21.

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Un'ora dopo essere tornati a casa e aver preparato una sfilza di medicine pronte all'uso per Spencer, mi sono sistemata sul tavolo e ho lavorato un po'. Credo Ronan abbia fatto lo stesso perché l'ho visto girare per il soggiorno almeno venti volte con il cellullare attaccato all'orecchio. Successivamente, ho controllato Spencer e l'ho aiutato a bere un po' di tè mentre Ronan cercava di sollevargli il morale. Lo abbiamo assistito mentre cambiava il pigiama e dopo averlo costretto a mandare giù un po' di brodo di pollo è tornato a dormire.

Adesso, ormai le sette e mezza di sera, attendiamo che torni Anita. Non ho molta fame, quindi, opterò per un semplice tramezzino al prosciutto ma lo mangerò dopo che saranno andati via.

«Vado a controllare Spence» mi alzo dal divano e senza aspettare la risposta del moro filo in camera.

Il mio tesoro dorme tranquillo, la fronte è tiepida e questo è un buon segno. Non ha nemmeno più vomitato. Gli lascio una carezza sul viso fanciullesco ed esco dalla stanza.

«Allora, è cambiato qualcosa da...» si guarda l'orologio costoso che gli fascia il polso. «Sei minuti fa?»

«Ah-ah. Spiritoso» apro l'anta del frigo e tiro fuori il succo di mela.

«Non ha la febbre perché ha preso l'ibuprofene» ribatte.

«Lo so, ma voglio controllarlo ugualmente. Vuoi?» sollevo un bicchiere.

«Sì, grazie» sospira stiracchiandosi le braccia.

Riempio due bicchieri con il succo e ne passo uno a lui, poi rimetto a posto il succo e mi accomodo sul bancone. Ci sono sedie e divano disponibili; eppure, io trovo questo posto estremamente comodo.

«Anita mi ha scritto un attimo fa, dice che sta arrivando. È riuscita a uscire prima perché non resisteva più» mi informa il moro.

«Bene. Allora vado a sistemare le cose di Spencer. Voglio che non si preoccupi di nulla» salto giù dal bancone e dopo aver buttato giù il succo tutto d'un sorso, scatto verso la camera del bambino per l'ennesima volta.

E sarei già arrivata se non fosse che Ronan ha appena avvolto un braccio attorno alla mia vita impedendomelo.

Rimango gelata, immobile.

«No, no, no, no, no» mi trasporta lontano dalla stanza e mi riporta in cucina.

I miei piedi strisciano sul pavimento perché mi sta davvero trascinando come se non pesassi nulla.

Giunti a destinazione, mi rimette dritta – come fossi una bambola di pezza – e mi toglie le mani di dosso.

Ecco, nonostante tutto, questo poteva anche evitarlo. Non mi dispiace la vicinanza.

Mi giro e gli picchietto un dito sul petto. «Guarda che non sono una barbie, non puoi mica prendermi e trascinarmi via come hai appena fatto.»

«Sembri uno di quei deliziosi nanetti da giardino. Solo che sei arrabbiata» ridacchia.

Aggrotto la fronte, ancora più inviperita. «Io non sono un nano.»

«Ma ho detto che sei deliziosa» mi ricorda, come se non mi stesse uccidendo con quello sguardo erotico che mi rivolge.

«Resta il fatto che mi hai dato della nana e io non lo sono. Per tua informazione, sono alta un metro e settantacinque!» stringo le braccia al petto e sollevo il mento in segno di sfida.

Ronan abbassa il capo e me lo accarezza con le dita.

Porca miseria. Adesso svengo. Mi prende un collasso e crollo sul pavimento come un ammasso di gelatina. Ne sono certa.

𝐋𝐀𝐘𝐋𝐀 [𝐁𝐨𝐬𝐭𝐨𝐧 𝐋𝐞𝐠𝐚𝐜𝐲 𝐒𝐞𝐫𝐢𝐞𝐬 𝐕𝐨𝐥.𝟒]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora