Overcome

By Blacksteel21

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Questo è lo spin-off di The Wayright, da leggere preferibilmente dopo aver letto la storia precedente. Berk... More

Capitolo uno
Capitolo 2
Capitolo 3
capitolo 4
capitolo 5
capitolo 6
capitolo 7
capitolo 8
capitolo 9
capitolo 10
capitolo 11
capitolo 12
capitolo 13
capitolo 14
capitolo 15
capitolo 16
capitolo 17
capitolo 18
capitolo 19
capitolo 20
capitolo 21
capitolo 22
capitolo 23
capitolo 24
capitolo 25
capitolo 26
capitolo 27
capitolo 28
capitolo 29
capitolo 30
capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
capitolo 59
Capitolo 60
capitolo 62. Epilogo

capitolo 61

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By Blacksteel21



CHRIS

Mancava una sola fermata per South Gate. Osservai il mio viso riflesso sul finestrino impolverato del treno, ero stato meglio di quel momento, avevo saltato troppi pasti, dormito male e raramente, avevo bevuto e assunto troppa roba, ma le occhiaie erano meno vistose e il colorito lievemente più roseo di quanto lo fosse stato in quelle ultime settimane. Mia madre si sarebbe preoccupata, non aveva idea di tutto quello che era successo, della mia totale perdita di controllo, avevo saltato la maggior parte delle lezioni, per la prima volta non avevo pensato neanche minimamente al mio futuro, mi ero lasciato andare alla deriva, non avrei saputo dire dove sarei arrivato se non mi fossi fermato in tempo, forse, in realtà, potevo immaginarlo ma preferivo non pensarci. Stavo per raggiungere la mia fermata quando il cellulare iniziò a vibrare nella tasca dei jeans. Sapevo chi era, dopo due lunghi giorni di silenzio e un messaggio piuttosto criptico, Tyler mi stava chiamando.

Ero incredibilmente sereno in quel periodo, era come se fossi sul punto di accettare qualsiasi cosa fosse successa da quel momento in avanti. Non era più come prima, mi sentivo diverso nonostante i miei sentimenti per lui non fossero mai cambiati, più maturo, più logico.

- Ehi - La sua voce era bassa, stentavo quasi a sentirla tra il vociare della gente che si preparava a scendere intorno a me.

- Ehi, va tutto bene? -

- Più o meno. Stai tornando a casa? -

- Sì, tu dove sei? - Gli chiesi

Non avevo neanche finito di parlare, la sua sagoma apparve davanti ai miei occhi mentre il treno rallentava ulteriormente per poi fermarsi un attimo dopo. Era sempre uno shock vederlo, soprattutto quando non ero preparato, probabilmente quella strana sensazione non sarebbe mai passata. Non mi sarei mai abituato a lui e a ciò che comportava averlo intorno, il mio cuore avrebbe sempre perso un battito ed il mio respiro si sarebbe mozzato per un istante.

Presi i miei due borsoni e scesi dal treno, Tyler mi stava venendo incontro, ammantato di nero come sempre. Stava fumando una sigaretta e sorrise appena nel vedermi.

- Che ci fai qua? - Chiesi, ero piuttosto stupito

- Sono venuto a prenderti - Disse semplicemente - Non mi sembra giusto odiarle per sempre queste fottute stazioni dei treni -

Il riferimento era chiaro, era proprio lì che mi aveva lasciato due estati prima, nel binario più avanti, se mi fossi voltato avrei visto lo stesso muro contro il quale ero crollato a piangere mentre la pioggia battente mi colpiva con violenza.

- Credi che si possa rimediare? -

Lo vidi fare spallucce - Forse? Non lo so. Ci si può provare almeno. -

- Parlo anche di me, di quello che ho fatto io ... - Ammisi, mordendomi le labbra, quel pensiero continuava a tormentarmi - ci ho pensato per tutto il tempo, quello che ho fatto, quello che ho detto s-su Caleb, io ti giuro che non lo pensavo, ero soltanto così furioso, volevo ferirti. -

- Lo so, l'ho capito subito, tranquillo - Guardai Tyler che fissava dritto davanti a sé, c'era una strana malinconia in lui, riflesso di quel terribile senso di colpa che provavo anch'io - Esiste un'altra alternativa al perdono, nel caso non dovessimo riuscirci ... sai anche tu quale sarebbe. -

Mi si mozzò il fiato in gola - Non mi piace -

- Non piace neanche a me - Disse in fretta Tyler. Sapevamo entrambi cosa comportava non trovare un rimedio, per troppo tempo ci eravamo privati della nostra presenza pur di rimanere saldi nelle nostre convinzioni. Avevamo vissuto stretti al nostro orgoglio e alla nostra rabbia ed eravamo riusciti soltanto a farci del male. Ed io ero stanco di star male.

- Tuo padre? Ieri non abbiamo avuto tempo per parlarne al telefono. - Volevo cambiare discorso, avevo bisogno di pensare ad altro.

- Non l'ho ancora visto, sono stato con mia madre, il suo nuovo tipo e Rachel in questi ultimi giorni. Comunque le sue accuse non sono così gravi da comportare un arresto. -

- Ha nascosto delle prove alla polizia -

Tyler annuì - Già, ma Caleb era maggiorenne, ha deciso di suicidarsi. E' stata una scelta sua, anche lui avrebbe potuto sottrarsi alle coercizioni di mio padre, ma non ci è riuscito, dobbiamo iniziare ad accettarlo. Per quanto Luis sia un pezzo di merda non è stato lui a costringere Caleb a togliersi la vita -

Quelle parole costarono caro a Tyler, era amareggiato, lo vedevo sul suo volto cupo.

- Ci parlerai? -

Un attimo di silenzio, vidi la tensione emergere dal suo corpo - Domani ... Lui vuole vedermi e non riesco a capire perché l'abbia fatto, perché parlare con la polizia dopo tutto questo tempo? -

- Lo ha fatto per voi - Dissi semplicemente, quello era chiaro come il sole - Sta cercando di espiare i suoi sensi di colpa, per la prima volta nella sua vita ha fatto qualcosa di veramente giusto e lo ha fatto anche per voi -

Tyler sospirò, era stanco, nonostante non mostrasse mai nulla capii che quella situazione lo aveva gettato nella confusione più totale.

- E' troppo tardi ormai, cosa vuoi che cambi per me? Ci ha distrutto, ognuno di noi, in modi diversi, ma ci ha distrutti. Lo detesto. -

- Rimane pur sempre tuo padre, Tyler - Era così e lo sapeva anche lui - E' giusto affrontarlo, non per lui, ma per la tua pace interiore. -

- Andrò a trovarlo e non mi sentirò un fottuto mostro, né mi giustificherò per quello che sono - La sua mascella era rigida e serrata, così come i suoi pugni.

Avrei voluto chiedergli se avesse avuto bisogno di me, volevo davvero, ma non lo feci. Dovevamo crescere, lo stavamo già facendo e affrontare le nostre più grandi paure da soli faceva parte di quel processo. Luis era sempre stato il demone personale di Tyler, una figura troppo potente e mostruosa, impossibile da affrontare, ancora di più da sconfiggere. Ma non era così, sotto quella scorza invalicabile c'era un uomo debole e impaurito, che viveva nella menzogna e nel buio. Tyler lo sapeva bene questo.

- Sei migliore di lui, lo sei sempre stato e lui lo sa. - Gli sorrisi, stringendo la mano fredda nella mia, doveva capirlo e accettarlo.

Mi mancava la sua auto, quel profumo di lavanda e doposole, poi quello più forte del suo profumo. Eravamo da soli adesso, non era necessario parlare, immediatamente allungai il mio corpo verso di lui che mi bloccò il volto tra le mani. Il bacio iniziò piano con una lentezza esasperante per poi sfociare nella nostra solita violenza, ero senza fiato quando mi staccai da lui, anche Tyler stava ansimando.

- Riguardo l'altra sera, sappi che non ho bisogno di riflettere, so cosa voglio, lo so dalla prima volta in cui ti ho baciato quella sera in piscina - Gli comunicai un attimo dopo, cercando il suo sguardo che adesso era fisso sulla strada davanti a noi. Aveva messo in moto, era rigido, c'era qualcosa che non andava.

- Tyler? -

- C'è prima una questione da mettere in chiaro -

Il mio cuore mancò un battito - Che questione? -

- Se sei stato con Romanov è perché ti piaceva per qualche inspiegabile motivo. Non lo avresti fatto soltanto per una questione di vendetta, non fa parte del tuo carattere questo, quindi come vogliamo metterla adesso? Posso stare tranquillo o devo aspettarmi qualche sorpresa? -

Ero confuso, Tyler stava mostrando veramente dell'insicurezza?

- Allora? - Mi incalzò, lanciandomi un'occhiata veloce quanto cupa - Sei sicuro di quello che vuoi? -

- Sì! Lo sono sempre stato - Chiarii, stringendo il suo braccio. Tyler sorrise appena, lo vidi scuotere la testa.

- Bene. Allora non si torna indietro. Io e te stiamo insieme ufficialmente, Wayright. Vedi di non farmi incazzare più, non sono incline al perdono. -

Ero confuso e sconvolto, per un attimo non riuscii a credere a quello che avevo sentito. Ero impazzito?

- Con insieme intendi -

- Non cominceremo a pomiciare in giro se è quello che pensi - Tyler mi fulminò con lo sguardo - ma farò in modo che tutti sappiano come comportarsi con te, Romanov farà meglio a girare alla larga, altrimenti il suo futuro consisterà in una sedia a rotelle e capacità intellettive ancora più limitate di quelle attuali, se è possibile. -

Mi venne da ridere, forse era lui quello fuori di testa - Come farai? -

- Se serve potrei anche pisciarti addosso per marchiare il territorio. - Commentò facendomi ridere ancora più forte

- Fai schifo, Bradbury! -

- Dov'è la novità? - Stava ridendo anche lui e io non riuscivo a fermarmi. Era una bellissima mattina di sole, la macchina filava via sull'asfalto, Tyler aveva allungato un braccio e lo aveva sistemato comodamente intorno alle mie spalle mentre guidavamo verso casa. Baciai la sua guancia con un lieve accenno di barba, anche i mostri a volte possono fare un giro in paradiso.

- Per le vacanze di natale ti va di passare a casa? -

Avevo osato troppo? Non lo sapevo, Tyler aveva la fronte lievemente corrugata - C'è anche quello stronzo di tuo fratello? -

- E' probabile. -

- Bene, metterò in chiaro un paio di cose anche con lui - Disse poi tornando con lo sguardo sulla strada, adesso decisamente più calmo.

Ero felice, lo ero davvero, pur non sapendo per quanto quella felicità sarebbe durata decisi di non preoccuparmene affatto, niente più paure e incertezze, avrei fatto di tutto per non ricadere nei miei sbagli. Strinsi la sua mano appoggiata al mio ginocchio e mi rilassai, godendomi i caldi raggi del sole sulla pelle.

ALEXEY

Non sentivo Ren da due giorni, qualcosa non andava, potevo percepirlo. Persino per un tipo come lui fare perdere le sue tracce in quel modo era fin troppo strano. Decisi di andare a cercarlo, non aveva risposto a nessuna delle mie numerose chiamate e il suo atteggiamento non faceva che darmi sui nervi.

Quando arrivai nel piano il corridoio era immerso nel buio, le lezioni erano finite quel giorno e la maggior parte degli studenti stava già abbandonando il campus per le vacanze natalizie. L'atmosfera era cupa, avevo una pessima sensazione, qualcosa infondo all'anima mi diceva che quella notte c'era puzza di guai. Bussai con forza sulla porta, ma dall'altra parte sembrava tutto troppo dannatamente silenzioso. Provai ad aprire e mi resi conto che la serratura non era chiusa a chiave, così potei entrare.

L'aria era rarefatta dal fumo, mi ci volle un attimo prima di mettere a fuoco la figura di Ren, se nestava sul letto con la schiena poggiata la muore ed un espressione vuota negli occhi.

- Ren? – Chiamai, non ero certo fosse in grado di sentirmi.

- Che ci fai qui? – Fu un sussurro che feci fatica a sentire.

- Che diavolo stai facendo? Sono giorni che non ho tue notizie – Usai il mio miglior tono di rimprovero ma la sua espressione non mutò.

- Sei stanco di leccarti le ferite e vieni da me adesso? – Tentò di assumere un espressione divertita ma non ci riuscì, era come se il suo viso non ubbidisse ai suoi comandi – Il tuo amato Chris ti ha usato e sputato, come ci si sente a essere la scelta di nessuno ... hai giocato davvero male le tue carte ... nel momento in cui hai ceduto ai sentimenti che provavi per lui hai perso tutto –

Incrociai le braccia e lo guardai con biasimo – Senti chi parla di perdere ... sei fatto o ubriaco? Oppure entrambi? Cristo Ren ... Sei un derelitto, vedo un solo perdente in questa stanza ed è sdraiato su letto e sopravvive a stento –

A quel punto rise, un gesto che gli costò molta fatica – Sopravvivere? Ti sbagli ... non è quello che faccio ... se il controllo è un illusione, allora non resta altro che sparire, toglierci di mezzo ... -

A quel punto si sollevò e ne fui spaventato, non sapevo perché ma qualcosa mi stava dando i brividi, forse quelle sue parole o quella camminata scomposta.

- Dovresti girare su te stesso e lasciare questo posto adesso ... - Mormorò.

Io fui tentato di seguire quel consiglio ma poi accadde qualcosa che mi lasciò totalmente impietrito, il corpo di Ren stramazzò al suolo. Si afflosciò su se stesso come se qualcuno avesse tagliato i fili e cadde violentemente, sbatté la testa contro il pavimento.

Raggelai, lanciandomi immediatamente su di lui, raccogliendo il suo corpo e stringendolo forte.

- Dannazione! Che cazzo hai fatto? Ren! Mi senti? Ren – urlai.

Ren era pallido, lo scossi con vigore cercando di svegliarlo ma niente. Ero terrorizzato, mi portai le mani al volto e cercai di ragionare in fretta perché ogni minuto era dannatamente prezioso a quel punto.

- Oh, dannazione. - in fretta e furia presi il mio cellulare e composi il numero di JJ, era la prima persona che mi fosse venuta in mente in quel momento. Il telefono squillava e squillava ma JJ non era intenzionato a rispondere capii, maledicendolo subito dopo.

- Che cazzo!! Va a fare in culo! – Urlai.

Ero disperato, Ren era immobile, qualsiasi cosa facessi sembrava del tutto inerte. Era in coma? Stava andando in overdose? Cosa diavolo aveva preso e da quanto tempo aveva quella merda in circolo?

Presi nuovamente il cellulare e chiamai l'ultima mia speranza di uscire da quella situazione assurda, di avere un qualsiasi aiuto.

- Roman! Devi aiutarmi, Ren ha fatto una cazzata, credo sia in overdose, i-io ... non so che fare ... stava parlando e poi è caduto a terra, io ... – Dissi quelle parole concitata mente appena sentii che il mio interlocutore aveva risposto alla chiamata.

- Alexey calmati - la voce di Roman era fredda e apparentemente tranquilla, era tutto ciò di cui avevo bisogno in quel momento - devi portarlo in ospedale, ok? -

- Se chiamassi un ambulanza tutto il campus saprebbe quello che è successo, l-lui verrebbe espulso ... – ero nel panico.

- Portalo in macchina con te e corri al pronto soccorso, io chiudo il locale e vi raggiungo! – Ordinò con voce ferma.

- G-grazie ... -

Ero in lacrime, stavo tremando mi resi conto, quanto il là si era spinto questa volta? Lo detestavo. Dannato pazzo.

Lo caricai sulla mia schiena e mi diressi velocemente verso l'ascensore, poi giù all'ultimo piano, lo gettai sul sedile posteriore pregando di non stare trasportando già un cadavere.

- Resisti, Ren. Non mollare – Mormoravo a denti stretti.

Sperai che non fosse troppo tardi, sperai davvero che quella tragedia che tanto cercava non fosse venuta a battere alla nostra porta proprio quella notte.


TYLER

Rachel era sull'uscio della porta, in evidente attesa che uscissi anch'io. Aveva trascorso un anno di merda esattamente come ogni altro Bradbury sul pianeta, la scoperta del suicidio di Caleb aveva sfondato una porta già aperta e distrutta, la vidi osservarmi per un po', portandosi la tazza di tè caldo alle labbra

- Non permettergli di giudicarti, qualsiasi cosa ti dica ... non permettere che ti tocchi. Tu sei molto meglio di lui. -

Non aveva aggiunto altro, né era necessario farlo, Luis mi aspettava nel parchetto semi devastato vicino casa, lo stesso in cui io e Chris ci eravamo incontrati parecchie volte. Ero teso, ma per la prima volta pensare ad un incontro con Luis non mi atterriva, non ero più una preda sulla quale avrebbe banchettato, ero un predatore anch'io adesso e non mi sarei comportato da vittima, non lo avevo mai fatto dopotutto. Accesi una sigaretta, un gesto che non avrei mai compiuto prima, Luis non voleva che fumassi, ma non gli dovevo più alcuna spiegazione sulla mia vita. Lui era lì, seduto sul muretto distrutto del parcogiochi, aveva sollevato lo sguardo verso la mia direzione, allertato dal rumore dei miei passi tra l'erba infestante. Era diverso, nonostante fosse fisicamente lo stesso uomo di sempre, non avrei saputo dire in che senso, c'era qualcosa di strano nel suo sguardo, niente della solita arroganza intrisa di orgoglio, sembrava quasi umano ... di certo non mi faceva più paura.

- Tyler - Era felice di vedermi, il suo sollievo era emerso da quel tono concitato - grazie per essere venuto -

- L'ho fatto per me, non per te. - Dissi senza degnarlo di un'altra occhiata - volevi parlarmi, no? Inizia a spiegarmi cosa credevi di fare con la polizia -

Ci fu un attimo di silenzio, non era facile trovare le parole, poi parlò, sembrava tentennante, ancora una volta mi stupì di ritrovarlo così totalmente distrutto- Volevo liberarmi di un peso, del più grosso macigno che mi ero portato dietro per tutta la vita, i miei sensi di colpa non mi hanno mai fatto dormire in pace, neanche per una sola notte, devi credermi - Luis guardava lontano, sembrava perso nei suoi pensieri - so che non potrete mai perdonarmi, non sto cercando il perdono, volevo solo trovare la pace e fare la cosa giusta, almeno per una volta sola.-

- Perderai il posto? -

- Non importa ... ho già perso cose ben più importanti del lavoro, ho perso voi ... -

- Ti sbagli, non ci hai mai avuti, non hai mai avuto il nostro affetto, Luis - Dissi, sprezzante.

- No, ti sbagli. C'è stato un periodo in cui le cose andavano bene, è durato poco, ma è successo. Eri troppo piccolo per ricordare, ma anche noi Bradbury eravamo una famiglia come tante altre -

E invece li ricordavo, erano stupidi flash, giornate da picnic sotto il sole californiano, pomeriggi al mare insieme ad altre famiglie, poi c'era stato un viaggio in Europa, a quei tempi Samantha e Luis non si detestavano, erano abbastanza felici, forse non innamorati, ma felici.

- Ho rovinato tutto -

- Sei sempre stato il migliore a rovinare tutto e questa caratteristica l'ho presa da te, papà - Era vero, mi ci rivedevo così tanto in quel vecchio stronzo che avevo davanti - ma per la prima volta in vita tua sei tornato sui tuoi passi e ci vuole coraggio per farlo, devo rispettarti. Questo è il motivo per cui ti detesto un po' di meno oggi -

- Tyler ... - Luis faticava a parlare, per la prima volta dopo la morte di Caleb mio padre sembrava in balìa di qualche emozione umana - voglio che tu provi a dimenticare tutto quello che ti ho detto l'ultima volta che ci siamo visti, perché se c'è una cosa di cui mi vergogno da fare schifo è il modo in cui ti ho trattato quando sei venuto a battere alla mia porta. Ero sconvolto e pazzo di dolore per quello che stava succedendo. -

- No, eri solo te stesso e stavi soltanto esponendo le tue idee riguardo quanto fosse disgustoso avere un figlio frocio, devi solo ammetterlo a te stesso, anch'io in quel periodo avevo un'opinione simile. Mi detestavo, provavo del profondo disgusto per quello che mi piaceva, mi compativo, cercavo di vincere quel bisogno, di sopraffarlo occupando il mio tempo in cose che riuscivo a capire e controllare. Come le donne ... ma poi ho capito che non aveva senso, chi vorrebbe vivere per sempre nell'infelicità? Neanch'io sarei così masochista da farlo. -

- Mi dispiace che tu abbia dovuto lottare da solo, Tyler - Luis si avvicinò a me a passi lenti, il suo viso era una maschera di dolore - mi dispiace che tu non abbia mai trovato alcun tipo di conforto o comprensione in me, in tuo padre, l'unico che avrebbe dovuto capirti e amarti per ciò che eri e che sei. Ma sono fiero di te adesso, lo sono perché sei riuscito a crescere nonostante i miei schifosi insegnamenti e sei di gran lunga una persona migliore di quella che saresti potuta essere se fossi rimasto sotto il mio controllo ... lo siete tutti, tu, Rachel, tua madre, perfino Caleb lo sarebbe stato -

Luis stava piangendo, dopo venti lunghi anni vedevo mio padre piangere come un bambino, singhiozzare di fronte ai suoi errori, rimpiangere ogni dannato istante che era riuscito a distruggere. Avevo pietà, una strana sensazione di compatimento per quella persona misera che era.

