Enchanted ||VINCITRICE WATTYS...

By DK_Grimm

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Al prezzo di vivere un'esistenza tranquilla e soddisfacente, Blue Jones nasconde le sue passioni, i suoi desi... More

¤PROLOGO¤
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GRUPPO WHATSAPP
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Epilogo
RINGRAZIAMENTI
PRESENTAZIONE!

24 ¤BLUE¤

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By DK_Grimm

Improvvisamente mi ricordo di tutto: di Kevan che entra nella mia stanza, di lui che guarda i poster, di noi che balliamo e del dolore atroce. E poi del buio, del sonno senza sogni. E adesso cerco di guardare il mio primo Blocco, una piccola e lucente pallina argentata posta alla base della mia schiena, esattamente al centro. Lo guardo con un misto di terrore ed agitazione, perché non lo voglio più, quel Blocco. Temo sarebbe d'intralcio ai miei piani, temo mi corregga come una madre oppressiva ogni volta che faccio qualcosa di sbagliato. Mi sono accorta, nel momento stesso in cui sono venuta a conoscenza della sua esistenza, che non avrei avuto più alcun libero arbitrio.
Più o meno. -È la fine- mormoro al riflesso nello specchio.

-Oh, Blue: tu e i tuoi pensieri apocalittici- sbuffa la mamma, credo l'unica madre felice in tutta Ancestor's Hill che la figlia abbia un piercing magico. -È per il tuo bene! E poi è solo un piccolo Blocco, non ti impedirà di fare ciò che vuoi.

-E allora a che serve?

-Serve a punzecchiarti se fai qualcosa di moralmente ingiusto, mettiamola così.- Annuisce. Beh, teoricamente quello che farò stasera non sarà moralmente ingiusto, quindi...
Eccolo, il primo pizzico del Blocco. Proprio lì alla base della schiena, come una piccola puntura di spillo. Stringo le labbra e cerco di ignorarlo finché il dolore non si allevia. -E si possono togliere?

-Oh, beh, sì, ma potrebbe causare gravi effetti collaterali, quindi è meglio non provarci. Cosa ti metti per stasera?

Mi giro verso l'armadio, pensando che quei pantaloncini neri che non metto mai non stonerebbero per niente con un paio di calze strappate ed una delle camicie a quadri taglia XXL di papà. -Perché lo vuoi sapere?- chiedo sospettosa alla mamma. -E comunque, quali effetti collaterali?

-Perché sei mia figlia e voglio sapere come vai vestita alle feste- risponde alla prima domanda e si appoggia alla tastiera del letto, giocherellando con un bottone della sua camicia preferita. In momenti come questi sembra più un'amica curiosa che una madre e la cosa non mi dispiace: ultimamente questi sporadici atteggiamenti amichevoli sono scomparsi dalla nostra quotidianità. Il fatto che siano ricomparsi mi fa pensare che anche tutto il resto tornerà come prima. Poi però mi ricordo che sono per metà una fata e tutti questi pensieri vanno felicemente a puttane. -Paralisi o morte.

-Eh?- Smetto di fissare le mie gambe troppo magre e guardo la mamma. Lei si sistema una ciocca di capelli scuri come i miei dietro l'orecchio, un gesto che fa anche quando ha i capelli perfetti. -Paralisi o morte, gli effetti di una Rimozione. Perché lo chiedi, Blue?- Mi sorride in modo malizioso. -Volevi provare a strappartelo via?

-Assolutamente no!

-Bugiarda come il padre!- scoppia a ridere.

-Non è vero- borbotto poco convinta. Mi arriva un cuscino in testa. Supero velocemente lo shock e glielo rilancio, colpendola su una spalla. Lei ridacchia e si sdraia sul mio letto, stringendosi il cuscino al petto. Ha i capelli tutti in faccia, ma invece di sistemarseli comincia a soffiarseli via, disordinandoli ancora di più. -Quindi? Cosa metti?- riprova.

-Qualcosa mi inventerò...- mormoro, dirigendomi all'armadio per cercare i pantaloncini. -Voglio mettere in chiaro, una volta per tutte, che non ho intenzione di far parte del gruppo di Dorothy un minuto di più.

La mamma smette di soffiare, sedendosi e sistemandosi lentamente i capelli con le mani. -Perché? Mi hai detto che ti trovi a tuo agio con loro...

È vero, l'avevo detto, e forse ne ero anche convinta in quel momento... ma non mi sono mai sentita bene con quelle ragazze, con loro non ho mai provato quella complicità e quell'affetto che si prova solo tra amici. Non è mai successo e dopo questa serata non succederà mai. Non sto dicendo che loro sono troppo stronze o superficiali o insensibili, anche se lo sono davvero (ma è un altro discorso, quello)... sto dicendo che non sono ciò che cerco e che, se continuerò a frequentarle, non sarò mai felice abbastanza. Sono stufa di divertirmi a modo loro, con i loro piccoli furti al centro commerciale e i pigiama party e la musica di merda che mi obbligano ad ascoltare. Voglio divertirmi a modo mio, fare le cose a modo mio, senza l'ansia costante di fare la cosa sbagliata. Voglio potermi pentire di aver fatto qualcosa di sbagliato senza l'influsso di qualcun altro (o la sua punizione) e voglio sentirmi soddisfatta senza dover per forza ringraziare qualcuno al di fuori di me stessa. Questa sera avrei chiuso un capitolo breve ma importante della mia vita e l'avrei chiuso divertendomi, con o senza Blocco. Ora che lo ho mi sta proprio sul cazzo, davvero, non riesco a capire perché prima lo volessi... ok, probabilmente perché ero spaventata da quello che avrei potuto fare, ma è passato del tempo e non ho ancora ucciso nessuno, no? Pizzichi o no, questo Blocco vuole intralciare il mio libero arbitrio e la cosa mi innervosisce e non poco. -Sì, mamma, mi piacevano... ma mi sono stancata.- Scelgo accuratamente le parole da usare, non voglio che la mamma sospetti nulla e neanche che si preoccupi troppo: ho tutto sotto controllo. -Cerco qualcos'altro, vorrei parlare con altra gente, fare altre cose...

Lei mi guarda con i suoi grandi occhi neri. Sembra voglia scandagliare la mia anima alla ricerca di... qualcosa che, cavolo, non so neanche io cosa sia, ma alla fine si rilassa e sorride dolcemente. -Va bene, Blue... basta che non ti cacci nei guai. Specialmente con le fate. Viviamo in mezzo agli umani per un motivo.

Ho trovato i pantaloncini e adesso li infilo senza difficoltà sopra le calze strappate, cosa che mi preoccupa perché fino a due mesi fa mi stavano stretti. -Cosa intendi?- chiedo con cautela. Non ho intenzione di chiederle della Caccia Selvaggia, non in questo momento, ma se me ne parlasse... se me ne parlasse rimarrei qui anche tutta la notte ad ascoltarla e al diavolo Dorothy. L'argomento mi suscita un tale interesse che quando guardo mia madre sto quasi per vuotare il sacco, ma poi lei mi interrompe balzando in piedi come se avesse preso una scossa al sedere ed uscendo dalla mia camera quasi correndo. -Torno subito, aspetta!- urla, svoltando a sinistra e sparendo dalla mia vista. Rimango immobile per un secondo e poi scoppio a ridere: quando fa così è peggio di Nina, ecco perché loro due andavano tanto d'accordo!
Già. Di Nina. Stringo la canottiera che ho in mano e sospiro lentamente, per calmarmi. Ogni volta che penso a lei mi coglie un'agitazione destabilizzante. Il bello è che lei è dappertutto, in questa casa. È cresciuta con me, i suoi vestiti avevano lo stesso profumo dei miei, il profumo di questa casa. L'inizio della fine si può attribuire al suo trasferimento, al momento in cui è salita in quella maledetta Volkswagen e si è allontanata, lei e la sua famiglia sgangherata... se si può definire famiglia.
Ok, non sono proprio la persona giusta per parlare della 'famiglia perfetta', ma almeno non ho una madre che mi regala chewing-gum a Natale.

