Secrets and Masks | By Emeral...

By euclid__

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"9 anni dopo la battaglia di Hogwarts, la guerra infuria ancora e tutti sono molto cambiati rispetto ai giorn... More

Cap 1 | Non farti prendere.
Cap 2 | Non uscirai più la fuori!
Cap 3 | Medusa.
Cap 4 | Al sicuro nella mia gabbia.
Cap 5 | Una piccola Mezzosangue talentuosa.
Cap 6 | Ti ucciderei proprio adesso.
Cap 7 | Il tempo è un'amante crudele.
Cap 8 | Disperso in azione.
Cap 9 | Tesoro.
Cap 10 | La Signora Zabini.
Cap 11 | Cucciolo di leone.
Cap 12 | Un'anima degna di essere salvata.
Cap 13 | Frammenti di vetro.
Cap 14 | Lei ha fatto cosa?!
Cap 15 | Pronto a morire?
Cap 16 | Piccoli sporchi segreti.
Cap 17 | Un Weasley, non un Potter.
Cap 18 | Strega morta che cammina.
Cap 19 | Il Dottor Jekyll - Signor Hyde.
Cap 21 | La Ragazza d'Oro, rinata.
Cap 22 | Another One Bites the Dust.
Cap 23 | Sembrava costoso.
Cap 24 | Sepolto vivo.
Cap 25 | Soffocato? Oppure Decapitato?
Cap 26 | Un diverso tipo di esorcismo.
Cap 27 | Teatro dei dannati.
Cap 28 | La casa delle bambole.
Cap 29 | Regina o nuovo ordine?
Cap 30 | Un demone, una mezzosangue e uno psicopatico entrano in un bar.
Cap 31 | Come dovrebbe essere la morte.
Cap 32 | Segno della croce.
Cap 33 | Preghiere e promesse.
Cap 34 | Tombe vuote.
Cap 35 | Ramoscello d'ulivo.
Cap 36 | Avvoltoi.
Cap 37 | La rivelazione di Medusa.
Cap 38 | Prima sembrava che ne valesse la pena.
Cap 39 | Cos'altro?
Cap 40 | I draghi mordono.
Cap 41 | Mustang e flutê di champagne.
Cap 42 | Con la guerra arriva il sacrificio.
Cap 43 | Nessuna domanda, nessuna pietà da mostrare.
Cap 44 | Una cosa bellissima da vedere.
Cap 45 | In un'altra vita.
Cap 46 | Vorrei che tu avessi visto...
Cap 47 | Riesci sempre a sorprendermi.
Cap 48 | Angel, Kitten e una ragazza di nome Chester.
Cap 49 | Incubo o visione?
Cap 50 | Questo piccolo porcellino.
Cap 51 | Quattro - Quattro - Quattro - Quattro.
Cap 52 | Godetevi le piccole cose.
Cap 53 | Bravo ragazzo.
Cap 54 | Tu.
Cap 55 | L'inferno sulla terra.
Cap 56 | Damigella in pericolo.
Cap 57 | Click - Click - Click.
Cap 58 | Ciao, piccolo.
Cap 59 | Due parole.
Cap 60 | Loro.
Cap 61 | Si chiama terapia, tesoro - cercalo.
Cap 62 | La fine del fottuto mondo.
Cap 63 | Sotto l'albero di ciliegio in fiore.
Cap 64 | Non fare promesse che non puoi mantenere.
Cap 65 | All night long.
Cap 66 | Colpa tua.
Cap 67 | Egoismo.
Cap 68 | Desiderio.
Cap 69 | Quanto tempo è passato?
Cap 70 | La Mezzosangue e il Drago.
Cap 71 | Niente.
Cap 72 | Volatile - spietato - freddo.
Cap 73 | Il demone che si è guadagnato le corna.
Cap 74 | Ep. 1
Cap 75 | Ep. 2

Cap 20 | Angeli nel giardino.

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By euclid__

10 marzo.

"Il tempo guarisce tutte le ferite."

Strano, Hermione non aveva mai prestato molta attenzione a quella frase prima, la considerava solo qualcosa che diceva il suo fragile, eroe in declino di suo nonno.

"Il tempo guarisce tutte le ferite, tesoro mio", era solito dire a chiunque avesse bisogno di ascoltarlo, con uno scintillio negli occhi e i baffi che si increspavano nel suo sorriso. "Tempo e una buona tazza di tè."

