π‘ͺ𝒖𝒐𝒓𝒆 π’…π’Š 𝒇𝒖𝒐𝒄𝒐 βœ“

By M_G_Writer

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Primo libro della serie:"Sangue di lupo" "Sai, si dice che un lupo se Γ© solo Γ© destinato a morire, poichΓ© la... More

Prologo
Capitolo I: Underveis
Capitolo II: Normalt liv
Capitolo III: En ny venn
Capitolo IV : Brev
Capitolo V : TΔ—tis??
Capitolo VII: FΓΈlges
Capitolo VIII: Bare min
Capitolo IX: Reglex
Capitolo X: Jeg er veldig opptatt
Capitolo XI: Sjalusi
Capitolo XII: Familie middag
Capitolo XIII: Den ekte meg
Capitolo XIV: Jane
Capitolo XV: Ikke mulig
Capitolo XVI: Hva skjedde med deg??
Capitolo XVII: LΓΈfter....
Capitolo XVIII: SnΓΈstorm
Capitolo XIX: Skylder meg noe
Capitolo XX: Avtale
Capitolo XXI: Forsvinning
Capitolo XXII: Fortiden returnerer
Capitolo XXIII: Misjon
Capitolo XXIV: Mark
Capitolo XXV: Lett
Capitolo XXVI:Hvem kan du stole pΓ₯?
Capitolo XXVII: Fordi han gjorde det??
Capitolo XXVIII: Det er din skyld
Capitolo XXIX:RΓΈd mΓ₯ne.....
Capitolo XXX:... som blod
Capitolo XXXI: Smerte
Capitolo XXXII: Farvel
Epilogo
Ringraziamenti & Sequel
Cast
Extra-Speciale 200K
Extra-Dopo la guerra

Capitolo VI : Sannhet

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By M_G_Writer

Jane

Corse.
Corse via.
Come una codarda, come un ladro.
Ma in quel momento non le importava.

Nella sua mente apparivano tutte le parole, tutti i momenti, gli attimi, le poche informazioni che aveva di suo padre.

Correva, questa volta, non per dimenticare, ma per scappare, fuggire.

Da cosa non lo sapeva nemmeno lei.

Non sapeva perché, appena aveva riconosciuto la figura del padre, si era accasciata contro quella colonna, stringendosi le mani attorno alle gambe, fissando il punto in cui se ne era andato.

Non sapeva neanche perché, qualche minuto dopo, si era svegliata da quel suo stato di trance, si era alzata e si era messa a correre per i boschi.

Non sapeva perché aveva avuto quella reazione.
Non capiva più niente.

Correva talmente veloce, da vedere solamente il verde degli alberi, senza distinguere i singoli alberi, sentiva che la sua testa stava per scoppiare, sentiva che lei stava per esplodere.

Che la sua varulv stava avendo la meglio sulla sua mente.

Si bloccò di colpo, appoggiando una mano ad un albero per sostenersi.
Inspirò ed espirò lentamente e profondamente, cercando di restare calma.

Chiuse gli occhi, nel tentativo di farli ritornare normali, e incominciò a contare.

Uno

Inspira con calma.

Due

Espira con lentezza.

Tre

Ripeti l'azione.

E andò avanti così finché non si calmò.
Finché il respiro non tornò regolare.
Finché gli occhi rossi sparirono, lasciando lo spazio ai soliti colore del ghiaccio.

Stanca, appoggiò la schiena contro l'albero, tirando indietro la testa fino a farla appoggiare contro il legno grezzo.

Le sue gambe non riuscivano più a reggere il peso del suo corpo, scivolò lentamente al suolo, sporcando i leggings di terra.

Portò le mani intorno alle gambe, mentre apriva gli occhi puntandoli nel cielo.

Stava per perdere il controllo, ed era una cosa che non le succedeva da tempo ormai.
Erano anni che non lasciava uscire la sua parte animale, che non si trasformava, erano anni che usufruiva solamente dei suoi sensi da varulv.

