IL RISVEGLIO DELLE GUARDIANE

By Slytherinelle

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La Tefstalia è a un passo dalla distruzione, poiché è minacciata dalla tirannia del rejhyli di Lafyen. La pro... More

Cast & Trope
Playlist
Prologo - Il domani riposto
Capitolo 1 pt. 1 - Un pericolo nascosto
Capitolo 1 pt. 2 - Un pericolo nascosto
Capitolo 2 pt. 1 - Conosco il vostro segreto
Capitolo 2 pt. 2 - Conosco il vostro segreto
Capitolo 3 - Figlio dell'avidità
Capitolo 4 - Il custode del puma
Capitolo 5 pt. 1 - Il destino delle guardiane
Capitolo 5 pt. 2 - Il destino delle guardiane
Capitolo 6 pt. 1 - La cosa giusta da fare
Capitolo 6 pt. 2 - La cosa giusta da fare
Capitolo 7 - In ciascun cuore
Capitoo 8 - Una tigre al guinzaglio
Capitolo 9 - Princìpi incompatibili
Capitolo 10 - Nel cuore della foresta
Capitolo 11 pt. 1 - Grigie moralità
Capitolo 11 pt. 2 - Grigie moralità
Capitolo 12 pt. 1 - Il prezzo della gelosia
Capitolo 12 pt. 2 - Il prezzo della gelosia
Capitolo 13 - A volte l'orgoglio può ferire
Capitolo 15 pt. 1 - Il cavaliere arrugginito
Capitolo 15 pt. 2 - Il cavaliere arrugginito
Capitolo 16 PT. 1 - Dove c'è fuoco
Capitolo 16 pt. 2 - Dove c'è fuoco
Capitolo 17 pt. 1 - Il figlio combatte per diletto del padre

Capitolo 14 - Se potessimo rimanere come siamo

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By Slytherinelle

Temere la morte non è da vigliacchi. Succede quando cisi convince di non avere più via di scampo.

RYAN

La pioggia e la malasorte fecero di quella mattina di febbraio, la giornata più triste che Ryan avesse mai provato, da quando aveva perso suo padre. Peter era tornato, portando con sé la peggior notizia che potessero pronunciare le sue labbra: «Il barone Daviston è stato arrestato».

Ryan per poco non svenne.

Il senso di colpa lo divorò quasi immediatamente. Perché non era andato con lui? Aveva chiesto a Ryan di accompagnarlo, non a Peter e lui aveva preferito rimanere a Palais Daviston per puro egoismo. I Protettori erano rimasti ad ascoltare come fossero andate le dinamiche, in silenzio, mentre Peter riassumeva alla bene e meglio tutti i dettagli che era riuscito a ricordare, nonostante lo stato di shock in cui si trovasse.

«Ma ci sarà qualcosa che possiamo fare?» chiese Katherine, mentre si strappava nervosamente le pellicine del labbro inferiore.

«Sì, consegnare te e Braiden al rejhyli» rispose Peter, secco.

«Questo è fuori discussione» ribatté Ryan, fulminando il cugino con lo sguardo. Voleva tirargli un pugno anche solo per aver pensato una cosa simile.

Braiden, nel mentre se ne stava seduto quasi immobile, rivolgendo la sua espressione «non ne sapevo niente», la parodia di un nervoso senso di impotenza, le labbra tirate all'indietro, gli occhi leggermente di fuori.

La biblioteca di Palais Daviston era diventata il loro ritrovo. Ryan iniziò a camminare nervosamente avanti e indietro nello spazio circostante; mentre lanciava occhiate disperate a Katherine, che aveva preso in mano il cellulare per inviare – Ryan dedusse – un messaggio a Diana e Sophie. Poco dopo vennero raggiunti anche da Richard, che aveva portato con sé un vassoio con delle tazze di caffè. Poggiò il vassoio sul tavolino in noce davanti a loro, e ciascuno prese una tazza tra le mani.

«Allora, siete giunti a una conclusione?» chiese Richard, andandosi a sedere sul divano accanto alla sorella.

Katherine si sporse verso di lui, e bofonchiò qualcosa come: «Bisogna avvisare Diana e Sophie» e Richard annuì.

Ryan, nel mentre, guardò suo cugino. «Il barone non ha lasciato detto niente, insomma, sì, prima di essere... arrestato?»

«No», rispose Peter per la milionesima volta. «Ma prima di seguire le guardie ha dato una lettera alla contessa Rosenthäl indirizzata al rejhyli di Firah» precisò.

Il piano del barone era di chiedere aiuto al rejhyli Edward, l'unico tra i tre sovrani della Tefstalia, ad essere da sempre andato contro a Rastus e per tanto, l'unico che avrebbe potuti fare qualcosa. Tuttavia, non potevano presentarsi a Firah senza il permesso del regnante. Per quanto Ryan sapesse, il palazzo era protetto molto bene, e trovandosi sulle montagne, era difficile anche da localizzare, per cui andare con gli amuleti dei Protettori era fuori discussione.

Ryan cacciò un sospiro di frustrazione. «Sembra che non abbiamo altra scelta, dunque» esordì dopo un silenzio tombale.

Erano in lutto, nonostante il barone fosse ancora vivo, e Ryan comprese quel senso di frustrazione, misto ad abbandono che sapeva aver pervaso tutti i presenti. Il barone aveva da sempre rappresentato una guida, per tutti loro. Il collante che li teneva uniti, che aveva un piano sempre pronto. Eppure, non era riuscito a prevedere un simile destino.

«E se dessimo ascolto alla richiesta del re?» apostrofò Katherine, mentre giocherellava nervosamente col cucchiaino nella tazza.

«Non sei merce di scambio, mettitelo in testa» ruggì Ryan. «Leonardo non vorrebbe mai che cedessimo a questa richiesta.»

«Sì, ma lui non è qui» disse mestamente Katherine, poi distolse lo sguardo oltre la porta della biblioteca, nella speranza di veder apparire il barone Daviston.

«Lasciate almeno che torni io a palazzo» propose Braiden di punto in bianco. «Potrei convincere mio padre.»

«Con il dovuto rispetto, altezza, vostro padre non sembrava intenzionato a trattare» precisò Peter, che nel mentre aveva bevuto tutto il caffè nella tazza. Aveva una pessima cera, la mancanza di sonno era evidente dalle occhiaie violacee che continuava a torturare con i polpastrelli.

«Ma potrei provare a intercedere per il barone». Nonostante Braiden volesse risultare in totale sintonia con il resto del gruppo, Ryan notò una certa neutralità nel suo tono.

«Come avete fatto con mio padre?» lo punzecchiò Ryan. E sperò che la sua espressione corrucciata, al limite della smorfia, venisse percepita senza risultare esagerata.

A quel punto calò di nuovo il silenzio. Ryan aveva dato una svolta alla mattinata rispetto a come si supponeva dovesse andare, tramutandolo in quello che ora tutti pensavano fosse il suo antro rancoroso.

Katherine restò calma, però Ryan sapeva che si sentisse davvero a disagio, perché notò che il suo labbro era sporco di sangue. Si avvicinò verso il divanetto dove era seduta e finalmente prese anche lui una tazza di caffè, e ne bevve un sorso.

«Penso che dovremmo andare almeno dalla contessa Rosenthäl» parlò infine Katherine. «Insomma, la nonna potrà aiutarci in qualche modo, no?» continuò, lanciando uno sguardo ottimista verso Richard.

«Lo penso anch'io. È la scelta migliore» dichiarò Peter, con grande sorpresa di Ryan. «Dopotutto, era il piano originale.»

«E poi? Gli obscül ci daranno la caccia» abbaiò Ryan.

«Anche se restiamo qui» bofonchiò Richard. «Insomma, almeno lì potremmo fare affidamento sull'arciduchessa e la contessa. Potremo prendere dei cavalli e dirigerci a nord.»

La situazione rischiava di sfuggire di mano. Tuttavia, Ryan non se la sentì di obiettare, nonostante mostrasse reticenze nell'affidarsi completamente all'arciduchessa Alethea.

«Va bene» acconsentì, infine con un sospiro.

Il telefono di Katherine prese a squillare, e lei sobbalzò. «Scusate, è mio padre» disse, mentre si alzava per rispondere. Si allontanò dal resto del gruppo, uscendo dalla biblioteca e Ryan la seguì con lo sguardo.

Non importava quanto avrebbe dovuto combattere, non avrebbe lasciato che Rastus le facesse del male, anche se questo avrebbe significato venire meno ai princìpi morali del custode del puma. Era pronto a rischiare la vita per lei.

«Tanto per sapere», esordì Richard, rivolgendosi a Ryan. Lui voltò lo sguardo verso il ragazzo ancora seduto sul divanetto. «Quanto sa Katherine?»

Braiden soffocò una risata e Peter sgranò gli occhi. Ryan, invece, rimase in silenzio. «Conoscendola, darà di matto, quando lo scoprirà.»

«Non spetta di certo a noi dirglielo» mugugnò Ryan. Fece una pausa, poi disse in tono caustico: «La sua famiglia siete voi».

«Se fosse per i nostri genitori, in questo momento lei si troverebbe in Europa, il più lontano possibile da tutto questo.»

«In ogni caso lo verrà a sapere» abbozzò Peter.

«E quando accadrà?» insistette Richard.

«Quando accadrà», intervenne Braiden, alzandosi dalla poltrona, per avviarsi verso l'uscita della biblioteca. «La nostra lupacchiotta darà il meglio di sé.»

La riunione a quanto sembrava era terminata. Ryan non voleva pensare a quello che sarebbe potuto accadere quando quel giorno sarebbe arrivato. Sapeva che lei avrebbe perso la stima nei suoi confronti. A quel pensiero, provò una morsa alla bocca dello stomaco.

«Ho bisogno di farmi una bella dormita!» esclamò Peter, sbadigliando. Si alzò in piedi e si stiracchiò le braccia.

Ryan annuì. «Quanto tempo ci ha dato il rejhyli

«È stato sfuggente, in merito. Comunque, meglio muoverci prima che ci sguinzagli contro i suoi stregoni» dichiarò Peter, mentre si alzava in piedi, passandosi una mano sul viso, in un vano tentativo di reprimere il sonno.

«Meglio se vai a riposare. Appena arriveranno Diana e Sophie, partiremo» disse Ryan, e in quel momento, Katherine tornò in biblioteca. Con il telefono ancora stretto tra le mani, andò verso il fratello.

«Papà e mamma sono sconvolti. Li ho avvisati che partiremo a breve e vorrebbero che passassi prima a casa» disse, cercando di ignorare lo sguardo di disapprovazione dipinto sul volto di Ryan. «Gli ho detto di no, ovviamente. Ho ricevuto anche un messaggio di Sophie, dice che appena daranno la pozione ai genitori, verranno.»

Richard piegò la testa in avanti. «Bene, allora torno ad Atlanta, così andrò a prenderle» disse, prima di poggiarle le labbra sulla fronte.

Katherine accennò un sorriso spento, a labbra chiuse, mentre il fratello la superava, uscendo dalla villa. Qualche minuto dopo, si sentì il suono del motore accendersi, e Katherine guardò dalla vetrata della portafinestra Richard allontanarsi, finché l'auto non svanì davanti ai suoi occhi.

Ryan si avvicinò a lei, mettendole una mano sulla spalla. «Perché non vai a riposare anche tu?» le domandò, non appena anche Peter uscì dalla biblioteca, lasciandoli finalmente soli.

Katherine si girò a guardarlo. «Non riuscirei a dormire» dichiarò atona.

«Nemmeno io. Ma una volta a Lafyen non avremo modo di dormire molto, per cui dovremmo approfittarne e riposare il più possibile. La notizia è stata...», Ryan si bloccò per un momento, prima di scandire la parola: «destabilizzante».

«Come stai?» gli domandò, passandogli una mano sulla guancia. Il contatto con la sua pelle gli provocò uno strano senso di calore, che gli era estraneo e così familiare al tempo stesso. Era stata una mossa che non si sarebbe mai aspettato da parte sua, ma era stata così piacevole e confortante.

«Chiedimelo domani» mormorò, indietreggiando di qualche passo. Non era il momento di perdere la lucidità. Doveva restare concentrato, appena sarebbe tornato a Lafyen avrebbe incontrato sua madre, sapeva di dover essere forte per lei. Se mai fosse successo... no, non doveva pensarci. Si rifiutava di pensare anche solo alla vana possibilità che il barone potesse fare la stessa fine di suo padre. Eppure, era un traditore, lo sapeva bene.

Era dunque questa la sorte che li attendeva? Che sarebbe toccata a tutti loro? Piegarsi o morire? Il solo pensiero aumentò il peso che gli opprimeva lo stomaco.

«Ehi!», Katherine si avvicinò verso di lui, ma la vedeva sfocata per via delle lacrime. «Sono qui. Non ti lascio solo» disse, un attimo prima di abbracciarlo. Sentiva il calore delle sue braccia stringerlo a sé. «Non sei da solo.»

Avrebbe voluto crederle, permettersi di aggrapparsi a quelle parole come un'ancora. Tuttavia, nel tumulto dei suoi pensieri, si era insinuata la paura, facendogli dubitare così delle promesse più sincere. Ryan si sforzò di sorridere, ma la tensione nei suoi occhi tradiva un confitto con i suoi princìpi.

Katherine si scostò bruscamente. «Scusa, non avrei dovuto» disse, imbarazzata.

Ryan si sforzò di abbozzare un sorriso, gli occhi ancora lucidi. «Quindi un mio parente deve finire in prigione, per farmi abbracciare da te?»

«N-non dire sciocchezze» balbettò.

Quando gli occhi di Ryan si posarono su di lei, Katherine abbassò i suoi, e non appena osò sollevarli lo sguardo del ragazzo indugiò, seguì il movimento dei suoi lunghi boccoli, accarezzò la sua figura, fermandosi infine sul volto che si coprì di rossore.

Ryan le passò una mano tra i capelli. «E per avere un bacio dovrei farmi sparare?» apostrofò, ammiccando un sorrisetto malizioso.

Katherine alzò gli occhi al cielo. «Potresti tentare, ma non ti assicuro nulla» bofonchiò, restando al gioco. Si portò una mano sulla tempia, passandola tra i ricci scuri, mentre lo fissava dritto negli occhi. Si prese poi la testa tra le mani, come se volesse fermare un vortice. Ryan la guardò preoccupato, mentre la vide barcollare leggermente.

La afferrò prontamente, prima che le gambe le cedettero del tutto. «Ehi! Katherine?!» la chiamò, ansioso.

Katherine scosse la testa, in un tentativo di dissipare il capogiro. «Va tutto bene» mugugnò con un filo di voce.

«A me non sembra. Vieni, stenditi» disse, mentre la guidava verso il divano più vicino.

«Davvero, sto bene. È stato solo un capogiro. Niente di cui preoccuparsi» tentò di rassicurarlo, cercando di reggersi con le proprie gambe; tuttavia, Ryan continuò a sorreggerla con delicatezza.

«Poco fa mi hai detto che non sono solo. Be', neanche tu lo sei». Non appena le parole lasciarono la bocca di Ryan, Katherine sentì la stanza girare di nuovo, più intensamente questa volta. Le gambe le cedettero, ma Ryan fu più rapido nel sostenere il suo corpo prima che potesse cadere.

«Forse dovresti davvero riposare», insistette Ryan, cercando di mantenere un tono leggero nonostante la preoccupazione evidente nel suo sguardo.

Katherine annuì, incapace di negare che avesse bisogno di un momento di tregua, così lasciò che Ryan la guidasse verso la camera, facendola sedere con cautela sul bordo del suo letto. Le teneva la mano, guardandola con premura. «Perché non ti stendi un po'? Vado a prendere un po' di zucchero in cucina» disse, prima di lasciarle la mano.

Katherine annuì e scivolò sul letto, chiudendo gli occhi iniziò a fare respiri lenti e profondi, cercando di calmare il cuore che le batteva a un ritmo incontrollato. «Grazie» mormorò. «Per essere sempre con me quando ne ho più bisogno.»

Ryan sorrise. «Sono qui per te, ma prïjha. Sempre» disse con sincerità, prima di dirigere uno sguardo premuroso e preoccupato verso il corridoio che conduceva alla cucina.

Si affrettò a scendere in cucina, cercando di focalizzarsi su qualcosa di pratico per ritardare i pensieri tumultuosi che affollavano la mente di Katherine. Prese una zolletta e ne sbriciolò una piccola parte in una tazza di tè, cercando di creare una bevanda ristoratrice. Quando tornò nella sua camera, trovò Katherine con gli occhi chiusi, il visino tondo rilassato e il battito del suo cuore più lento, tranquillo.

Si avvicinò al letto, posando la tazza sul comodino. «Alla fine ti sei addormentata» mormorò, sollevato.

Ryan si sdraiò accanto a lei, lasciando che il suo puma si avvicinasse alla lupa di Katherine, che a differenza della sua guardiana era sveglia e vigile sulla sua portatrice. Il suo puma si lasciò annusare dalla lupa, che non ringhiò né si scostò da lui. Finora era stata diffidente con i felini, soprattutto dopo l'incontro con la pantera di Braiden, ma percepiva che il puma era diverso e per qualche strano motivo, lo avrebbe accettato come suo custode.

Ryan allungò una mano verso la testa di Katherine, iniziandola ad accarezzare. Erano passati mesi da quando aveva visto per la prima volta quella ragazzina accettare responsabilmente il peso dei suoi genitori. E nonostante inizialmente fosse titubante, aveva fatto suo un destino che non le sarebbe dovuto spettare.

Era rimasto del tutto sorpreso quando suo zio gli aveva ordinato di tenerla d'occhio, e quando finalmente l'aveva incontrata, dentro la caffetteria qualcosa in lui era scattato. I primi istanti hanno il temibile privilegio di fissare le emozioni.

Al primo sguardo si era verificato l'impossibile. Si era sentito vivo come non era mai stato, come forse non sarebbe stato mai più. Aveva dimenticato la missione incombente, così come il ruolo che interpretava con molta serietà.

Era solo un soldatino innamorato.

Ma sapeva di non avere il tempo per analizzare i propri sentimenti, di fare la cernita delle sue emozioni. Tutto gli appariva confuso, folgorante eppure così chiaro e così forte. Sapeva solo che non avrebbe permesso a nessuno, né a Rastus, né a Braiden, né al Consiglio di portargliela via.

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