Non importava quanto superficiale o massiccio fosse il problema, quella era la sua risposta a tutto.

Lo sussurrava a sua nonna ogni volta che metteva il bollitore sul fornello: anche se la tecnologia avanzava, si era rifiutato di adattarsi e preferiva il vecchio metodo della pentola e del fuoco per riscaldare la sua amata tazza di tè. Diceva che aveva un sapore migliore ed Hermione non poteva dargli torto.

L'aveva detto alla madre di Hermione mentre aggiungeva latte e due cucchiaini di zucchero - proprio come piaceva a lei - e le porgeva una tazza dopo che lei aveva quadi avuto un incidente d'auto.

L'aveva detto tra i capelli di Hermione quando era caduta dalla bicicletta da bambina. E anche quella volta fu morsa da uno scoiattolo.

L'aveva detto anche al funerale di sua nonna, l'aveva sussurrato sottovoce mentre guardava la bara che conteneva la sua anima gemella essere calata nella terra, la sua lettera d'amore d'addio trasportata dal vento finché non si fossero incontrati di nuovo.

Hermione era sicura di aver scoperto l'unica cosa che il tempo, o anche la migliore tazza di tè, non avrebbe mai potuto guarire.

Era certa, mentre giaceva urlante in una vasca piena del sangue di Seamus, che il tempo non sarebbe riuscito a guarire il cratere che si stava formando nel suo petto.

Sapeva, mentre Astoria le insaponava i capelli con lo shampoo e staccava pezzi di carne arruffata dai suoi riccioli, che nessuna quantità di tempo avrebbe potuto guarire quel dolore, quel fottuto dolore straziante che sembrava come se la sua spina dorsale fosse stata strappata dal suo corpo e fosse stata trasformata per poterla strangolare.

No, il tempo non può guarire tutto questo.

Non tra una settimana.

Non tra un mese.

Nemmeno tra un anno.

E di certo una buona tazza di tè non servirebbe allo scopo.

[...]

28 marzo.

"Cosa ne pensi, Hermione?" Astoria cinguettò. "Quale preferisci?"

La testa di Hermione si alzò di scatto per fissare i due diversi mazzi di fiori che Astoria teneva sopra il nuovo vaso sul comodino: rose bianche o peonie rosa.

Hermione sorrise a labbra serrate, poi si girò sul suo trespolo per guardare di nuovo verso la finestra. "Lascio decidere a te. I tuoi gusti sono molto migliori dei miei."

Astoria sospirò pesantemente dietro di lei, un po' sconfitta, poi iniziò a tagliare i fiori con la bacchetta.

Nelle settimane successive alla morte di Seamus, dopo che Astoria aveva lavato il sangue dai capelli di Hermione, dopo averla tenuta nella vasca da bagno mentre singhiozzava e piangeva per lui, non si era più allontanata da Hermione. Divenne come una madre ape protettiva, costantemente agitata e in bilico su ogni mossa di Hermione.

Nonostante la sua piccola taglia e il suo comportamento delicato, il suo atteggiamento protettivo era molto più efficace di quanto Hermione le avrebbe mai dato credito. Nessuno degli uomini si sarebbe avvicinato ad Hermione se Astoria fosse stata nei paraggi. Non avrebbero nemmeno varcato la soglia della sua camera da letto se Astoria si trovava appollaiata sul davanzale della finestra con lei. Non suo marito. Non Nott. E nemmeno la Maschera Demoniaca a cui apparteneva la finestra.

Hermione si era rifiutata di lasciare la sua stanza dopo l'attacco. Lei non lo voleva. Il pensiero di imbattersi in Malfoy, il pensiero di vedere il burattinaio dietro i fili della sua marionetta le faceva accapponare la pelle.

Invece si era nascosta. Si era chiusa in una torre, gettando la chiave fuori dalla finestra e raggomitolandosi come una palla mentre marciva nel senso di colpa e nel dolore.

Era un'idea stupida, lo sapeva.

Mesi fa, il pensiero di essere in gabbia la terrorizzava, ma ora aveva accolto l'idea a braccia aperte. Preferirebbe incatenarsi i polsi e legarsi al pavimento piuttosto che rischiare di uscire e porre fine alla vita di qualcun altro che aveva giurato di proteggere. Non avrebbe mai più voluto lasciare quella gabbia, sarebbe felice di morire e marcire lì da sola, se fosse stato necessario. Non era meno di quello che si meritava.