Chiunque abbia detto che i licantropi si trasformano solamente con il plenilunio, si sbaglia di grosso.

I licantropi sono così dalla nascita, solamente la prima trasformazione avviene con il plenilunio, le altre avvengono quando il varulv vuole.

Quando era più piccola, le capitava spesso di arrabbiarsi, e non riusciva a mantenere il controllo.

Ma era cresciuta, era cambiata, ora tutto le risultava più facile.

Guardò il cielo, saranno state le quattro del pomeriggio.

Doveva ritornare a casa, era stata via per troppo tempo.

Sbuffando, si rialzò in piedi, passandosi le mani sui leggings per togliere i residui di terra.

Quando ebbe finito si rimise a correre, in direzione della città.

Mentre saltava radici e calpestava foglie, superando il bosco e rientrando in paese, si perse ancora una volta nei suoi pensieri.

Pensava a come sarebbe stata la sua vita se suo padre fosse stato presente.

Se avesse partecipato ai suoi compleanni, se l'avrebbe messa in guardia dai ragazzi, se lui ci fosse stato.....

Magari se lui ci fosse stato Anne poteva essere ancora viva.
Ma Jane ricordava bene cosa gli aveva insegnato sua madre.

La storia non si basa sui se o sui ma.
Quello che è avvenuto non può più essere cancellato.
Ma sta a noi non commettere lo stesso errore due volte.

Jane lo sapeva, era inutile che pensava cosa sarebbe successo se suo padre non avesse lasciato sua madre.

Ma così era successo.
E lei non poteva farci nulla.

Ma adesso un po' capiva cosa provavano le altre persone quando parlavano, orgogliosi, dei propri padri.

Lei di suo padre sapeva solamente che era un Alpha e che aveva tradito sua madre.
Il resto della storia era avvolto nell'oscurità più totale.

Eppure....

Eppure dopo quasi undici anni sentiva di aver ritrovato un pezzo di quel intricato puzzle che era la sua vita.

Scosse la testa, aumentando la velocità della corsa, superando le ultime abitazioni.

Non devo più pensare a queste cose.
Ricorda le regole Jane.
Ricorda le regole.

Tuttavia, quando finalmente giunse a casa, non poté non pensare a quanto sua madre avesse ragione.

Aveva gli occhi di suo padre.

E una parte remota del suo cuore, quella che ancora provava un briciolo di emozioni, quella che fermamente si opponeva alle sue regole, era orgogliosa di questo.

*******

Svegliarsi quella mattina fu più difficile del solito.

La sera prima aveva tirato le spesse tende, così da non fare entrare neanche un raggio di luce; scelta di cui si pentì amaramente, quando al mattino, appena si svegliò, si rese conto di essere in ritardo.

Sbuffando si alzò dal letto, dirigendosi direttamente verso l'armadio, quel giorno, lo sapeva bene, non sarebbe riuscita a fare colazione.

Passandosi una mano tra i capelli aprì le ante dell'armadio, per scegliere i vestiti.

Con un grugnito di rabbia, si rese conto che aveva messo a lavare il giorno precedente, i suoi amati vestiti neri, e adesso aveva solo cose colorate da mettersi.

E lei be' non era il tipo di ragazza che si vestiva di rosa.
Odiava il rosa in realtà.

Preferiva decisamente il grigio, quel grigio tipico che hanno le nuvole quando preannunciano tempesta, quel grigio, che è più tendente al nero.

Be' poteva considerarlo come il suo colore preferito.

Sbuffando recuperò un paio di jeans a vita alta chiari e sopra decise di mettere una semplice camicia bianca, che cadeva morbida e le arrivava appena sopra il fondoschiena.

Si sedette sul letto e si mise le sue Vans nere, mentre sopra la camicia mise la sua amata giacchetta di pelle.

Andò in bagno per mettersi le lenti e la collana.

Quando appoggiò la catenina d'argento sul collo, sentì una lieve fitta, ma ormai ci era abituata.

La prima volta che l'aveva indossata si era dovuta reggere al marmo del lavandino per resistere alle fitte.

Col passare del tempo poi, aveva cominciato a sentire le fitte con sempre meno forza, tanto che adesso, le sentiva solamente come gli umani sentono una puntura di zanzara.

Mentre si lavava i denti, si affacciò dalla porta del bagno e controllò l'ora dalla sveglia sopra il comodino.

Le restava poco tempo.

Una volta sciacquata la faccia, prese lo zaino e corse giù dalle scale, afferrò le chiavi di casa e della moto e si diresse in garage.

Arrivò a scuola con qualche minuto d'anticipo.
Quando arrivò in classe la campanella era appena suonata.

Sospirò di sollievo e sorrise, mentre vedeva Asya farle un cenno con il capo e spostare la borsa dal banco vicino al suo, invitandola a sedersi.

Svelta sia accomodò di fianco a lei, mentre tirava fuori l'astuccio e il libro.

Alla prima ora, per la gioia di Asya, avevano una verifica di storia.

La sera prima Asya le aveva scritto ripetuti messaggi, chiedendole si darle una mano per quella verifica, dato che non ricordava nemmeno una data.

Appena aveva visto tutti quei messaggi, Jane aveva sorriso automaticamente, era bello avere qualcuno con cui confidarsi, qualcuno di cui fidarsi.

Sapeva che stava abbassando troppo la guardia, ma per la prima volta nella sua vita non se ne curò.

Appoggiò un braccio sul banco, mentre l'altro le sosteneva la testa, cercando invano di non ridere davanti alla crisi d'ansia dell'amica.

Loro erano fatte così.

A una piaceva storia e detestava inglese.
A una piaceva inglese e detestava storia.
A una piaceva il rosso e all'altra il grigio.

Non potevano essere più diverse.
Ma nella loro diversità erano simili tra di loro, ed erano amiche per questo.

La prof entrò in classe con dieci minuti di ritardo.

Gli studenti si erano già divisi, alcuni si erano messi vicino ai secchioni della classe, nella speranza di poter copiare da questi ultimi.

Jane non riusciva a capire questo comportamento.

Che cosa ci sarà di poi tanto difficile in storia??
O la sai o non la sai.

La professoressa le consegnò il foglio e lei poté finalmente incominciare la verifica.

Le veniva da ridere per la semplicità delle domande, quando Min le insegnava e le spiegava tutti i dettagli, lei doveva ricordarli a menadito.

Si era studiata tantissime enciclopedie per tentare di rendere fiero il maestro.
Probabilmente sapeva più cose della professoressa, e di questo doveva ringraziare Min.

Ovviamente fu la prima a consegnare, e si sedette al suo posto, aspettando che anche i suoi compagni ebbero finito per andare alla prossima lezione.

*****

Quando la campanella suonò, tutti dovettero consegnare la verifica, anche se pochi l'avevano realmente finita.

Sapere che Asya era tra di essi la riempiva di gioia, almeno il suo tutoraggio era servito a qualcosa.

Quando tutti ebbero consegnato, la classe si diresse in palestra, era giunta l'ora che la metà della gente odia, mentre l'altra metà adora: l'ora di educazione fisica.

Era la prima volta che Jane la faceva dal suo ingresso nella scuola.
Asya le aveva parlato di tutti i professori, compreso quello di educazione fisica, che, se non ricordava male, insegnava soprattutto, l'arte della difesa.

Un ghigno si disegnò sulla sua bocca.
Ci sarebbe stato da divertirsi.

*****

Gli spogliatoi puzzavano davvero tanto.

I suoi sensi, in questo caso, la stavano danneggiando.
Quella puzza le stava facendo venire il mal di testa.

