BRAIDEN
Nel corso della giornata, Braiden continuò a percepire il continuo contrasto con i tessuti che indossava. La sensazione di disagio persisteva, poiché ogni movimento, ogni tocco dei jeans e della maglietta, gli ricordava la sua condizione di essere fuori dal suo contesto temporale abituale.
Quando varcò la porta della biblioteca, le cerniere cigolarono appena e Braiden venne avvolto dall'odore familiare di carta antica e legno laccato.
Il suono dei suoi passi si attenuò sul tappeto firahiano che adornava il pavimento, mentre lo sguardo veniva catturato da scaffali alti e intricati, pieni di libri che si stagliavano come sentinellesche collezioni che i precedenti baroni avevano accumulato nel tempo. I dorsi dei libri rilegati in pelle dorata risplendevano al chiarore delle luci, dando alla biblioteca un tocco di opulenza. Alcuni dei volumi rari e pregiati erano esposti in vetrine, proteggendo con cura i tesori più delicati della collezione.
A differenza delle altre stanze, la biblioteca era avvolta da una luce soffusa di lampade a olio che creava un'atmosfera di calda intimità. Poltrone e divanetti in pelle erano stati disposti strategicamente nella stanza, offrendo luoghi invitanti per immergersi nelle pagine di un libro o per contemplare le opere appese alle pareti.
I ritratti degli antenati del barone Daviston guardavano dall'alto, fissando Braiden con sguardi silenziosi ma penetranti, fondendo così il passato con il presente.
«Ancora tu? Che fai, mi pedini per caso?» esordì una voce dal fondo della stanza.
Braiden strabuzzò gli occhi, seguendo quella voce fin troppo familiare per non sapere a chi appartenesse. «A mia discolpa, posso dire che le biblioteche mi hanno da sempre incuriosito.»
Katherine stava stravaccata su uno di quei divanetti, con le gambe incrociate e un foglio di pergamena stretto tra le mani. Dall'incontro che aveva avuto con lei quella mattina si era cambiata e fatta anche una doccia a giudicare da come ora apparivano i suoi capelli.
«Un principe topo di biblioteca, quali altri segreti nascondi?»
Braiden abbozzò un sorriso sghembo. «Non credo tu li voglia davvero sapere.»
«Mettimi alla prova.»
Braiden indugiò per un momento, poi si sedette sulla poltrona di fronte a Katherine. «Cosa fai?»
Katherine sbuffò. «Be' tanto vale dirtelo» disse cauta, come se si stesse guadando attorno nella stanza. «Mi sono intrufolata nello studio del professore e ho preso in prestito la profezia». Questo lo aggiunse a bassa voce, in tono pacato.
«Quindi sei anche una ladra» la punzecchiò. «Quali altri segreti nascondi?»
«Spero che non lo dirai al barone» replicò Katherine, stupita del fatto che lo stesse specificando. Katherine lo fissò. I suoi occhi sembravano liquidi, pozze scure di timidezza e soggezione che non avrebbero dovuto avere alcun effetto su di lui.
«Non preoccuparti, non dirò a nessuno del tuo tradimento» rispose, fissandola a sua volta.
«Pensi che la profezia possa avverarsi?» domandò, riponendo in lui un'improvvisa fiducia che risultò finta, presa in prestito. Braiden prese la pergamena dalle mani di Katherine e la riesaminò velocemente.
«Stiamo giocando con forze che vanno oltre la nostra comprensione. Non ho mai sentito di profezie che non si siano compiute. Ma sono pronto a rischiare, per te.»
Katherine incassò la risposta, annuendo tra sé intanto che riprendeva in mano la pergamena, soppesando l'informazione.
«Cosa ne dici se ci allenassimo in riva al lago? Mio fratello dice sempre che un buon combattimento aiuta a riflettere». Quella proposta gli uscì di bocca senza che potesse controllarla e sapeva per certo che provenisse dalla sua pantera. Aveva un piano, e che gli piacesse o meno doveva attenersi senza opporre resistenza.
Con sua grande sorpresa, Katherine concordò con un cenno del capo, balzando in piedi. «Però prima è meglio che rimetta questa al suo posto» disse, avviandosi verso lo studio del barone Daviston.
«Allora vado a prendere le spade.»
Una brezza fresca danzava tra gli alberi circostanti, portando con sé il leggero odore di muschio e di acqua. Il riflesso del cielo colorato si specchiava sulla superficie calma del lago, mentre Braiden passava la spada a Katherine.
«Spero non sia troppo pesante» disse, fingendosi preoccupato.
«Andrà bene» rispose, stringendo la spada con fermezza, gli occhi concentrati mentre scrutava il suo avversario.
Con un sorriso beffardo, Braiden sfoderò la sua spada con abilità. «Bene!»
Senza alcun preambolo, iniziarono un combattimento amichevole. I loro movimenti erano agili e coordinati, una danza sincronizzata tra attacco e difesa. Il suono metallico delle lame che si scontravano risuonava nell'aria, accompagnato dal fruscio dei loro movimenti veloci. I loro sguardi si incrociarono, e l'energia dei loro animali cominciò a pulsare nell'aria.
Ogni colpo di spada portava con sé una risposta da parte degli animali, come se il lupo e la pantera fossero diventati estensioni viventi delle azioni dei loro Protettori.
Quando Katherine eseguiva un attacco, la sua lupa rispondeva con una potenza feroce, incarnando la sua forza nella rappresentazione eterea. Similmente, la pantera di Braiden si muoveva con la stessa agilità e velocità ogni volta che il suo custode anticipava un colpo. Mentre continuavano il loro duello, il lupo e la pantera si inseguivano e si intersecavano in una danza armoniosa, creando una coreografia unica.
Katherine parò un colpo, il suo sguardo penetrante fissò Braiden, e un leggero sorriso gli incurvò le labbra. «Allora, perché hai abbandonato tuo padre, per venire qui?» domandò a un certo punto, la spada ben salda tra le mani.
«Non sono come mio padre, questo è evidente» rispose con fiato corto. «E poi, voglio evitare di farti sterminare la mia famiglia.»
«Quindi mi stai tenendo d'occhio? Premuroso da parte tua» disse allontanandosi. Braiden la seguì, girandole intorno finché lei si sentì soffocare e lo spinse via con un colpo di lama.
Braiden abbozzò un sorriso, ma il suo sguardo rifletteva una serietà sottostante. «Non è solo questo. Anche il rejhyli è a conoscenza della profezia. Pensi che gli obscül che ha sguinzagliato ti stiano cercando per porgerti i loro ossequi?»
La guardiana del lupo abbassò la spada, consentendo una breve pausa nella loro danza di lame. Il lupo e la pantera, come prese da un istinto condiviso, si fermarono come i loro Protettori. «Non penso di essere abbastanza forte da poter uccidere qualcuno.»
«Dimentichi che sei la guardiana del lupo. E il lupo non è un cane che puoi addomesticare.»
Katherine rimase in silenzio.
«E spero davvero che tu non sia mai abbastanza forte da poter uccidere qualcuno» concluse Braiden, rinfoderando la spada. «Ma se ci fosse un altro modo, per impedire tutto questo...»
«Che intendi dire?»
«Peter e Diana hanno prestato il Giuramento, unendo così i loro animali. Se facessimo lo stesso anche noi, magari mio padre sarà più indulgente, smettendo così di darti la caccia.»
Katherine fu presa in contropiede. «Mi stai proponendo di diventare la tua guardiana?»
«Non dirlo come se fosse una proposta di matrimonio.»
«E tu non proporlo come se lo fosse, anche se a tutti gli effetti gli animali si uniscono in un legame più intimo» dichiarò Katherine, indietreggiando di qualche passo. «Non posso farlo, comunque» fu la sua deludente risposta.
«Perché no?» domandò, anche se poteva leggere il motivo che la spingesse a rifiutarlo dipinto nei suoi occhi.
«Non sono ancora pronta e non voglio unirmi in quel modo, a meno che non ci sia altra scelta.»
«Prima o poi tutti e sei dovremo farlo, quindi non serve a niente rimandare.»
Katherine si strofinò il mento stancamente. «Lo so, ma ti prego di non insistere». Il suo rifiuto aveva eretto tra loro una barriera invalicabile.
Si era di nuovo chiusa a riccio, lasciandolo fuori dai suoi pensieri. Sollevò lo sguardo, gli occhi leggermente socchiusi. «Credo che per oggi possiamo fermarci qui» concluse, allontanandosi con la spada che strusciava sul terreno.
Braiden rimase immobile, lo sguardo fisso sul punto in cui Katherine scompariva dalla sua vista. Le parole di lei gli riecheggiavano nelle orecchie, mentre tentava inutilmente di tenere a bada la ferocia della sua pantera, che a differenza di lui non era propensa ad accogliere con magnanimità un rifiuto, men che meno se questo veniva dalla lupa di Katherine.
Era patetico, come tutta la situazione che si era andata a creare. Non avrebbe mai dovuto proporlo in quel modo, così schietto e diretto.
Mentre tentava di districare i pensieri confusionari, una voce comparve ai margini della sua percezione.
«Vedo che non vi date per vinto.»
Braiden si voltò di scatto, mentre dagli alberi emergeva la figura alta e possente di Ryan.
«Non so di cosa state parlando, conte» commentò, con aria spietatamente compiaciuta.
«Non siete così generoso come volete fare credere e Katherine non è così ingenua da cascare nella vostra trappola.»
«Quale trappola?» ribatté lui in tono derisorio.
Ryan gli lanciò uno sguardo torvo. «Siete venuto qui, portando una profezia, nella speranza che vi accogliessimo a braccia aperte. Credete che mio zio non se ne sia accorto?»
Non dovendo forzare la commedia, Braiden poté guardarlo negli occhi senza batter ciglio. «Che si accorga pure della verità. Sono qui per evitare che la vostra cara lupacchiotta diventi un'assassina e che mio padre la renda una martire.»
Poteva percepire il puma di Ryan pronto ad attaccare al minimo cenno del custode, ma non sarebbe mai stato tanto sconsiderato da iniziare un combattimento tra i due felini.
«State lontano da lei, prïjh. Non ve lo dirò una seconda volta». Il suo astio era altrettanto inefficace, perché era fragile e imbevuto di desiderio nei confronti della ragazza.
Ed ecco il vero motivo per cui Katherine aveva rifiutato di prestare il Giuramento.
Braiden fece tre passi per avvicinarsi a lui e chiudere definitivamente l'ultima discussione che aveva intenzione di affrontare quel giorno.
«Dovete dirlo a lei, sembra quasi che non riesca a starmi lontano» concluse, sfoderando il suo sorriso sghembo. Senza ulteriori indugi, si allontanò, lasciando che il custode del puma corresse dalla sua donzella, con la consapevolezza e la soddisfazione nel constatare che il gioco valeva senz'altro la candela.