Astoria, però, aveva altre idee.
La piccola bionda sembrava determinata a non fregarsene di quanto Hermione desiderasse poter avvolgere le proprie dita intorno alla gola e spremere la vita dai suoi polmoni, lei sarebbe sempre stata lì per allentare la pressione, per permettere ad Hermione di respirare.

E se Hermione si fosse rifiutata di uscire, allora Astoria era determinata a portarle semplicemente l'esterno.

Ogni mattina le portava fiori appena tagliati dai giardini, tutti belli e incantati dal profumo squisito. Ogni sera preparava ad Hermione un bagno pieno di costosi sali da bagno e bolle così morbide che sembravano fatte di seta filata.
E aveva sostituito gli elfi con il loro servizio di consegna insistendo affinché cenassero insieme.
Ad ogni pasto Astoria entrava silenziosamente nella camera da letto di Hermione spingendo un carrello d'argento - due piatti di cibo sul ripiano centrale - e una teiera fumante di tè e due tazze in cima.

Sembrava che l'idea di una buona tazza di tè potesse risolvere qualsiasi cosa in un momento di crisi non sfuggisse nemmeno alla più purosangue della società magica, qualcosa che veniva tramandato di generazione in generazione.
L'ironia della cosa fece quasi ridere Hermione, i suprematisti del sangue bevevano tutti la loro tazza di tè allo stesso modo dei Babbani: la specie minore che volevano bruciare dalla terra. Se solo avessero saputo quanto fossero simili sotto quei pochi strati di magia.

Sì, i gesti gentili di Astoria non erano sfuggiti a Hermione, ma apprezzava l'effetto che la signora Zabini aveva su Malfoy molto più di qualsiasi gingillo che potesse offrire.

Fedele alla sua parola, Malfoy aveva provato a riprendere le loro 'sessioni di legilimanzia' il giorno dopo Whitby. Era arrivato nella sua stanza la mattina dopo, aveva avuto anche la cortesia di bussare prima di aprire timidamente la porta.
Si era avvicinato lentamente a Hermione, con gli occhi fissi sul pavimento e le spalle leggermente abbassate -

Ma quando aveva notato Astoria seduta sul davanzale della finestra accanto a lei, era rimasto di sasso, e nell'istante stesso in cui le labbra di Astoria si erano arricciate in segno di disgusto, se n'era andato. Hermione l'aveva liquidato come un colpo di fortuna, ma poi aveva cominciato ad emergere come uno schema. Ogni giorno Malfoy bussava, entrava nella stanza di Hermione, vedeva Astoria e poi se ne andava.

Non era sicura quale fosse il motivo, o perché lui non riuscisse a irrompere nella sua mente mentre sua sorella era lì - francamente non le importava. Non aveva molta importanza finché lui restava lontano da lei e fuori dalla sua testa.

Astoria non poteva proteggere Hermione ogni giorno, la sua condizione le dava la forza di farle da scudo solo per pochi giorni alla volta. Quindi due volte a settimana, quando la maledizione del sangue di Astoria la legava al suo letto attraverso getti di fragilità e tossendo sangue, Malfoy coglieva l'occasione, continuando a fingere di "cercare i ricordi di Hermione" anche se ora sapeva che era un esercizio sprecato.

Hermione non era sicura di cosa avrebbe potuto fare nella sua mente per impedirgli di piazzare la maledizione.
Durante la prima seduta, aveva cercato di rimanere calma, di ignorare l'immagine di lui nella sua mente mentre osservava qualunque ricordo si stesse svolgendo, e aveva cercato di concentrarsi.
Aveva provato a sentire la maledizione, a sentire un intrusione, uno strano pizzicore di magia che non avrebbe dovuto esserci... ma non c'era niente. Non era una cosa che potesse distinguere mentre lui introduceva questo nuovo disgustoso marchio di magia nel suo cervello come un parassita.

Nonostante non fosse in grado di sentire cosa stesse facendo nella sua mente, lei lo combatteva comunque ad ogni passo del suo cammino. Aveva fatto tutto ciò che era in suo potere per rallentarlo. Gli diede un pugno mentre lui cercava di premere la bacchetta contro le sue tempie, gli diede calci, urlò, gli sputò in faccia e cercò di mantenere il suo albergo più forte che poteva anche se sapeva che era inutile. In realtà non stava cercando nei suoi ricordi, ma lei non poteva semplicemente sedersi lì e non fare nulla.