- Non è colpa tua se Caleb ha deciso di suicidarsi, avrebbe potuto opporsi a te, andare via ... stava male, aveva dei problemi che non avevano soltanto a che fare con te. Per quanto vale nessuno te ne fa una colpa in questo caso. - Perché lo stavo dicendo? Luis non meritava niente di tutto quello, chi ero io ad assolverlo dai suoi peccati? Avrebbe dovuto marcirci dentro ... ma Chris aveva ragione, rimaneva pur sempre mio padre.

- Devo andare adesso - Dissi, facendo qualche passo indietro, non volevo che mi toccasse, ma potevo quasi percepire la voglia che aveva di abbracciarmi. Non ero pronto, forse non lo sarei mai stato, il disgusto era troppo forte, così come il risentimento.

- Possiamo sentirci? Qualche volta mi piacerebbe rivederti, quando hai tempo ... -

Annuii, non riuscivo a guardarlo, era come osservare ciò che sarei potuto diventare anch'io se non fossi stato abbastanza attento. Era come vedermi con gli occhi del futuro, un uomo freddo e arido, capace soltanto di impartire ordini ad una famiglia che viveva nel terrore delle sue azioni.

Andai via a passi veloci, nascondendo le mani gelide all'interno del mio cappotto nero, stava iniziando a piovere adesso, il sole era nascosto da grosse nubi grigie che infestavano il cielo. Era andata, forse non sarebbe mai finita, come potevo liberarmi delle mie stesse radici? Ma Luis mi era servito da insegnamento, avrei preferito morire che commettere i suoi stessi errori.

Avevo sfiorato il cancello della villa dei Wayright, aggrappandomi poi con le mani intorno alle inferriate come la scimmia di uno zoo, Chris era già lì, stava sorridendo appena nel vedermi dondolare.

- Non hai lasciato la città dopo aver parlato con tuo padre, lo prendo come un segno positivo del destino. - Disse Chris a mo' di saluto dopo aver aperto il cancello ed essere venuto fuori

Portai gli occhi al cielo - Mettimi un GPS addosso se non ti fidi -

- Non mi tentare, Bradbury. Potrei metterti il guinzaglio -

- Oppure potrei farlo io, non abbiamo avuto tempo per sperimentare abbastanza, c'è quel sexy shop in fondo alla tredici che potrebbe fare al caso nostro. - Dissi con un tono malizioso che fece diventare Chris bordeaux - che c'è? Non vuoi essere il mio cagnolino per qualche ora? -

- Non sto arrossendo per quello - Ribatté con occhi intrisi di desiderio - ho appena scoperto cosa voglio per natale -

- Chi ti ha detto che voglio regalarti qualcosa? Ok, se proprio insisti avrai la mia foto autografata, quella che abbiamo fatto al lago e ti piace tanto -

- No, pensavo a qualcosa di più incisivo - Lo guardai, tra il confuso e l'eccitato, stava parlando di sesso, ma di cosa per l'esattezza?

- Voglio stare sopra. Voglio farti sentire cosa si prova. Regalami il tuo adorabile culetto, Bradbury -

Scoppiai a ridere immediatamente e non riuscivo a smettere - Tu sei pazzo, non ti ricordavo così spiritoso - Poi rimasi un attimo in silenzio, Chris non stava ridendo, sembrava piuttosto serio in realtà, i suoi occhi grandi erano intrisi di eccitazione, si morse le labbra - Aspetta un attimo ... -

- Te lo farò piacere! - Aveva un tono implorante

- Cosa?? No, te lo puoi scordare! Eri serio?? Porca puttana, eri serio! -

- E dai! Ti piacerà! Te lo assicuro. Ti preparerò per ore! Non ti farò male! -

- Col cazzo che ti avvicini a me! Non voglio - Chris mi stava stringendo adesso mentre provavo a liberarmi dalla sua presa - no, non ci provare, Wayright. Il mio culo è off limits, non si tocca. -

- Andiamo! Sarebbe il regalo migliore che potessi farmi -

- Ma io non ho mai detto di volerti fare un regalo - Ribattei, vedendolo mettere il broncio immediatamente. Iniziò a camminare a passo svelto - e non fare l'offeso! Accetta la sconfitta, non te lo do. -

- Perché no? Di cosa hai paura? -

- Dobbiamo veramente parlare del perché non voglia il tuo arnese dentro di me? - Ero sconvolto

- Beh, sì. Non sai cosa ti perdi - Chris mi puntò un dito contro - e sai, Alexey lo avrebbe fatto, ne sono sicuro.

- Non ci credo! - Avevo trattenuto il respiro adesso - non puoi averlo nominato veramente! Ti apro in due, Wayright. -

- Perché mai dovresti? Ho soltanto dato voce alla verità! Alexey sarebbe stato felice di accontentarmi -

- Infatti lo hai mollato per me, bella roba - Gli ricordai, portando gli occhi al cielo - trova un altro regalo per quest'anno, uno accettabile -

- Per quest'anno? - C'era della divampante speranza nel suo sguardo adesso - quindi questo potrebbe dire che in un futuro non molto lontano ... -

- Non ho detto niente del genere. - Stavo ridendo, era un pazzo, che diavolo gli era preso? Però mi divertivo, ero spensierato da fare schifo in quel momento e non stavo facendo niente di che. Stavamo passeggiando, non eravamo neanche troppo vicini, ma sentirlo ridere e rompere le palle era come riguadagnare qualcosa che avevo perso e mi mancava.

- Non importa quanto ci vorrà ma avrò il tuo sedere, Tyler Bradbury. Questa è una promessa. -

- Ricordami di non darti mai le spalle quando dormiremo insieme allora - Chris aveva riso forte, poi mi aveva assestato una spallata, alla fine gli avevo scompigliato i capelli e mi ero fermato a guardarlo per un po', beandomi di quella visione.

- Appena finiranno le vacanze chiamerò la Berkeley, tu vieni in stanza con me. -

- Presumo che non studieremo molto - Commentò Chris con quel tono basso e malizioso, mi sfiorò appena la mano, c'era una bella viuzza che terminava in un vicolo cieco poco più avanti, la stessa in cui avevamo fatto sesso qualche volta.