Mi sbrigo ad infilarmi la canottiera e poi la camicia a quadri bianchi e neri di papà, mi sistemo i capelli (questo dovrebbe essere uno chignon ma è più un nido di uccelli post-apocalittico), mi infilo i miei fedeli anfibi neri e faccio per uscire dalla camera nello stesso momento in cui la mamma cerca di entrare. -Ti avevo detto di non muoverti!

-Scusa!- Alzo gli occhi al cielo, ma sorrido. La mamma mi ammonisce con lo sguardo, poi sospira e tira fuori un paio di occhiali. Sembrano normali occhiali da sole tondi, dalle lenti scure e vagamente rétro. Sono in condizioni perfette, infatti non li ho mai visti su di lei. Deve averli conservati per tutto questo tempo. -Allora, ti piacciono?

-Ehm...- cerco di trovare le parole giuste, imbarazzata. -Sono occhiali da sole.

-Sì, esatto- La mamma sorride raggiante.

Ok... -Cosa me ne faccio di un paio di occhiali da sole di sera?

-Oh...- ridacchia, rigirandosi l'oggetto tra le dita. -Ma questi non sono normali occhiali da sole. Nel senso, certo, puoi usarli per ripararti dal sole, ma hanno anche un'altra funzione.- la mamma entra in camera, chiudendosi la porta alle spalle. C'è qualcosa di stranamente segreto in ciò che stiamo facendo, quel genere di segretezza che aleggia nell'aria durante un cupo colloquio tra due scippatori di portafogli. -Quale altra funzione?- chiedo e quasi mi viene da chinarmi e sussurrare.

-Tu non sei ancora in grado di distinguere l'odore di una fata da quello di un ibrido o di un umano.

Impallidisco. -Quindi, per tutto questo tempo posso essere stata con una fata e non me ne sono mai accorta...- Ma è ovvio, mia madre ne è la prova. Tutti potrebbero essere delle fate e io non lo saprei, potrei ritorvarmi, un giorno, a condividere un ascensore con una fata e non lo saprei mai! -Tranquilla, piccina: imparerai con il tempo- Mi rassicura. -Nel frattempo, però, avrai bisogno di questi.- Solleva gli occhiali, porgendomeli. Io la guardo scettica, dopodiché afferro l'oggetto. Non mi fido molto, infatti tentenno prima di infilarmeli.

-Cosa vedi, Blue?

Punto lo sguardo sulla mamma e caccio uno strillo, gettando gli occhiali per terra. -È stato... ma che... ma che diavolo...- Posso parlare benissimo di diavoli dato che sulla testa di mia madre ho visto un paio di lunghe corna cervine! -Cosa significano quelle corna?!

Lei mi incenerisce con lo sguardo, raccogliendo gli occhiali e controllando se ci siano graffi sulle lenti. -Sono le mie corna. O meglio: erano. Non mi cresceranno più.

-E perché? Aspetta, aspetta un momento- Nella stanza cala il silenzio. Ho bisogno di un attimo di silenzio, il mio cervello sta per esplodere. Corna. Corna. Ok. Ok, Blue, sì: hai visto un paio di corna fantasma sulla testa di tua madre, corna di cervo, grandi ed appuntite. Va tutto bene, è tutto a posto! -Perché ho visto ciò che ho visto, mamma?

-Perché questo è un oggetto magico, Blue. Le corna che hai visto crescono sulla testa di qualunque essere fatato e gli occhiali le vede prima del momento debito.- La mamma sorride mestamente. -Sono bellissime. Le corna sono la rappresentazione della nostra anima, Blue.

-Hai detto che a te non cresceranno più, perché?- riprendo in mano gli occhiali, osservandoli meglio. Normali occhiali da sole dalle lenti tonde. Non capisco come una cosa magica possa sembrare un oggetto normale, quasi banale.
Beh, forse è anche questa la cosa che lo rende magico: il non sembrarlo.
La mamma sorride, arrossendo lievemente. -Tuo padre. Tuo padre mi ha rubato l'anima. Il cuore. Tutto.- Esita e io vedo dolore nei suoi occhi. Non so perché e vorrei chiederglielo, ma all'improvviso lei riprende a sorridere. -Le corna crescono durante la Stagione, a partire dal quindicesimo compleanno. Crescono ogni anno finché non si trova la propria anima gemella: a quel punto cadranno e la tradizione vuole che una fata doni le proprie corna al suo innamorato, o innamorata, in modo che questo... o questa... protegga la sua "anima". Quando una fata vuole lasciare un'altra fata, basta che le restituisca le corna... insomma, sono come degli anelli di matrimonio naturali.

Annuisco. -Quindi in questo periodo dell'anno...

-La Stagione.

-La Stagione... a tutte le fate crescono le corna, giusto? E allora perché a me non è ancora cresciuto niente? Nel senso, ho diciotto anni e sono per metà fata, non dovrei aver notato qualcosa?

-Tu sei un'ibrida, è una faccenda diversa. Riconoscere un ibrido sta tutto nell'odore, senso che tu non hai ancora sviluppato... il tuo non è minimamente capace di distinguere gli esseri fatati dagli ibridi. Ma ci lavoreremo- tenta di rassicurarmi prima che mi agiti, anche se segretamente sto per andare in cortocircuito. Immagino già il dottore che dice a mia madre che sono morta e mia madre, in lacrime, che chiede la causa del decesso; il dottore, pallido e stanco, dopo una pausa seriosa, risponde in tono grave e lapidario: 'ansia, signora'. Devo scrivere un testamento, non si sa mai.

-Questi occhiali sono solo per precauzione, dato che Kevan sarà lì con te. Da quello che ho capito, anche... anche Nereus. Meglio di niente, perché sento che qualcosa sta per accadere. E non è qualcosa di bello.

Prima che possa chiederle spiegazioni la mamma mi spinge dalla schiena, facendomi quasi inciampare sulle scale. -Mamma!

-È tardi!- dice lei, continuando a spingermi. Quando arrivo alla fine della rampa, Kevan e Nereus sono già alla porta che mi aspettano. Mi blocco, notando che come al solito per loro le magliette sono un optional. -È inammissibile che veniate così. È una festa di liceali, non un... un locale di spogliarellisti fatati!

Nereus abbassa lo sguardo sui pantaloni lerci, guardandomi poi confuso. -Ma non mi sono dimenticato i pantaloni. Aspetta... Kevan, è una delle tue maledette illusioni?- e lo spinge dal petto. Kevan rimbecca, spingendolo a sua volta. -Sono i tuoi pantaloni, stavolta!

-Se avete intenzione di entrare in una casa piena di adolescenti idioti, dovrete vestirvi come due adolescenti idioti!- mi sembra di parlare a due bambini.

-Che palle- sbotta Nereus. Kevan sbuffa, fingendo debolmente di calciare qualcosa. Non hanno neanche un paio di scarpe, dannazione.

-Come pensavi di nascondere tutte quelle cose che ti si muovono sulla pelle, Kevan?- Voglio proprio sentire.

-Con un'illusione...

-Usare i tuoi poteri quando puoi evitare di farlo non ha senso.- La mamma risale velocemente le scale e io becco Nereus che le fissa il fondoschiena. Non so come, ma il vaso di rose che io e la mamma abbiamo appeso al soffitto mesi fa si agita e lo colpisce dritto in testa. -Ahio!- mugola la fata, spostandosi di qualche passo.

-Sono stata io?- mormoro, confusa.

-Mi dichiaro colpevole- dice Kevan, sorridendo raggiante. Nereus emette un suono lamentoso e lo spinge via. -Sei un coglione, ecco...

-Adesso incrocia le braccia e metti il muso, Nessie.- Kevan fa un'imitazione dell'amico, dopodiché scoppia a ridere.

La mamma torna da noi con due camicie, che da alle fate. Noto che esita nel porgerla a Nereus, il quale però le sorride. E le sorride in un modo strano, un sorriso seducente.

-Come va con il Blocco?- la voce di Kevan mi spinge a distogliere lo sguardo dalla strana scena.

-Mi da fastidio il pensiero che stia lì a pizzicarmi quando faccio cose moralmente ingiuste. Non è giusto!

La fata sorride e la lampadina dell'altrio riflette la propria luce su un Blocco posto esattamente al centro del suo labbro inferiore. -Quando ti ci abitui non sono così male.

-Come fai ad averne così tanti, come fai a sopportarli?

Passa un attimo prima che risponda in tono cupo: -Certe volte me lo chiedo anche io, poi penso che potrei uccidere qualcuno solo con un pugno e... la cosa mi terrorizza.

-Hai spinto Hector contro la porta della mia camera, gli avrai fatto male!

-Anche io mi sono fatto male.

-E ti sta bene! Hector è mio amico e...

-Oh, lui è tutto fuorché un amico. Vuole solo portarti a letto.

-Ti sbagli.

-Vedremo.

Non voglio litigare con lui, quindi ingoio gli insulti che voglio sputargli in faccia e comincio ad abbottonargli la camicia. Lui ammutolisce di colpo, arrossendo lievemente mentre gli sistemo il colletto. -Indossiamo tutti e tre una camicia, hai visto?

-Mio padre ha dei buoni gusti in fatto di vestiti.- Sorrido lievemente e subito dopo lo fa anche lui.

-Cos'hai intenzione di fare alla festa?- mi chiede. -Continuo a pensare che non sia una grande idea, sai? Sento che...

-Kevan.- Sollevo gli occhi dal bottone con cui sto armeggiando e lo guardo. -È solo una stupida festa. Nessun pericolo.

Un guizzo della sua mascella mi fa capire che non è tranquillo come dovrebbe. -Hei.- Gli appoggio le mani sulle spalle cercando di rassicurarlo e lui abbassa gli occhi dorati su di me, guardandomi attraverso le lunghe ciglia scure. C'è qualcosa di così agitato nei suoi occhi, nel suo viso, nel suo corpo. È tutto così teso, pronto a scattare come se fosse braccato da un cacciatore. O come se fosse lui, il cacciatore. Devo cercare di calmarlo, di distrarlo almeno per un po' da chissa quali pensieri. -Sai cosa mi ha dato mia madre?

-Un paio di scarpe nuove? Metti sempre le stesse.

-No... e in ogni caso non mi puoi dire niente, dato che tu e il tuo amichetto portate sempre lo stesso paio lercio di pantaloni!- gli rinfaccio. Addio discorso interessante, benvenuti commentini idioti! Va bene, vedrò le sue corna alla festa.

-Se fosse per noi andremmo in giro nudi- disse molto semplicemente. Scuoto la testa, lottando con un bottone.

-Non serve che li abbottoni tutti.

-Beh, forse voglio abbottonarli tutti- sbotto.

-E perché mai?

-E perché no?

-Ma io ti ho chiesto perché.

-E io ti ho risposto. Se non ho risposto nel modo in cui tu speravi non è certo colpa mia.

-Sicura?

-Assolutamente.

-Perché dovrei abbottonarmi tutta la camicia, Blue? Perché non posso fare così... ?- Ed agita in modo lento le dita della mano sinistra: il primo bottone si sbottona, lasciando scoperto quel suo magnifico punto al centro delle clavicole. Kevan comincia a canticchiare una canzone che riconosco subito. Deep Six. È quella che stavamo ascoltando nella mia stanza prima che mi mettesse il Blocco. Appena capisco che sto per mettermi a canticchiare con lui, mi impongo di stare zitta e con rabbia gli riabbottono il bottone. -Non puoi perché no- sbotto.

-E perché no?

-Perché sì?- sibilo.

-Perché mi va.- Aggrotta la fronte.

-Beh, non sempre puoi fare ciò che ti va!

-Costringimi a fare ciò che non voglio fare, allora.- Ma perché lui riesce a rimanere calmo e io sto per esplodere dalla rabbia? Sento un pizzicore sul labbro inferiore, me lo tocco con la lingua. Il Blocco è lì. Maledizione. Comincio a mordicchiarlo con i denti cercando di staccarlo, ma niente: è sempre lì. -Cazzo- ringhio.

-Beh, sì, qui ce n'è più di uno, se vuoi- commenta Kevan e Nereus ridacchia. Li fulmino entrambi con lo sguardo. Non capiscono la mia frustrazione! -Bene!- Mi guardo allo specchio sulla parete imprecando contro il Blocco sul labbro, dopodiché abbraccio la mamma ed esco di casa. Una folata di vento notturno mi scompiglia ancora di più i capelli ed è una sensazione fantastica. È fantastico non doversi più preoccupare di avere i capelli fuori posto o di indossare un vestito che si abbini alle scarpe di Dorothy. Per la prima volta dopo mesi posso dire di sentirmi libera, libera e unica.

-Che ne dici di una gara?- sussurra Kevan al mio orecchio. La sua voce è suadente, la proposta è un eccitante invito ad infrangere qualsiasi regola, legge, divieto. Guardo Nereus: saltella su una staccionata con le mani dietro la schiena, la zazzera di capelli verdi e neri che ondeggia al vento. Vedo che tra le mani tiene un sacchettino giallo e grazie al mio finissimo udito sento cozzare tra loro le caramelle colorate. In quel momento Nereus si gira, camminando all'indietro con un'eleganza disumana. È consapevole di ogni singola parte del suo corpo e sa usare benissimo ognuna di esse. Io e Nereus ci fissiamo, in bocca tiene mollemente una sigaretta spenta. I suoi occhi sono dorati quasi quanto quelli di Kevan, ma più scuri, meno limpidi. Non sembrano volerti leggere l'anima come quelli dell'altra fata, sembrano sapere già cosa ci sia nella tua anima, ed è anche peggio. Lentamente, Nereus prende la sigaretta tra le due dita, la gira e la lecca, sempre guardandomi ad occhi socchiusi, attraverso ciglia un po' più corte di quelle di Kevan. Non so cosa voglia Nereus da me né che cosa stia pensando. Senz'altro cose losche. Però non mi preoccupa, anzi: mi fa sentire in qualche modo parte di un qualcosa. Un qualcosa di cui voglio far parte dopo mesi. È una sensazione inebriante.
La sigaretta di Nereus si accende non appena lui la allontana dalla sua lingua. La fata mi sorride e mi fa l'occhiolino, ritornando a camminare normalmente... per quanto si possa sembrare normali quando si cammina su una staccionata.

-Allora? Vuoi o no?- chiede Kevan. Io lo guardo, guardo i suoi occhi dorati e luminosi, guardo i suoi capelli blu tutti scompigliati, guardo il suo portamento elegante e felino e mi chiedo se le fate siano tutte meravigliose come lui e Nereus. Mi chiedo se continuino ad essere meravigliose anche quando ti riducono il cuore in una poltiglia sanguinolenta e ci camminano sopra. Lo sono anche quando ti uccidono unicamente per divertirsi?

Ma non è questo il tempo delle domande, non stasera. -Prova a prendermi- lo sfido, dopodiché, ridendo, lo spingo e mi allontano correndo.





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