Hermione provò con tutto ciò che aveva, fece appello ad ogni grammo del coraggio di Grifondoro e del fuoco nel suo ventre per tenere quelle porte chiuse.

Ma Malfoy l'aveva spezzata. Aveva schiacciato il suo spirito sotto lo stivale e l'aveva lasciata accartocciata sul pavimento, sanguinante, sconfitta.

E l'hotel nella sua mente? Le pareti e le porte che aveva rinforzato per mesi per tenerlo fuori? Ebbene, si erano sgretolati come fottuti castelli di sabbia trascinati dalla marea. Deboli e distrutti come il suo spirito.

Malfoy ora attraversava facilmente i suoi ricordi, scivolava da una porta all'altra senza sforzo ora che incontrava poca resistenza.

Hermione non si tirò indietro nemmeno quando avevano visto il corpo di Silente cadere dalla Torre di Astronomia, o quando avevano visto il suo doppelgänger più giovane Obliviare i suoi genitori.
Non aveva versato nemmeno una lacrima - nemmeno una, cazzo - quando avevano assistito alla prima volta che aveva ucciso qualcuno. Non sentiva nemmeno il più piccolo tremore nel petto mentre i ricordi si ripetevano, quando il senso di colpa l'aveva sopraffatta, quando aveva urlato, pianto e tremato tra le braccia di Ron, angosciata per quello che aveva fatto.

Hermione non ne sentiva nulla, perché il suo cuore era già spezzato.

"Hermione?" La voce calma di Astoria penetrò nuovamente nei suoi pensieri per la seconda volta quel pomeriggio. Stava diventando più in sintonia con quando Hermione aveva bisogno di distrazione. "Cosa vorresti mangiare per cena?"

Hermione guardò fuori dalla finestra invece di rispondere.

"Stavo pensando di chiedere a Romy di fare delle lasagne. Lui le serve sempre con patate arrosto, e sai quanto lo mette di buon umore cucinarle," continuò Astoria, cercando con insistenza di strappare una conversazione da Hermione. "Non ho mai conosciuto un elfo domestico così affezionato a qualcosa. Sono sicura che se venisse soffocato a morte nelle patate arrosto, morirebbe felice..."

Toc. Toc. Toc.

"Non entrare!" Astoria posò bruscamente il vaso di fiori che stava accudendo e fissò la porta.

Ci fu un breve silenzio, poi la porta cominciò ad aprirsi cigolando.

"Non mi hai sentito?!" sbottò Astoria quando Malfoy entrò nella stanza. "Non ti vogliamo qui! Esci subito!"

Hermione non poteva vedere di che colore fossero i suoi occhi, erano ancora sul pavimento e alcune ciocche dei suoi capelli erano cadute in avanti per coprirgli il viso. Sembrava diverso, in conflitto, quasi vulnerabile.

"Non posso farlo, Tori." Tutto nella postura di Malfoy sembrava scomodo. Le sue spalle erano curve e le vene sul dorso delle sue mani erano tese mentre le stringeva a pugno lungo i fianchi. "Ho un compito di cui devo occuparmi oggi-"

"E?!" Astoria intervenne, con tono di puro veleno.

Malfoy fece un sospiro basso e pesante e chiuse gli occhi. "Il Signore Oscuro ha ordinato che la Granger venga con me e che io provi di nuovo la maledizione."

Il cuore di Hermione le cadde nello stomaco. Non poteva uscire con lui. Non poteva rischiare di ferire un altro dei suoi amici. Avrebbe dovuto trascinarla fuori di qui scalciando e urlando.

"Non osare avvicinarti a me." Lei saltò dal suo trespolo e indietreggiò lentamente da lui, avvicinandosi lentamente alla porta del bagno. "Non andrò da nessuna parte con te!"

Gli occhi di Malfoy si alzarono di scatto. Erano un miscuglio di colori, leggermente più blu che grigio. Non era del tutto Mr Hyde, ma non era nemmeno esattamente il Dr Jekyll.

"Granger," strinse la mascella. "Per favore, non renderlo più difficile di quanto non lo sia già." Infilò una mano nelle vesti, presumibilmente per afferrare la bacchetta-

Astoria si mosse più velocemente di quanto Hermione ritenesse possibile per una persona nella sua condizione. "Expelliarmus!"

La sua mira non era perfetta, la bacchetta di Malfoy non finì nel suo palmo come avrebbe dovuto. La sua inesperienza con l'incantesimo la fece volare in fondo alla camera da letto di Hermione, ma a giudicare dall'espressione inorridita di Malfoy, il fatto che fosse riuscita a disarmarlo era preoccupante.

Astoria sollevò la bacchetta e la puntò alla sua gola. "Hermione, mettiti dietro di me."

Non appena Hermione fu dietro la bionda, il braccio libero di Astoria le circondò la vita per attirarla protettivamente contro la sua schiena.

"Astoria," lo avvertì Malfoy con un tono basso e pericoloso, anche se le sue mani erano alzate come se fosse un soldato sul punto di arrendersi. "Non farlo."

"Allora non farglielo fare!"

Hermione quasi non riusciva a credere a quello che stava succedendo. Non sembrava reale che Astoria, la fragile strega la cui vita era delicata e fragile come una ciocca di capelli di unicorno, potesse puntare una bacchetta contro il Mangiamorte più temuto del paese per proteggerla, e Malfoy non sembrava convincersi a reagire.

Doveva conoscere la magia senza bacchetta. Nessuno sarebbe diventato pericoloso quanto lui se non fosse stato abile nelle maledizioni letali senza bisogno di un'arma. Allora perché non stava attaccando Astoria? Sarebbe facile per lui sopraffarla. Aveva lanciato un semplice incantesimo disarmante e il suo petto si stava già sollevando per la stanchezza. Sarebbe stato incredibilmente facile per lui metterla fuori combattimento e trascinare Hermione fuori di lì, quindi perché non lo faceva?

Astoria fece un passo a sinistra, avvicinandosi alla porta e trascinando Hermione con sé.

Malfoy fece un passo a destra, allontanandosi dalla loro uscita ma più vicino alla sua bacchetta. "Lo sai che non ho scelta, Tori." Fece un altro passo, così come le ragazze. "Il Signore Oscuro mi ha dato ordini-"

"Non mi interessa!" Quando Malfoy si accucciò verso la sua bacchetta, Astoria lanciò una debole fattura di fuoco ai suoi piedi, costringendolo a indietreggiare di qualche passo. "Non la porterai là fuori! Non la costringerai a uccidere di nuovo!"

Il labbro di Malfoy si arricciò.
I suoi occhi si oscurarono mentre svolazzavano verso Hermione.

"Hermione, corri!" gridò Astoria, con la bacchetta che le tremava in mano mentre le sue condizioni cominciavano a toglierle le forze. "Posso tenerlo qui per qualche minuto, abbastanza a lungo perché tu possa andare a nasconderti!"

Quella era un'istruzione che Hermione non aveva bisogno di farsi ripetere due volte. Cominciò a correre e in pochi secondi percorse il corridoio, correndo verso una via di fuga che non aveva speranza di trovare. Svoltò un angolo, e poi un altro, ignorando il calore bruciante nei polmoni e il dolore alle gambe. Correva, correva e correva. Giù per i corridoi, attraverso la cucina, e spalancando le porte finché non fu fuori e l'aria fredda le morse la pelle surriscaldata.

Aveva bisogno di trovare un posto dove nascondersi, un posto dove lui non si sarebbe mai aspettato di trovarla. Ma dove cazzo doveva andare?! Aveva esplorato ogni centimetro di questo buco infernale centinaia di volte. Aveva visto tutto, ispezionato ogni angolo e non aveva trovato una sola botola o arco nascosto che potesse...

Si fermò slittando accanto alle piante di glicine. C'era un posto che non aveva mai esplorato.

Il cimitero della famiglia Malfoy.

Da lì poteva vedere le piante che si intrecciavano attorno alla recinzione di ghisa, e i due pilastri di mattoni chiari e le torce luminose che fiancheggiavano l'ingresso. Le si accapponò la pelle al pensiero di aprire quei cancelli di ferro arrugginiti ed entrare.

Ma non aveva mai messo piede lì prima, quindi dubitava che Malfoy avrebbe mai pensato di cercarla lì.

Hermione fece un respiro profondo, ignorando i peli che le si sollevarono sulla nuca quando aprì i minacciosi cancelli, e corse dentro.

Si era aspettata di vedere file di lapidi qui, sapeva che il suo lignaggio risaliva a molti anni fa, ma non avrebbe potuto prepararla per questo. Era passata davanti al cimitero migliaia di volte, ma aveva sempre tenuto la testa bassa e distolto lo sguardo per evitare di guardare oltre i cancelli. La sua ignoranza l'aveva lasciata cieca, era molto più grande di quanto si aspettasse.

Le tombe continuarono all'infinito. Ce n'erano centinaia. Anche se i prati e i fiori erano ben curati come quelli della tenuta, le lapidi sembravano antiche e trascurate. Alcune erano avvizzite dal tempo, altre erano così ricoperte di piante di edera che le iscrizioni erano appena visibili. C'erano statue di angeli ovunque guardasse, tutte scolpite nel marmo più bello, tutte a vegliare sulla tomba di qualcuno della famiglia Malfoy.

Hermione poteva praticamente sentire gli antenati di Malfoy sibilarle contro, rotolandosi nelle loro tombe mentre correva oltre di loro e gli alti mausolei. Nel profondo della sua mente, si chiedeva perché ad alcuni membri della famiglia fossero state assegnate cripte così imponenti mentre altri dovevano accontentarsi di semplici lapidi, ma non si soffermò su questo.

Girò a sinistra, e poi ancora, alla ricerca di una grande tomba dietro cui nascondersi. Cavolo, scaverebbe lei stessa una fossa se ciò significasse avere qualcosa in cui nascondersi.

Si fermò di colpo, perché non era sola nel cimitero come pensava.

Il suo respiro si fermò quando lo vide, e istintivamente si tuffò per nascondersi dietro una lapide corrosa. Attese, ascoltando i passi che si avvicinavano attraverso il ruggito del sangue nelle orecchie, e quando non arrivarono mai, sbirciò lentamente oltre la sommità della pietra.

Nott sedeva a gambe incrociate sul pavimento davanti a una tomba che non riusciva a leggere.
C'era un calore gentile, quasi gentile nei suoi occhi mentre chiacchierava tranquillamente con la lapide, come se stesse parlando con il fantasma a cui apparteneva la tomba.

La sua Maschera d'Oro era gettata con noncuranza sul pavimento, e Hermione lo guardò agitare la bacchetta una, due volte, e pochi secondi dopo una corona di peonie rosa si materializzò sulla tomba. Disse qualcosa alla lapide, poi ridacchiò piano tra sé. Non aveva mai visto Nott ridere prima, o le rughe che decoravano la pelle intorno ai suoi occhi quando sorrideva.

Hermione si avvicinò silenziosamente, consapevole di ogni passo che faceva. Non poteva rischiare di schiacciare un ramo vagante sotto lo stivale e di allertare Nott della sua presenza. Lo aveva visto sul campo di battaglia e sapeva fin troppo bene quanto velocemente avrebbe potuto girare su se stesso e porre fine alla sua vita con un solo incantesimo.

Beh, sicuramente era nel posto giusto, se le cose avessero preso quella sfortunata piega.

Mentre si avvicinava, si rese conto che la tomba davanti alla quale era seduto non era contrassegnata. Non era invecchiata come molte degli altri qui. Sembrava che non avesse più di qualche anno, ma la pietra era nuda, senza una sola incisione o un graffio di alcun tipo. Ma c'erano dei ninnoli deposti alla base della tomba: un braccialetto d'argento, una candela arancione, un piccolo orsetto di peluche con un papillon e un anello d'argento con un grande zaffiro scintillante che-

Delle braccia forti le avvolsero all'improvviso la vita e labbra fredde scivolarono sul guscio del suo orecchio.

"Daemonium, ortus."

[...]

"Sta bene?" Theo rallentò il passo e abbassò la testa per poter vedere meglio il volto della strega che camminava accanto a lui. "Non ha un bell'aspetto."

A Draco non piaceva quanto Theo si stesse avvicinando. La mano che era avvolta attorno al polso della Granger la trascinò un po' più vicino a lui.

Poteva sentire Theo accigliarsi verso di lui da sotto la maschera. "Cazzo, Malfoy, un po' possessivo?" sbuffò. "Se non lo sapessi, direi che ti stai affezionando alla Mezzosangue."

"Ho bisogno di tenerla vicino a me," mentì, trascinando Granger solo un po' più vicino. "Nel caso in cui riuscisse a superare la maledizione più velocemente del previsto."

Per la prima volta nella sua vita, Theo aveva ragione.

Granger non aveva un bell'aspetto, non in nessun senso della parola. La Maledizione del Demone era davvero all'altezza del suo nome. Era una succube, un parassita che stava dissanguando il leoncino proprio davanti ai suoi occhi.
La maledizione aveva preso la tinta rosa dalle sue guance e il colore olivastro dalla sua pelle, facendola sembrare pallida e scarna. Sembrava che le assottigliasse anche la pelle, stirandola troppo sugli zigomi e sulla mascella.

Ma la cosa peggiore che la maledizione gli aveva causato, quella cosa che gli faceva stringere lo stomaco ogni volta che la guardava, era il fuoco nei suoi occhi. Aveva spento le fiamme e le aveva trasformate di nuovo in carbone vuoto. I suoi occhi non avevano più miele, né calore, erano di un nero puro. Nero come il suo cuore.

Immaginò che fosse tutto intenzionale. Probabilmente una rappresentazione visiva della fattura in modo che l'incantatore potesse vedere quando era in azione, ed essere in grado di notare quando l'incantesimo si stava indebolendo, ma odiava dannatamente il modo in cui la faceva apparire.

Granger non disse una parola mentre si facevano strada attraverso la foresta oscura, non aveva pronunciato nemmeno una sillaba solitaria da quando si erano materializzati qui per incontrare le otto Maschere Nere che li stavano accompagnando in questa missione. Poteva parlare, la maledizione non le impediva di dire quello che aveva in mente, ma si rifiutava di farlo.

I suoi occhi scivolavano su di lui ogni pochi minuti. Ogni volta che le sue labbra si arricciavano per il disgusto, i suoi occhi spenti lo esaminavano lentamente. E ogni volta il nodo nel suo stomaco si stringeva sempre di più.

Cazzo, avrebbe voluto che lei facesse qualcosa. Schiaffeggiarlo. Dargli un pugno. Dargli un calcio nelle palle. Nulla! Era soffocante vederla così, docile, silenziosa. Era brutto, gli faceva accapponare la pelle vederla così senza vita. Non era giusto. Non era lei.

È solo un'altra missione. Lei non è niente, aveva cantato a se stesso come se fosse un fottuto mantra. Ancora e ancora, desiderando, e pregando che allentasse la tensione nel suo stomaco.

Non significava nulla.

Era un mezzo per raggiungere un fine. Uno strumento per l'Oscuro Signore.

Aveva fatto quello che doveva fare.

Lei non significava niente per lui.

Lei non significava niente per lui.

"Allora," disse Theo dopo qualche minuto di camminata tranquilla. "Cosa c'è di così speciale nei rifugiati che stiamo seguendo?"

Il braccio di Granger si contrasse sotto il palmo di Draco.

"Non sono i rifugiati che ci interessano," disse, con gli occhi puntati su Granger mentre rispondeva alla domanda di Theo. "Sono i membri dell'Ordine che verranno a salvarli, ciò che il Signore Oscuro vuole."

Voleva che facesse qualcosa, qualsiasi cosa, solo per sapere che era ancora lì.

Theo tirò fuori un pugnale dalle sue vesti e iniziò a girarlo mentre camminavano. "Quanti?"

Voleva che lei prendesse il coltello, solo per dimostrare che era ancora lì da qualche parte, sepolta in profondità sotto la maledizione.

"Se tutto va bene non più di dieci," rispose Draco, "lo sai che a loro piace tenere la testa bassa."

Era proprio lì. Proprio alla sua portata -

Theo sbuffò. Tenne in equilibrio l'elsa del coltello nel palmo della mano per qualche secondo, poi la capovolse per giocarci di nuovo.

Draco voleva che lei lo combattesse. Li combattesse. Combattesse la maledizione. Il suo battito accelerò quando lo sguardo di lei guizzò verso l'arma.

Le sue sopracciglia si aggrottarono mentre guardava Theo. Le sue labbra si strinsero in una linea tesa, ma poi i suoi occhi freddi scivolarono di nuovo in avanti, e le mani di Draco si chiusero a pugno.