- Non ti farò neanche uscire dalla stanza per le prime settimane, Wayright ... - Avevo parlato con voce roca e intrisa di desiderio, prima di spingerlo verso il muretto fatiscente - non vedremo più la luce del giorno per mesi, sappilo - Poi baciai con forza, incontrando la sua lingua calda e vogliosa, intrecciandola alla mia in una danza fin troppo sensuale. Lo bloccai contro il muro, riempiendolo di baci sul collo coperto dal giubbotto.

- D-dio, quanto vorrei avere casa libera - Si lamentò in un gemito basso, poi ci staccammo l'uno dall'altro, stava passando della gente e cercammo di tornare in noi quel tanto che bastava per poter continuare a camminare.

- Domani Rachel e mia madre andranno a passare le vacanze dal suo tipo, quindi avremo un posto dove andare ... - Gli ricordai - nel frattempo è arrivato il momento di fare questa dannata uscita che la tua anima romantica chiamerà col nome di "appuntamento" -

Chris rise forte - Dove mi porti? -

- Al Celtic Druids a vedere il football ovviamente! Anzi siamo già in ritardo, la partita è iniziata da cinque minuti, muovi il culo Wayright -

- Oh, Tyler Bradbury sei il Dio degli appuntamenti - Disse Chris, portando gli occhi al cielo, ma in fondo era felice, glielo leggevo in faccia.

- Che c'è? Ti offro pure la cena, stronzetto. Vedi di mostrare un po' di gratitudine -

- Lascia che ti offra il dolce per il post serata - Non c'era alcun dubbio sulle sue intenzioni, non quando aveva iniziato a fissarmi come se fossi un enorme gelato che non vedeva l'ora di divorare.

Era difficile frequentare Chris, per il novanta per cento della giornata consisteva nel dover camminare con un'erezione perenne nei pantaloni, per fortuna il cappotto lungo riusciva a coprirla alla perfezione.

JJ

Il bagno comune era insolitamente deserto, ormai molti studenti avevano fatto le valige per tornare a casa. Quando uscii dalla doccia indugiai per un attimo davanti al grande specchio, ero così pallido, così triste, perché non riuscivo neanche a piegare le labbra in un espressione di circostanza? Solo per un attimo, per far smettere tutti di preoccuparsi per me, ma non ci riuscivo, quel confronto con Ren mi aveva portato via tutto, ogni energia.

Era rimasto solo un senso di vuoto e una profonda rabbia, il mio sguardo si posò sul mio ombelico e un altro conato di vomito salì lungo la mia gola. Il tatuaggio spiccava brutalmente sulla mia pelle chiara, quel fiore così innocente a un tratto si era trasformato nella mia tortura personale, quello lo avevo fatto per lui. Il giorno dei miei diciassette anni, volevo fare un tatuaggio e lui mi disegnò quello, lo fece per me e io ero scioccamente felice.

- E' un fiore di Loto? Cosa rappresenta? – chiesi entusiasta.

- E' una Ninfea, fiore di Ren ... mia madre adorava questi fiori, io porto il loro nome ... potrebbe rappresentare me, che ne dici? Ti va bene? –

Mi portai le mani al volto, troppo confuso da quei ricordi dolce amari per capire cosa stesse davvero succedendo, come poteva essere tutto una bugia? Come poteva aver fatto tanto per me e poi considerarmi meno di zero. Roman aveva ragione, sarei dovuto fuggire via tempo fa, ero stato uno sciocco che si era fatto marchiare ... come un animale. Carne di bestiame che sarebbe stata macellata senza rispetto, senza considerazione, ero solo un elemento sacrificabile per mantenere in piedi la sua folle visione, io ero come tutti gli altri e dovevo smettere di credere di essere speciale.

Le eccezioni non esistono per le persone ordinarie.

Tornai in camera mia alla fine, era scura e silenziosa, Matt non era lì, probabilmente sarebbe rimasto dal suo ragazzo. Mi distesi sul letto a fissare il soffitto, per me quando sarebbe arrivato il lieto fine? Poteva davvero essere Lyonel? Certamente lui si stava impegnando molto in tal proposito, eppure nella mia stupita vita mancava qualcosa, qualcosa di importante, qualcosa che aveva un nome che non volevo più pronunciare, che patetico essere umano che sei JJ, mi disse stizzito.

Poi sentii il cellulare vibrare e vidi il numero di Alexey comparire sullo schermo, un fremito di rabbia mi percorse il corpo. Stavano di nuovo cercando di coinvolgermi, di umiliarmi, di sfinirmi, staccai la chiamata, basta. Lasciatemi almeno il tempo di leccare le ferite, abbiate almeno questo genere di pietà ...

Restai molto tempo in silenzio e solo con me stesso, non seppi dire dopo quanto dovetti uscire da quello stato di torpore per rivolgere ancora una volta lo sguardo allo schermo del telefono. Mi preparai a chiuderlo nuovamente ma mi resi conto che era il numero di Roman. Mi misi a sedere sul letto confuso, forse si stava chiedendo come stessi, così presi la chiamata.

- Roman, come va? – chiesi cercando di mantenere un tono decente, per evitare di farlo preoccupare ulteriormente.

Quello non rispose subito, ci fu un minuto di silenzio – JJ ... non ero molto d'accordo con questa telefonata ... ma vista la situazione abbiamo pensato che fosse meglio avvisarti ... puoi scegliere di non venire, non devi farlo per forza ... -

- Roman? Ma di che parli? – il cuore cominciò a battermi fortissimo.

- Ren ... è in ospedale, un overdose ... gli stanno facendo una lavanda gastrica. –

- Dove? – disse la mia bocca prima del mio cervello.

- JJ ... ti abbiamo informato perché era giusto così – precisò – ma tu non gli devi niente ... -

- Mandami l'indirizzo, io chiamo un taxi, sarò lì presto –

Così fu, salii in quel taxi come se il mio corpo si muovesse solo, come se la mia stessa vita dipendesse dall'arrivare a quell'ospedale. La mia mente immaginava cose orribili, il suo corpo inerme e senza vita, i suoi occhi vuoti, dovevano salvarlo, fu tutto quello che riuscii a pensare in quei minuti di tragitto: Dio salvalo, lui non è degno del tuo regno, non è una di quelle belle persone che agogni di avere accanto ... pregai persino il Diavolo, che me lo lasciasse ancora qui, ancora a tormentare la mia vita, non potevo cederlo né al paradiso né all'inferno.

Entrai correndo attraverso la porta del pronto soccorso, mi guardai intorno impaurito e sperduto, non sapevo dove andare, poi in lontananza mi accorsi delle figure dei miei amici e gli corsi in contro.

- Dimmi che è ancora vivo! – urlai a Roman, che mi abbracciò prontamente.

- Va tutto bene JJ, sta calmo – disse tranquillizzandomi – è ancora dentro, ci hanno detto di aspettare, stanno facendo la lavanda gastrica, ha preso parecchia roba, è crollato davanti ad Alexey ... ha battuto la testa -

Fu in quel momento che mi voltai verso l'altra figura che mi fissava imbarazzato e desolato – l'ho portato qui il più velocemente possibile ... -

- Hai chiamato per questo? – sussurrai e lui annuì, mi si strinse il petto.

- JJ – mi chiamo Roman – so esattamente che faccia è quella, voglio che tu abbia chiara una cosa .... Tutto questo ... lui lo ha fatto solo per averti qui, lo sai, vero? Non azzardarti a sentirti in colpa per qualcosa ... la sua pazzia delirante non è una tua responsabilità –

Io abbassai lo sguardo e respirai profondamente, aveva ragione, non dovevo perdere la testa, questo doveva essere il suo ennesimo messaggio – questa storia avrà mai una fine? –

- Io ... non capisco – mormorò Alexey con la testa fra le mani, aveva ancora gli occhi sgranati, sembrava sotto shock, non aveva passato momenti piacevoli – eravate lì ... tutto era pronto ... e lui ha fatto il bastardo, ha scelto di mandare al diavolo tutto, perché questo gesto adesso? Dopo aver ottenuto ancora una volta il risultato che voleva –

- Non l'hai ancora capito? – intervenne Roman – lui non sa quello che vuole ... sa quello che crede di non poter sopportare, sa quello che non vuole, sa quello che pensa possa accadere ... Ren vive in un universo contorto che si è costruito e vuole rinchiudere tutto in quella visione. Respinge qualsiasi cosa non rientri in quel quadro – poi si sedette – distrugge se stesso, gli altri ... passa sopra ad ogni cosa ... ma non tutto può essere messo da parte, certe cose sono troppo importanti ...forse ha detto quelle parole a JJ per allontanarlo, ma in realtà ne ha un bisogno smisurato e questo è il risultato ... autodistruggersi per ottenere la sua attenzione, per consolidare il potere che ha su di lui ... questa è pazzia

- Questo è il regno di Ren ... - mormorai e poi spostai gli occhi lungo il corridoio, un medico si stava dirigendo verso di noi – ma finirà stanotte

L'uomo si parò davanti a noi con la cartella in mano – il ragazzo sta bene, sembra stabile, abbiamo eliminato le tossine e lo stiamo idratando con alcune flebo. La famiglia andrebbe informata, può farlo qualcuno di voi? –

- Io posso chiamare casa sua, vive con sua zia, non ha genitori – risposi, il medico annuì.

- Se qualcuno vuole entrare con lui può farlo, adesso è cosciente a malapena e dormirà per qualche ora ... uno alla volta, senza fare confusione – ci disse – sarebbe il caso che consulti qualche casa di cura, qualche gruppo di sostegno ... mi sembra troppo giovane per morire così ... cercate di sensibilizzare la famiglia –

Mi spostai di lato e composi il numero di casa di Ren, il telefono squillò per un po' e poi finalmente la voce assonnata di una signora rispose – pronto? –

- Grace? Sono JJ ... -

- Cos'è successo a Ren? – una domanda secca, come se non potesse essere altro che questo, quella donna conosceva molto bene il nipote ormai, non era nuova a quel genere di chiamate.

- E' in ospedale ... ma non è nulla di grave, insomma hanno detto che sta bene ... -

- Mi aveva detto di aver smesso – disse amaramente.

- Questa è l'ultima volta, glielo giuro – quelle parole mi uscirono con rabbia, eravamo entrambi esausti.

- Lo spero ... se parto ... non potrò essere lì prima di domani sera – continuò – devo chiamare l'ospedale per chiudere di sostituire il mio turno, devo chiedere ad un'altra infermiera ... -

- Non si disturbi, posso occuparmene io, stia tranquilla – la rassicurai.

- Spero ti ripaghi di questi sforzi un giorno, ragazzo ... non gli devi tutto questo – mormorò – mio nipote è tanto egoista ... abbiamo sofferto, ma non dovremmo far soffrire gli altri per questo -

Mi si strinse il petto – siamo entrambi egoisti, vogliamo tutti e due realizzare i nostri desideri a tutti i costi, forse ci meritiamo a vicenda ... torni pure a dormire –

Quando terminai la chiamata mi voltai verso i ragazzi, entrambi si sedettero nelle seggioline della sala d'aspetto, evidentemente toccava a me entrare e affrontare il risveglio del lupo.

La camera era piccola e in penombra, il letto era posizionato con la testiera contro il muro, a sinistra c'era un piccolo comodino con la lampada, i suoi vestiti erano risposti sulla sedia accanto insieme ad alcuni oggetti personali. Io mi diressi lì, avvicinai la sedia al letto e spostai gli indumenti, gli occhi mi caddero su una foto incastrata malamente nel portafoglio. Era una polaroid, la guardai con più attenzione, era stata scattata lo stesso giorno di quella che mi aveva regalato ma questa ritraeva solo me.

Non ricordavo che me l'avesse fatta, in quel momento stavo dormendo, ero steso sul suo letto, coperto unicamente dal lenzuolo leggero, avevo un espressione totalmente rilassata. Mi chiesi come mai avesse una mia foto e non me lo avesse detto, come mai la custodisse tanto gelosamente. Era parecchio usurata , come se l'avesse passata spesso fra le dita, sorrisi, doveva averla avuta fra le mani anche quella notte, era decisamente un imboscata.

Ad un tratto notai un movimento della sua testa ed osservai gli occhi aprirsi debolmente, ci volle un momento per far si che mi mettesse a fuoco ma poi capì che si trattava di me.

- Sei venuto ... a strisciare al mio capezzale ... - sussurrò con un filo di voce roca.

Fu un'altra doccia di umiliazione, seduto su quella sedia mi sentii immerso in quel sentimento tanto appiccicoso, ancora una volta mi ero esposto per lui e mi aveva sputato in faccia. Ma poi riaprì la bocca.

- Grazie ... -

Era stato un altro sussurro ma chiaramente udibile, lo guardai negli occhi, come per accertarmi che lo avesse detto davvero e lui sostenne il mio sguardo. Poi mosse un braccio lentamente, gli aghi della flebo lo avevano reso livido, sporse la mano e tentò di raggiungere il mio corpo con la punta delle dita. Io mi avvicinai e intrecciai la mia mano alla sua, in quel momento lo vidi sorridere debolmente, poi richiuse gli occhi e si abbandonò al sonno.

Era la prima volta che Ren mi diceva grazie.

Non ricordavo di essermi addormentato ma all'improvviso mi ritrovai a riaprire gli occhi e a sentirmi confuso, mi guardai intorno e mi accorsi di aver preso sonno senza accorgermene. Fuori era ancora buio, l'orologio nella camera faceva le cinque, rivolsi lo sguardo verso il volto di Ren e in quel momento mi accorsi che era sveglio e mi fissava. Spostò gli occhi sul mio viso, poi sulle nostre mani ancora stratte e infine sulla foto che avevo appoggiata sul grembo.

- Lascia perdere quella ... - disse quasi a volger negare la sua presenza, doveva sentirsi molto meglio.

Mi drizzai a quel punto, lasciai la sua mano e mi sollevai sopra la sua figura stesa a letto, con uno scatto rapido e preciso gli diedi un sonoro schiaffo sulla guancia. Lui rimase un attimo intontito, cercò di parlare ma io non gli diedi il tempo, presi immediatamente la parla.

- Non dire niente ... finiresti solo per dire un mucchio di stronzate di cui ci pentiremmo entrambi – sbottai – vuoi forse dirmi come stanno davvero le cose? Vuoi ribadire per l'ennesima volta cosa pensi di me? Lascia che sia io a dire come stanno le cose per una volta ... - il cuore mi batteva tanto forte da farmi male al petto ma la mia voce era ferma – possiamo smettere di fare finta di non sapere perché siamo qui, Ren ... possiamo smettere di accampare scuse e chiamare questo un tuo ennesimo tentativo di trascinarmi nella tua vita ... lo sappiamo entrambi e io sono qui come un idiota ma non ho intenzione di fare l'idiota ancora per molto – mi sedetti accanto a lui sul letto e i suoi occhi non smettevano di fissare i miei – sono venuto da te quel giorno e tu hai voluto giocare ancora a fare il superiore, ad essere il dannato Re solitario ... ma poi? Quando la tua solitudine ti ha inghiottito? Ti sei sentito perduto, ti sei sentito vuoto e come se ti mancasse qualcosa di vitale ... e sai come so questo? Perché succede anche a me, perché sono stato male in questi giorni, perché ho dovuto incassare un altro colpo da parte della tua perfidia e non ti nascondo che è stato devastante ... - mi passai una mano sul volto – tu sei un egoista bastardo, Ren ... a te non basta mai niente, nemmeno le tue stesse regole ... ti sei rinchiuso in una prigione mentale in cui stai diventando claustrofobico, non vedi come tutto sta andando in pezzi? Riesci a rendertene conto? Riesci a capire che ti stai uccidendo? –

- E cosa pretendi che faccia? – sbottò – che cambi me stesso? Che rinunci a quello in cui credo? Per diventare cosa? Chi? Il tuo uomo ideale? –

Scossi la testa con la disperazione nel cuore – non riesci a capire che non si tratta di me, Ren? Non devi accontentare me, devi solo capire cosa vuoi davvero! Senza auto sabotarti, senza impedirti di essere felice ... -

- Io ho già quello che voglio – ringhiò.

- SEI FINITO IN OVERDOSE – urlai a un tratto, incapace di sentire altre di quelle parole insensate – ti sei strafatto così tanto da finire qui! Stavi morendo, cazzo! Hai messo la tua vita a rischio solo per trascinare il mio dannato culo qui, invece di prendere il telefono e ammettere quanto tu sia stato un coglione! – le lacrime cominciarono a scendere sulle mie guance, ero esasperato – Mio Dio, questo è fottutamente malato, Ren ... come puoi credere che sia giusto? –

Restò in silenzio a quel punto, era questo il nodo, la totale incapacità di Ren di comunicare cosa provava realmente, senza mascheralo in una menzogna o in un raggiro. Vidi la sua mano accostarsi al mio viso e asciugare le lacrime.

- Non piangere ... - mormorò, il suo tono era velato di un alone di dolcezza che mi stupì - hai avuto paura? –

- Sì ... una fottuta paura di arrivare qui e dover vedere il tuo cadavere ... - ammisi.

- Sono troppo egoista persino per crepare e lasciarti in pace –

- Io non voglio che crepi, Ren ... vorrei solo che stessi con me ... - mormorai e mi distesi lungo il letto mentre lui si spostava di lato per farmi posto - vorrei che tu considerassi questa cosa come normale ... che capissi che noi due siamo diversi da chiunque altro e che io non ti farei mai del male ... che saresti al sicuro con me-

- Non sei tu il problema – confessò a mezza voce mentre stringeva il mio corpo avidamente, mi era mancato il suo abbraccio – sono io ... non saremmo mai una coppia normale, come le altre ... io non potrei mai dirti quelle cose, farti sentire amato ... io ... quando sento il bisogno che ho di averti ... la dipendenza che ho ... ne sono disgustato – fece una pausa – vorrei essere al di sopra ... vorrei essere intoccabile ... vorrei solo essere un corpo ... senza anima

Quelle parole mi stavano facendo rabbrividire, quel tono così amareggiato, non mi guardava, teneva gli occhi ben piazzati sul soffitto, sentivo il suo petto contrarsi sotto la mia mano.

- Ren ... di cosa hai paura? –

Quella domanda restò a galleggiare per un po', tanto che non credetti mi avrebbe dato risposta ma alla fine vidi la sua bocca aprirsi e le parole uscire in un sussurro.

- Di ucciderti

Fu allora che per la prima volta capii quale prospettiva dell'amore spaventasse Ren, ero sempre stato convinto che lui si ponesse dalla parte della vittima, come era successo a sua madre. Credevo che temesse di essere usato e annientato da un altro, di dare il suo cuore ed essere ridotto in schiavo, ma non era quello. Mentre passava i suoi occhi neri al setaccio di emozioni sul mio volto capii che lui era il carnefice, che la sua paura, ciò che gli faceva prendere le distanze dall'amore, era la prospettiva di essere come il padre, di cedere alla sua indole più oscura e fare del male a qualcun altro. Il motivo che lo aveva spinto ad allontanarsi da me era il timore di ferirmi in modo irrimediabile, capii che la paura di uccidermi era reale per lui, intrappolarmi nella gabbia delle sue regole era il modo che aveva di tenermi al sicuro da se stesso. Di mettere fra noi distanza sufficiente da impedirgli di attaccarsi a me tanto da distruggermi.

- Non sei lui Ren, siete diversi – risposi a tutto quel delirio che vedevo riflesso nel suo sguardo.

- Non lo siamo JJ, sono pieno di rabbia ... pieno di odio ... sento che vorrei fare a pezzi il mondo e questo si ripercuote sulle persone – era distante, la sua mente stava annegando.

- Ti serve solo un punto di equilibrio, un appiglio a cui aggrapparti per capire quando stai andando oltre ... io posso esserlo – gli dissi prontamente e gli strinsi la mano, lui ricambiò quella stretta.

- Queste gioie violente hanno fini violente – Mormorò distogliendo lo sguardo.

Mi vennero i brividi ma sorrisi – Shakespeare ... Romeo e Giulietta, giusto? - tornò a guardarmi ma io continuai prima che potesse parlare – Ho visto il libro per la prima volta nella tua camera ... mi era sembrato strano all'inizio, quasi incongruente con tutto quello che mi dicevi sempre sull'amore. Ma poi ... ho capito, dopo averlo letto ... e forse ne capisco ancora di più il significato in questo preciso istante ... amore che uccide, veleno, incomprensioni ... ha quasi senso, persino noi due in questo momento –

- Se conosci quelle parole e conosci quel racconto allora non dovrei aggiungere altro – il suo tono era amareggiato – se continui a starmi accanto, se ti proponi di essere il mio punto fermo, questo ti distruggerà ... fra noi due c'è troppo. Dentro di me ... c'è così tanto che mi rende dinamite e tu sei il mio dannato innesco -

- Quello che è successo il giorno del mio compleanno dovrebbe essere un esempio della tua distruttività? Mi sembra che io sia ancora qui però, in grado di respirare –

Ancora silenzio, vidi i suoi occhi perdersi nei ricordi, sentivo le sue dita farsi più strette sulla mia pelle, come se credesse che sarei sparito all'improvviso, come se temesse che quella notte fosse solo nella sua mente.

- Sono il peggio che un essere umano può essere ... ogni cattiva abitudine che esiste sulla terra mi appartiene ... non mi scuserò mai per quello che ho fatto, la mia stessa natura mi porta a toccare l'estremo - spiegò con stizza – guardati in torno, guarda Chris ... ero così furioso con Matt, con Alexey, era tutta colpa loro se te ne eri andato ... ti avevano messo tutte quelle voci all'orecchio, volevo che pagassero – lo sentivo stringermi la mano – quello che ho fatto a Roman ... per farlo tacere ... -

- Questo aspetto di te che fa paura agli altri è fra le cose che amo, anche la parte più scostante e detestabile di te, mi piace da morire. Il modo in cui fai terra bruciata per tenermi con te ... mi lusinga. - Ammisi, forse questo mi rendeva un essere umano meno buono, l'attrazione e l'amore che provavo per quell'uomo marcio forse rendeva anche me corrotto?

- Sono geloso di chiunque osi solo posare lo sguardo su di te – sibilò – anche solo per un istante ... vorrei che tu guardassi me tutto il tempo, vorrei che vivessi solo per me ... -

Sorrisi e mi voltai, puntai i gomiti sul letto e mi sollevai appena, per poter essere più in alto di lui ed incatenare i suoi occhi ai miei – e pensare che sei stato tu a mettermi tra le braccia di tutti quegli uomini ... è stato stupido perdere tutto quel tempo ... - mi abbassai a sfiorare le sue labbra – non mi sono mai sentito bene con nessuno di loro ... ho sempre desiderato solo la tua attenzione, Ren ... sin dalla prima volta –

Mi bloccò il viso fra le mani – quella notte al campeggio ... la nostra prima notte ... ero consapevole di quello che stavo facendo, sapevo che tu eri incosciente ... ma volevo prenderti a tutti i costi, volevo che mi appartenessi più che a chiunque altro, così ti ho fatto bere e fumare per evitare che potessi rifiutare ... -

- Lo so – ripensavo spesso a quella notte, a quanto poco la ricordassi ma alla sensazione che comunque mi era rimasta addosso, mi aveva fatto suo, aveva rapito la mia anima.

Detto questo mi gettai sulle sue labbra, bloccando le sue mani sul cuscino sotto le mie, fu un bacio lento all'inizio ma poi sempre più vorace. Era la prima volta che lo baciavo in quel modo dopo tanto tempo, forse anni, ero io a prendere l'iniziativa, a premere su quelle labbra, mi stava lasciando il controllo. Mi ritrovai a spostare il mio corpo per sistemarmi meglio, mi posizionai a cavalcioni sui suoi fianchi e attirai il suo volto sempre più vicinino. Le sue mani si mossero ad accarezzarmi la schiena, sentii le sue dita infilarsi sotto il mio maglione.

Ci staccammo solo quando l'aria cominciava davvero a mancarci e ci ritrovammo a sorridere, in quella penombra i nostri visi sembravano quasi quelli di due fantasmi.

- Mi rivuoi davvero nella tua vita, JJ? Roman ti ha riempito di saggi consigli ... dovresti dargli retta ... - sembrava ancora infastidito.

- Ti ha fatto arrabbiare, vero?– chiesi – il fatto che Roman si sia intromesso intendo ... hai detto quella cosa il giorno del mio compleanno ... sul fatto che avrei potuto cominciare a farmela con lui ... credi che fra noi ci sia qualcosa? –

Scosse la testa – ero geloso del suo scostante altruismo, vedere il modo in cui pensa solo al tuo bene, mi disturba ... quell'amicizia disinteressata ... io non ci riuscirei ... - mi accarezzò ancora la guancia – se fossi lontano da me pregherei ogni istante che ti capiti il peggio ... in modo da farti tornare ... -

Sorrisi – si anche io ... ero fuori di me quando avevi cominciato a uscire con Edward ... -

- Oh ... devo averlo spaventato a morte ... - disse sorridendo appena.

- Meglio così ... non si avvicinerà più – mormorai e poi scesi ancora a baciarlo.

Adesso che avevamo ricominciato mi resi conto di non voler più smettere, di desiderare che durasse per sempre. Mi voltai verso la finestra e mi accorsi che era quasi l'alba.

- Usciti di qui non toccherai mai più quella merda, Ren ... dico davvero ... anche se mi toccasse farti pisciare ogni giorno in un barattolo per assicurarmi che tu sia pulito – mormorai con voce ferma e incatenandolo al mio sguardo – insieme possiamo farcela, possiamo contenere l'esplosione ... Siamo diversi da due giovani sventurati che si affidano ad altri per tenere insieme il loro amore, che non hanno idea a cosa vanno in contro – Dissi ripensando a quel romanzo - possiamo scrivere un finale meno scontato per noi. Mettiamo ordine nel caos. -

- Allora avrai ogni parte di me da adesso in poi, hai scelto il tuo destino - disse e mi tirò giù, nuovamente sul materasso, mi fece aderire meglio al suo corpo- ora dormi con me, non sai da quanto tempo lo desidero ... –

Io mi lasciai avvolgere dal suo corpo, sentii il suo petto aderire contro la mia schiena, strinsi saldamente la sua mano e mi abbandonai al ritmo regolare del suo respiro. Per la prima volta Ren mi aveva comunicato un suo intimo desiderio, mi aveva dato accesso a quel mondo che aveva sempre tenuto sotto chiave e io ero direttamente coinvolto nei suoi bisogni. Lui mi desiderava, mi voleva con sé e io sarei stato all'altezza di quel compito gravoso. Ci eravamo svegliati finalmente, ogni difesa era crollata, ogni muro, ogni menzogna, quello era un inizio del tutto nuovo, del quale ero chiaramente consapevole. Non avrei più seguito Ren tenendomi nella sua ombra, io ero colui che camminava al suo fianco.

ANGOLO DELLE AUTRICI: Finalmente dopo inenarrabili fatiche siamo qui, a regalarvi questo epicocapitolo finale della storia più longeva che abbiamo mai scritto fino a questomomento. Ci sarà tempo per i ringraziamenti con l'epilogo che chiuderà questastoria. Nel frattempo ci auguriamo che i nostri Wayright & company viabbiano tenuto compagnia e perché no ... magari fatto ridere o tribolare oentrambe le cose :P
Grazie ancora di tutto,speriamo di sentirvi numerose.
P.S: La citazione che trovatenel POV di JJ è tratta da Romeo e Giulietta di William Shakespeare. Ve lalasciamo qui per intero: Le gioie violente hanno violenta fine, e muoiono nel loro trionfo, comeil fuoco e la polvere da sparo, che si distruggono al primo bacio. Il piùsquisito miele diviene stucchevole per la sua stessa dolcezza, e bastaassaggiarlo per levarsene la voglia. Perciò ama moderatamente: l'amore che durafa così.

- BLACKSTEEL
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