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Essere sottoposti ai controlli mentre entriamo in arena era qualcosa che avevo già messo in conto, perciò, non mi disturba farli. Subito dopo veniamo accolti dal signor Pagliuca, un sorriso cordiale sul volto e un velo di curiosità negli occhi. Vuole capire se la mia agenzia ne vale la pena e sono d'accordo, mettere tutto in mano a una piccola impresa non è un'idea geniale se non si hanno delle garanzie. Io voglio dargliele.

Nella settimana precedente – dunque, subito dopo l'incontro – ci siamo già messi al lavoro per finalizzare gli aspetti pubblicitari e le collaborazioni con i partners del Garden. Certo, ufficializzeremo tutto dopo l'incontro di oggi, ma sono fiduciosa. In base al calendario della squadra, dovrebbero essere disponibili per il ventidue dicembre, data che abbiamo concordato con la MFA e la signora Latimer. Se i BC sono d'accordo e l'allenatore ci dà l'okay è fatta.

«Bello, eh?» si pavoneggia il signor Pagliuca.

Ronan annuisce in accordo. «Moltissimo. So che avete effettuato anche dei lavori di ristrutturazione di recente. È corretto?»

L'uomo fa le fusa. «Oh, sì, eccome. Abbiamo lavorato sodo e i risultati ci sono stati. Finora i nostri ragazzi hanno vinto tutte le partite e questo ci sprona sempre di più a rendere l'ambiente migliore per loro e tutti gli spettatori che impiegano il loro denaro per i biglietti.»

«La squadra è libera?» domando.

«Hanno quasi finito gli allenamenti. La ascolteranno non appena arriveremo, però, non si preoccupi» mi sorride.

Stavolta percepisco sincerità e lo apprezzo.

Anche Ronan mi rivolge un sorriso, il suo però nasconde qualcosa che non riesco bene a capire.

Volgo l'attenzione all'enorme arena che si apre davanti ai nostri occhi e rimango spiazzata per qualche secondo. In ventidue anni di vita non ho mai partecipato a un evento sportivo o musicale qui dentro, mi sono limitata a studiare dal mio laptop, le immagini, i video, ma dal vivo... è uno spettacolo. Immagino già la gente riempire gli spalti, le nostre famiglie nelle suite apposite e i Boston Celtics in campo, che giocano per una delle cause più nobili di sempre.

Un fischietto risuona e i giganti che si muovono sul campo si fermano, indirizzando l'attenzione sul loro allenatore. Ime Sunday Udoka, classe '77, è un ex cestista che adesso dedica anima e corpo ai Boston Celtics già da un bel po' di anni. È sposato e ha un figlio che credo abbia appena finito gli studi. Ho fatto un po' di ricerche anche su di lui, ma a leggere una pagina Wikipedia e una manciata di articoli online siamo bravi tutti, io miro più ai fatti.

«Udoka. Loro sono Ronan Maxwell, della MFA e Layla Morgan della Ayla Events. Sono qui per fare una chiacchierata con i ragazzi a proposito di cosa abbiamo discusso la scorsa settimana» asserisce il signor Pagliuca.

L'uomo ci rivolge un saluto con tanto di stretta di mano e annuisce. «Raduno i ragazzi» dice, poi un altro fischio.

La squadra si avvicina e, santo cielo, sono davvero dei giganti. Messa a confronto sembro un nano da giardino. Beh, pazienza. Si direbbe che potrei essere spaventata e intimorita dalle loro dimensioni e la loro potenza ma io provengo da una famiglia di matti, non c'è niente che possa spaventarmi a parte la furia di Paige Bradshaw e gli scleri dei miei zii.

Superano quasi tutti i due metri di altezza, l'unico che posso gestire su questo fronte è uno dei playmaker, Payton Pritchard, alto 1.85. Con i tacchi dieci centimetri lo raggiungo e questo mi piace.

«Questa signorina vuole parlare con voi; quindi, siate educati, gentili e ascoltate cos'ha da dire. Se vi becco a essere irrispettosi filate in spogliatoio e poi rimanete in panchina per i prossimi due allenamenti. E sapete che non vi conviene» sibila l'allenatore Udoka, poi si volta nella mia direzione e lo sguardo si addolcisce. «Prego, signorina Morgan.»

𝐋𝐀𝐘𝐋𝐀 [𝐁𝐨𝐬𝐭𝐨𝐧 𝐋𝐞𝐠𝐚𝐜𝐲 𝐒𝐞𝐫𝐢𝐞𝐬 𝐕𝐨𝐥.𝟒]Where stories live. Discover now