28 ¤OLIVER¤

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'Sono un finocchio'.

Il ragazzo fissa il biglietto in una sorta di trance, poi stringe la mascella e lo stacca dal tessuto stinto dello zaino, sul quale rimane appiccicata della colla. Oliver tenta di grattarla via ma non ci riesce, così butta lo zaino sotto la scrivania e si sdraia sul letto. -Sono bisessuale, stronzi- mormora. La stanza di Oliver Kelly è la stanza di un adolescente qualunque, tranne che per il soffitto: su di esso ci sono attaccate centosessantaquattro stelle che si illuminano al buio e che lui conta quando non riesce a prendere sonno. Il pavimento invece è disseminato di libri e vestiti e croste di pizza. Sua madre si chiede sempre come abbiano fatto a scampare ad un'invasione di formiche affamate di cibo stantio.
Il ragazzo cerca il contatto di Vanalika sul suo telefono e, per più o meno la sedicesima volta, la chiama. -Niente- sbotta, abbandonando il telefono sul letto. La ragazza non risponde al telefono dal giorno precedente e Oliver ha un gran brutto presentimento. Sospirando, si alza dal letto ed afferra una maglietta a caso buttata per terra. La scrolla dalle briciole, la gira in modo da non infilarsela al contrario e poi la indossa. Per un attimo la testa fucsia non ne vuole sapere di infilarsi, ma poi, con qualche imprecazione e qualche brusca contorsione, Oliver riesce nel suo intento. Afferra cellulare e cuffie e se li infila nella tasca degli skinny neri, si calca un berretto a righe in testa - quello che gli ha regalato la nonna per il suo ultimo compleanno, a righe nere e blu - ed esce dalla camera, scendendo i gradini a due a due. La brutta sensazione gli rimane appiccicata alla pelle come sudore. -Io esco!

-Oliver Steven Kelly, dove pensi di andare?- Una signora alta e dai capelli corti esce dalla cucina, asciugandosi le mani con uno straccio.

Il ragazzo alza gli occhi al cielo. -Vado a spacciare droga.

-Oliver...

-Vado da Vanalika, come al solito.

La signora Kelly smette di asciugarsi le mani e lo guarda stupita. O meglio, più del solito. I suoi occhi marroni sono sempre sgranati, fermi in un'infinita espressione sorpresa. -Ma, Ollie, non hai sentito il telegiornale?

-Mi fa schifo il telegiornale.

-Non ti ho chiesto se ti piace, ti ho chiesto se...

-No, non ho visto il telegiornale.- Il ragazzo si gira verso la porta di casa, ma sua madre lo blocca per un polso. -Non puoi andare, probabilmente non sono in casa... Oh, Ollie, ti dico sempre di guardare il telegiornale!

-Cosa ha detto di così sconvolgente, il telegiornale?

-Una cosa davvero brutta, davvero, davvero brutta...

Oliver attende ansioso che sua madre continui il discorso, ma lei riprende ad asciugarsi le mani e torna in cucina. Il ragazzo rimane immobile nel corridoio per qualche secondo, dopodiché impreca non troppo silenziosamente e segue sua madre. -Cos'è successo?- Sua madre tende ad estraniarsi dal mondo quando accadono cose gravi e questo fomenta solo l'ansia del ragazzo.

-Il signor Delley non c'è più.

Oliver la guarda confuso, avvicinandosi al bancone sul quale ella sta affettando un pomodoro. Le mani le tremano un po'. - È andato via? Dove?

-Via per sempre.- La donna sorride nervosamente. -Via, nei giardini fioriti del Signore...

Il ragazzo la fissa per un lungo istante, quindi schizza verso l'uscita, si sbatte la porta alle spalle, afferra la bici e parte a razzo verso casa Delley.
Conosce talmente bene la strada che potrebbe percorrerla ad occhi chiusi, ma preferisce non tentare la sorte: non è tempo di giocare e la strada è costellata da crepe terrificanti e micidiali buche. Ancestor's Hill è sempre apparsa una città fantasma, ma in quello strano e caldo pomeriggio di fine aprile le vie sembrano ancora più deserte. Tutte le macchine sono parcheggiate nel proprio vialetto, le finestre sono accuratamente coperte con tendine di pizzo e i nani da giardino, paffuti e sorridenti e perfettamente lucidati, compiono le loro eterne mansioni, immobili come solo delle cose inanimate sanno essere.
Oliver aumenta la velocità. Il sole batte insistentemente sul suo berretto, scaldandolo e facendo sudare il ragazzo.
Quando arriva a destinazione - un campo sterrato con al centro una casa di piccole dimensioni -, il ragazzo butta la bici in mezzo alle erbacce e bussa alla porta di legno. In fondo alla strada c'è una volante della polizia che splende sotto il sole. Oliver ricorda di aver avuto una macchinina identica a quella, ricorda di averci giocato, poi ricorda di averla gettata fuori dalla finestra e di non averla mai più rivista. È più o meno da quel momento che ha cominciato a pensare che la polizia in generale facesse schifo.
Egli bussa per la terza volta, imprecando. La porta si apre e compare Vanalika. -Sia lodato chiunque ci sia lassù!- Il ragazzo la tira a sé, abbracciandola forte. -Mi dispiace tanto,- mormora, -nonostante tutto ciò che ti faceva, mi dispiace tanto.

La ragazza vorrebbe dire qualcosa ma le parole le muoiono in gola, così chiude semplicemente gli occhi e si aggrappa alla maglietta del suo migliore amico. Di più non riesce a fare, non può fare.

-C'è la polizia- sussurra lui. Vanalika annuisce.

-È uno schifo come immaginavo?

La ragazza annuisce ancora.

-E sanno di ciambella?

La ragazza singhiozza lievemente ed Oliver la abbraccia ancora più forte, perché per adesso è tutto ciò che può fare. È tutto ciò che lei vuole. -Andrà tutto bene...

-Non andrà tutto bene.- La ragazza si allontana da lui e si asciuga gli occhi con la manica della maglia nera. Ha il volto rosso, gli occhi gonfi e la bocca piegata in una smorfia nervosa. Vanalika ha sempre odiato mostrare in pubblico sentimenti che non fossero rabbia o disgusto, Oliver lo sa, ma conosce anche l'altro lato del suo carattere, quello dolce, gentile e perfino divertente.
Tuttavia il comportamento freddo e distaccato gli è nuovo. -Ora che è morto perderemo la casa e ci toccherà vivere da mia nonna. Cambierò scuola e io e te non ci vedremo mai più.- Distoglie lo sguardo, passandosi le mani tra i corti capelli biondi. -Lo hanno trovato per strada, con il torace fracassato ed altre lesioni interne. È morto cercando di dire a mia madre che l'amava. Se solo non si fosse fermato su quella maledettissima strada, magari chiunque sia stato ad ucciderlo non lo avrebbe mai toccato...- Vanalika tenta di sorridere, ma la bocca le si storce in una smorfia penosa. -E invece no, si è fermato.

-Aspetta, aspetta... quindi è stato un omicidio?

-Sì.

-E il colpevole?

-Non si sa chi sia, la polizia aprirà un'indagine.- Vanalika tira su col naso, emette un sospiro tremolante e scuote la testa. -Non era un uomo cattivo. Era impulsivo, ma... non cattivo.

Oliver annuisce mestamente, cercando di non pensare al fatto che forse non l'avrebbe più vista. Ti prego, Dio, lo so che non sono un perfetto cristiano e che probabilmente mi detesti, ma per favore, Fa che rimanga qui. Per favore. Per favore. Per favore. Amen.
Ps: grazie per l'assenza di formiche in camera.

Vanalika si siede sul pianerottolo, osservando la terra battuta e desolata intorno casa sua e la strada subito oltre il cancello. -Ollie, ultimamente stanno succedendo un sacco di cose inspiegabili, qui. Cose nelle quali sono coinvolte persone che non sono... persone. Sono altro.

-Non crederai ancora che Blue Jones e il suo amico siano esseri maledetti...

-E invece ci credo!- esclama lei. Si prende la testa tra le mani, poggiando i gomiti sulle ginocchia. -E invece ci credo- ripete quasi in un sussurro. -Non so spiegarti come faccia a crederci, ma fidati, è così. Non sono quello che vogliono farci pensare.

Il ragazzo fa spallucce. -Okay, allora un giorno vai pure da Blue Jones e schiaffale una Bibbia sul naso.

-Parlo seriamente.

-Anche io.

I due danno il via ad una lotta di occhiatacce, ma la ragazza si arrende quasi subito e si alza in piedi, dirigendosi alla porta. -Giuro che troverò l'assassino di mio padre. Non sarà una ricerca facile,- esita, sussultando, -non sarà neanche sicura o... o immediata, ma, che Dio mi sia testimone, troverò il colpevole.


Enchanted ||VINCITRICE WATTYS2017||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora