulla porta riportava:
Dottor Matthew White, neurologo.

Tra tutte le stanze dovevo vomitare proprio nella sua?
Chiusi gli occhi cercando di calmarmi e di recuperare il mio chakra interiore.
Affrettai il passo diretta verso la medicheria.
-Annie hai attaccato presto questa mattina?-
Per poco non diedi una testata sul muro dietro di me. Mi aveva preso alla sprovvista distolsi lo sguardo dall'infermiera davanti a me, di cui non ricordavo il nome, per rivolgerlo al mio orologio.
Effettivamente mancavano ore al mio turno, ma dovevo recuperare le ore perse.
Mi gettai a capofitto sul lavoro.
Avevo bisogno di quella laurea.
La mia famiglia era così fiera della mia decisione, il solo pensiero mi dava la forza di continuare.
Stavo inserendo l'ago canula alla signora Stass, una dolce vecchietta dall'odore di lavanda.
Fortunatamente il malessere era terminato così come stava terminando il mio turno.

-Annie, lei e Remy una tirocinante come te, domani lavorerete insieme all'ambulatorio!- mi comunicó Nancy.

Io annuii e strinsi cordialmente la mano di Remy.

Mi era simpatica,era un anno più piccola, capelli color cioccolato e occhi color miele.

Mi sorrise.

Sentii che saremo andate subito d'accordo.
Non me ne voglia Remy ma la mia mente tornò al neurologo.
Lo avevo cercato in ogni angolo del piano, ero stata tentata più volte di entrare nella sua stanza,nonostante la sua insolenza mi aveva aiutata e avrei voluto ringraziarlo.

Take careDove le storie prendono vita. Scoprilo ora