Enchanted ||VINCITRICE WATTYS...

By DK_Grimm

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Al prezzo di vivere un'esistenza tranquilla e soddisfacente, Blue Jones nasconde le sue passioni, i suoi desi... More

¤PROLOGO¤
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GRUPPO WHATSAPP
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Epilogo
RINGRAZIAMENTI
PRESENTAZIONE!

9¤BLUE¤

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By DK_Grimm

-Quale cosa vuoi che ti spieghi per prima?- chiede con l'ombra di un sorriso in volto. In realtà non ho pensato a questo perché ho speso tutte le mie energie in stronzaggine e, beh, non ho avuto il tempo di riflettere. Cominciamo con la cosa più facile: -Occhi.

Kevan raggiunge il divano e mi fa cenno di sedermi. Io lo faccio, stringendomi le ginocchia al petto ed appoggiando il mento su di esse. Sento di dovermi preparare psicologicamente alle sue parole, ma non ho tempo. Essere impassibili è la mia unica arma contro le lacrime.

-Occhi- ripete, sedendosi dalla parte opposta del divano. -Gli occhi sono lo specchio dell'anima. Quelli delle fate rispecchiano l'anima dell'individuo.

Involontariamente mi avvicino un po' a lui. -Cosa significa il fatto che i tuoi siano gialli?

-Il significato a volte cambia, da parte a parte del mondo. Il giallo è un colore positivo... rappresenta il sole e la vitalità e altre cose felici.

-Questo vale anche per gli...- Non riesco a dirlo, maledizione. Non è poi così difficile, Blue! -... Ibridi?

-Non sempre... moltissime volte no- Scuotendo la testa, comincia a giocherellare con il suo piercing sul labbro. -La parte umana corrompe l'anima dell'ibrido già dall'inizio, nella maggior parte dei casi, quindi questa non riesce più a manifestarsi attraverso il colore degli occhi.

-E i miei occhi?- Sono sempre più curiosa. Kevan mi guarda e sorride. -I tuoi occhi sono bellissimi.

Rimango zitta, arrossendo, senza accettare né rifiutare il complimento.

-Suppongo siano il riflesso della tua anima.

Non so come reagire: bene perché sono ancora più speciale o male per lo stesso motivo? -Cosa significano gli occhi neri?- domando cauta. Kevan si sistema meglio sul divano: involontariamente le nostre gambe si toccano e... noto che sul suo labbro inferiore si insinuano altri due anelli, che si stringono attorno alla sua pelle. Un muscolo della mascella si contrae e Kevan fa un profondo respiro, allontanandosi nuovamente da me. Mi dispiace e faccio finta di non aver notato nulla.

-Per le fate, il nero non ha un significato propriamente negativo. Rappresenta il mistero, la notte e tutto ciò che essa porta. Poesia. Potere...- Mi guarda intensamente, appoggiandosi al divano con una guancia ed abbassando il tono della voce. -... E molto altro.

Cerco di replicare ma non mi vengono le parole, sono come bloccate nella mia gola. Ho la mente troppo vuota e troppo piena allo stesso tempo e non sono nemmeno sicura che questo possa accadere ma... è così.

-Altre domande?- Alza un sopracciglio.

-Ehm...- Annuisco, ancora instabile. -Sì, i tuoi... tatuaggi. E i piercing. Cosa sono?

-Si chiamano Blocchi e mi impediscono di compiere azioni di cui potrei pentirmi, un giorno. Mi causano dolore finché non smetto di fare la cosa sbagliata.

-Che intendi con "cosa sbagliata"?

Kevan fa spallucce, borbottando: -È difficile da spiegare... in pratica, è tutto quello che potrebbe fare male ad un umano o ad altre creature. Noi fate, comunque, tendiamo a sfogarci sugli umani perché sono più divertenti, prevedibili e, sì, stupidi. Ci cascano ogni volta: basta qualche sguardo o qualche sorriso che subito cadono nella trappola.

-Stai dicendo che sono gli esseri umani la causa dei loro stessi mali?- chiedo allibita. In pratica sta scaricando la colpa dei rapimenti, degli stupri e degli omicidi... sulle vittime!

-Non intendo tutti i crimini del mondo, Blue- specifica seccato. -Sono molte di più le fate con i Blocchi di quelle senza, inoltre non attaccano mai nello stesso punto, si spostano molto spesso.

-Perché?

-Non è ovvio?- Sorride. -Noia, Blue. Dopo un po' ci annoiamo e ce ne andiamo.

-Più che fate sembrate bambini capricciosi.

Kevan sorride, incassando il colpo. -A volte sì. Ma ti ripeto: grazie ai Blocchi, ci amalgamiamo quasi perfettamente alla massa. Tua madre ci è riuscita, come vedi.

-Anche la fenice sulla tua schiena è un Blocco, vero?- domando. Lui sorride, piacevolmente sorpreso. -Esatto.

-È bello- Mi lascio scappare, abbassando subito dopo lo sguardo.

-Fenice, quando le cose cominciano a peggiorare, mi pianta gli artigli nella carne. Se non la smetto, con il suo becco me la strappa.- Sospira. -Però, durante il resto del tempo è abbastanza gentile. Ogni tanto batte le ali per sgranchirsele e mi fa venire dei brividi assurdi, ma non è un problema. Serpente invece interviene solo in casi di estrema necessità: mi stritola fino al mio svenimento. E poi è fastidioso e viscido, sgradevole come una doccia nella palude. I piercing sono altri Blocchi. Si muovono, come avrai notato: vanno in giro per il mio corpo, arpionandosi alla mia pelle quando sto esagerando a fare lo stronzo.

Dovrei pensare a quanto siano tremendi questi Blocchi... invece penso a lui nudo in una palude. Perfetto, di bene in meglio! -I capelli?

-I capelli... non lo so, Blue,- fa spallucce, -ogni fata li ha strambi. È la natura. Altre domande?

Ci penso attentamente, perché ne ho talmente tante... -Ok, ci sono. Come si comportano le fate tra di loro?

-In che senso?- mi rivolge un'occhiata maliziosa.

-Diciamo... i rapporti sociali. I legami.

-Beh, i legami sono forti e durano fino alla morte, perché abbiamo bisogno dei nostri simili come dell'aria che respiriamo. Le comunità esistono. Comunità grandi come Ancestor's Hill o forse di più... ma anche meno grandi. Il popolo fatato non ha sovrani o esponenti, per quel che so: ognuno vive come crede e senza sottostare alle regole di nessuno.

-Nel caos più totale e causando vittime innocenti!- ribatto. -Altri innocenti finiscono in prigione a vita perché vi divertite così!

-Blue, non capisci che questo è l'equilibrio della vita sulla Terra?- ribatte. -Anche noi moriamo, un giorno. Anche noi ci spegniamo. È così, è tutto... tutto bilanciato.

Siccome dopo la morte di Nisa dire quelle parole deve averlo sconvolto, decido di deviare un po' il discorso. -A parte questo, cosa piace fare alle fate?

Kevan stringe le labbra distogliendo lo sguardo da me, facendosi pensieroso. Durante l'attesa, mi imprimo in testa ogni dettaglio del suo viso: i luminosi occhi gialli, i puntini tatuati sotto di essi, i tre piercing sul labbro, la pelle pallida, i ciuffi ribelli di capelli blu sulla fronte, le sopracciglia scure corrucciate. Le cose che ci distinguono sembrano un mare invalicabile, un mare che solo una parte di me ha voglia di navigare. L'altra si oppone fermamente, perché solcare quel mare sarebbe un cambiamento, una cosa nuova... e le cose nuove non mi piacciono per niente, mi terrorizzano. Avvicinarmi a Kevan, conoscerlo, comprenderlo e comprendere cosa ci accomuna... cosa mi rende simile a lui... mi spaventa a morte. Allo stesso tempo, però, desidero farlo. Non sono più così attaccata alla mia vita come lo ero un tempo. Non ho più amici veri e me ne rendo conto. Io stessa non sono un'amica per nessuno, sono solo l'ombra di qualcuno più apprezzato di me, qualcuno che non vorrei mai diventare, per giunta.

-Ci piace raccontarci segreti,- mormora Kevan, -ci piace promettere di mantenerli e poi svelarli alla prima fata che capita. Così tutti sanno tutto di tutti. E poi, siccome il nostro grado percettivo è molto più avanzato degli umani e le sensazioni che proviamo sono più amplificate, ci piace provare emozioni forti- Fa spallucce. -Piacevoli, se possibile.

-In che senso?

-Come?

-Quali emozioni forti e piacevoli?

Kevan fa di nuovo spallucce. -Potrebbe essere comprare qualcosa come potrebbe essere fare sesso. Ci accontentiamo con poco. Anche una nuova scoperta per noi è sempre emozionante. Tutto lo è, Blue. Forse è questa la cosa che ci differenzia dalla maggior parte degli umani: noi ci incantiamo ancora.

-Non ci incantiamo perché le cose belle stanno piano piano svanendo, perché i nostri canoni stanno cambiando e... e...- annaspo in cerca di altre spiegazioni.

-E?- domanda, alzando un sopracciglio. -Blue, l'uomo è troppo impegnato a pensare ai propri problemi per guardarsi intorno, per apprezzare, per ringraziare. Ama ciò che ha creato, o quello che vorrebbe creare, ma non quello che ha già fatto la natura per lui.

-Questo non è sempre vero,- ribatto, -ci sono umani che combattono per la natura, che muoiono per salvare animali o vegetali. Tu hai dei pregiudizi su di noi!

-Come tu li hai su di noi.

Sorrisi sprezzante. -Chissà perché. Senti, ti propongo un accordo.

Lui incrociò le braccia al petto, squadrandomi freddamente.

-Io proverò a convincerti che non tutti gli esseri umani sono delle teste di cazzo e tu proverai a convincermi di questo per quanto riguarda le fate- Gli tendo la mano. -Affare fatto?

Kevan osserva la mia mano in modo interrogativo, come per capire cosa ci debba fare. Avrà tanto da imparare dei nostri usi, una semplice chiacchierata non basterà mai.
Quando solleva gli occhi e mi guarda confuso, decido sbuffando di afferrargli la mano e stringerla. -Si fa così quando si vuole suggellare un patto.

Kevan guarda le nostre mani strette, poi ritorna a me ed annuisce. -Siete proprio strambi, però. Tutto 'sto toccare di mani...

-Dovrai abituartici.

-Non vedo l'ora.

-Bene.

-Perfetto.

Rimaniamo a fissarci, ancora con le mani strette. Sarà un lungo percorso.

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