Sospirò, mentre recuperava la roba per cambiarsi.
Per motoria le ragazze avevano una specie di uniforme datagli dalla scuola.
Consisteva in una semplice maglietta a mezze maniche bianca, con sotto dei pantaloncini da basket larghi e neri.

Jane guardò come alcune ragazze cercassero di tirare giù lo scollo della maglietta o come si tirassero su i pantaloni.

Patetiche.

Aspettò che Asya si cambiasse e poi uscirono insieme da quel posto.

I ragazzi erano già tutti fuori e parlavano con il docente.
Probabilmente, date le facce impaurite di alcuni, stava spiegando cosa avrebbero fatto quel giorno.

Quando anche le femmine uscirono il professore incominciò a spiegare cosa avrebbero fatto.

Jane fu felice, al contrario degli altri di sapere che quel giorno avrebbe praticato autodifesa.

Si allenava da quando aveva dieci anni, probabilmente sapeva molte più mosse del suo insegnante, dato che si allenava per sopravvivere e non per difendersi.

Si stupì quando il docente chiamò proprio lei, forse perché era nuova voleva vedere a che punto era.

Asya si girò a guardarla preoccupata, le aveva detto che quel professore non ci andava giù leggero con gli studenti.

Le sorrise per rassicurarla, mentre si toglieva le scarpe e raggiungeva il professore, pronta per il combattimento.

Che sarebbe stato tutto men che meno amichevole.

Asya

Jane era tranquilla, troppo tranquilla.
E ad Asya questo preoccupava.

Le era capitato qualche tempo prima di andare a vedere uno scontro del suo insegnante e diciamo che il suo avversario non era conciato così bene alla fine.

Se fosse stata al suo posto se la sarebbe data a gambe.

Ma Jane, Jane era tranquilla, come se le avessero chiesto di andare a prendere un gelato.

Era rilassata, tranquilla, o forse era tutta apparenza.

La mano del prof. scattò velocemente in avanti, chiusa in un pugno.

Jane si spostò lentamente evitando il colpo, con la stessa calma di una persona che cammina.

Il docente ci riprovò ancora più volte, ma nessuno dei suoi colpi riuscì ad andare a segno.

Asya vide Jane sbuffare all'ennesimo tentativo.

La vide bloccare entrambe le braccia del professore per poi sferrargli un calcio nell'addome che lo fece cadere in ginocchio.

Con velocità Jane utilizzò il destro come piede perno, facendo una giravolta su se stessa, caricando la gamba, per poi andare a colpire con quest'ultima la faccia del docente.

Asya sentì i suoi compagni di classe trattenere il respiro.

Il prof. si rialzò tenendosi una mano all'addome, per poi chiudere i pugni e prepararsi all'attacco.

Jane ghignò mentre il professore tentava di atterrarla colpendole le gambe.

Saltò, come i bambini saltano la corda, e mentre era in aria fece una sforbiciata prendendo in pieno il professore.

Jane 2- prof. Yidt 0

Il docente si rialzò ancora una volta portandosi una mano al labbro inferiore dal quale stava uscendo sangue.

Stavolta Jane non aspettò l'insegnante, ma attaccò.

Non appena il docente si fu rimesso in piedi, Jane sorrise, ma non uno di questi sorrisi che Asya vedeva spesso, no quello era un sorriso di chi sa per certo di avere vinto.

Molte volte aveva visto quello stesso sorriso sulla faccia del fratello.

Ad Asya vennero i brividi a pensarci.

-Che cintura siete prof??-

Yidt sorrise pieno di orgoglio.
-Cintura nera-

L'intera classe stava trattenendo il respiro.

Jane ghignò ancora, per niente spaventata da quella rivelazione, anzi sembrava proprio che avesse sentito la riposta che si era immaginata.

-Bene......-
E scattò in avanti così rapidamente che nessuno riuscì a vederla.

Si aggrappò con le gambe al collo del professore, mentre con il resto del corpo si dava la spinta per farlo crollare a terra.

Dal tonfo che Yidt fece, Asya suppose che si fosse rotto qualche costola.

Tutti stavano guardando Jane compreso il professore che si era rialzato con il busto.

-..... Perché io sono un sensei-.

E in quel momento la campanella suonò.

Jane

Jane sperava veramente di non essere più lo zimbello della scuola.

Ora le persone non la guardavano più di tanto e lei cominciava ad abituarsi.

Ma la voce di quello che era successo in palestra, di quello che lei aveva fatto al professore Yidt, si era sparsa rapidamente, e ora, in mensa, le persone continuavano ad additarla e a sussurrare alle sue spalle.

Jane alzò mentalmente le spalle.
Come disse Kurt Cobain: preferisco essere odiato per ciò che sono, piuttosto che essere amato per ciò che non sono.

Sinceramente non le importava cosa avrebbero pensato di lei gli altri, "se ti focalizzi troppo su ciò che pensano gli altri di te, non vivrai mai" le aveva detto un giorno sua madre.
Be' aveva ragione.

Si sedette al solito tavolo da sola, Asya non era ancora arrivata.
Non l'aveva più vista da quando le aveva detto sì precederla in mensa, perché doveva andare in bagno.

Cominciò a mangiare convinta che l'amica l'avrebbe raggiunta a momenti, ma così non fu.

Chiuse gli occhi massaggiando le tempie, che avevano cominciato a pulsarle per i troppi pensieri che stavano invadendo la sua mente.

"Hai visto cosa ha fatto oggi??
Chissà dove ha imparato"

"Quella non è la ragazza che è arrivata la settimana scorsa??
Siamo sicuri che è stata lei a stendere Yidt??"

"Pensa che mi hanno raccontato che ha dei precedenti penali, altrimenti non si spiega come possa essere così brava..."

"Ha fatto paura persino a Asya.
Guardatela è rimasta sola, un po'mi fa pena".

Jane dovette stringersi forte i pugni, e serrare la mascella.
Odiava che gli altri dicessero cose su di lei senza conoscerla.
Odiava il fatto di suscitare la curiosità degli altri solo perché aveva steso un professore.

Stanca di stare da sola, e di tutti quei commenti su di lei si alzò dalla sedia di plastica, recuperò lo zaino e uscì dalla mensa sotto lo sguardo dei presenti.

Era decisa più che mai a chiedere scusa al professore, forse aveva un tantino esagerato, ma era stato lui a sfidarla.

Si recò in palestra dove sentì l'odore del professore, aveva però una sfumatura strana come se..... non sapeva come definirlo.

Quando arrivò davanti alla porta, stava per bussare, ma sentì un altro odore decisamente più familiare e si bloccò.

-Deve restare calmo-

Jane conosceva troppo bene quella voce.

Asya??

-Sto cercando di mantenere la calma, ma non ci riesco, è più forte di me, sta per uscire lo sento-.

-E invece non può, uscire, non deve uscire, siamo stati creati per difendere gli umani, non per ucciderli, noi non siamo come i vampiri-

Jane spalancò gli occhi.

Asya sapeva del soprannaturale??

-Ti conviene tenere a bada il tuo lupo Yidt, perché altrimenti te la vedrai con me.

E un Delta non può nulla contro un Beta, non dimenticarti con chi stai parlando.

Davanti alla classe lei può pensare di darmi ordini quanto le pare e piace.
Ma non dimentichi chi sono in realtà.

Porti rispetto per i tuoi superiori-

Ed Asya uscì dalla porta sul retro, sbattendola violentemente dietro di sé.

Jane era ancora sconvolta.

Non ci poteva credere.
Anche se quelle parole erano state sentite dalle sue orecchie, non ci credeva.
Non voleva crederci.

Ma la verità è che, a volte, si preferisce vivere nella menzogna.
Perché è più facile che accettare la verità.

Una verità che nel suo caso, cambiava le cose, drasticamente.

Asya era una varulv.

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