Cazzo. L'aveva davvero distrutta-

Un fruscio di foglie a sinistra attirò improvvisamente la sua attenzione. Draco si fermò, alzando la mano in modo che il gruppo dietro di lui facesse lo stesso.

Tutti estrassero le bacchette e caddero in un silenzio teso.

La foresta era silenziosa. Troppo silenziosa. Sembrava che tutto si fosse congelato: gli uccelli smisero di cinguettare e anche le foglie smisero di frusciare nel vento.

Qualcosa non andava, Draco lo sentiva.

"Perché ci fermiamo?" gemette una delle Maschere Nere, Draco non si era preso la briga di imparare il suo nome. "Non c'è niente-"

"Shhhhhh." Malfoy tirò Granger un po' più vicino. "Non muoverti finché-"

"Sei troppo paranoico," sbuffò la Maschera Nera mentre avanzava, urtando con sicurezza le spalle di Draco mentre si addentrava nella foresta. "Non c'è niente qui-"

La Maschera Nera fu fortunata che un proiettile partì all'improvviso dal limite degli alberi e gli trapassò il cuore, perché se così non fosse stato, Draco avrebbe ucciso lui stesso quello stupido stronzo.

Nell'istante in cui il Mangiamorte morì, iniziò l'imboscata. I membri dell'Ordine della Fenice saltarono da dietro gli alberi che li coprivano, con la bacchetta in una mano e una pistola nell'altra, e iniziarono a sparare con entrambi contro il gruppo.

Erano molti più di quanto Draco avesse previsto. Le Maschere Nere seguirono i suoi comandi prestabiliti e iniziarono a lanciare scudi e incantesimi protettivi mentre Nott e Draco passavano all'offensiva.
Le imprecazioni sfrecciarono oltre Draco mentre estraeva la bacchetta di sua madre. Rivolse a Granger un'ultima occhiata prolungata, controllò i suoi occhi, poi le porse la sua bacchetta.

Il cambiamento in lei fù... sorprendente. Nel momento in cui le sue dita sottili si strinsero attorno alla sua bacchetta, lei si animò. I suoi occhi erano ancora morti e la sua pelle era ancora opaca, ma lei era lì! Combatteva come nessuno che avesse mai visto. Era spietata, organizzata, intelligente... dannatamente meravigliosa.

Granger usava tutto ciò che la circondava, completamente in sintonia con ciò che la circondava e con qualsiasi cosa potesse usare a suo vantaggio. Prima ancora che Malfoy avesse l'opportunità di contare il numero delle minacce, si voltò, i riccioli le vorticarono attorno al viso, e scagliò un incantesimo senza parole che strappò un grande albero dalle sue radici. Il suolo della foresta tremò e, con un semplice movimento del polso, abbassò l'albero e schiacciò sotto di esso due membri dell'Ordine.

Theo sembrava essere in silenziosa competizione con lei. Per ogni membro dell'Ordine che lei uccideva o rendeva incapace, ne massacrava due in risposta.

Sparò maledizione dopo maledizione, legando alcuni dei loro assalitori in catene mentre altri ricevettero maledizioni verdi. Era potente e implacabile, come lui sapeva che sarebbe stata.

Una tensione inaspettata si formò improvvisamente nel suo petto quando lei uccise un altro membro dell'Ordine che non riconobbe.

Era questo che voleva, no?

Si scoprì che Draco non aveva bisogno di fare molto per contrastare questo attacco, Theo e Granger sembravano aver tutto sotto controllo.

Alcuni membri dell'Ordine riuscirono a passare attraverso le fessure e riuscirono a lanciare brutte fatture sulle Maschere Nere. Morirono tutti e otto nel giro di pochi minuti, o troppo lenti per difendersi o troppo stupidi per reagire.

L'attacco era quasi terminato, rimanevano solo due membri dell'Ordine, e poi un terzo apparve da dietro il limite del bosco: un mago con capelli nerissimi e occhi verdi, che fu abbastanza veloce da disarmare Nott e farlo volare in aria con un incantesimo senza parole.

Potter.

Era dall'altra parte del limite del bosco, a circa quindici piedi di distanza, ma era inconfondibile. Come un fantasma del passato, resuscitato dopo anni di assenza dalla battaglia.

Non appena Theo atterrò sul pavimento con un forte grugnito, Granger si voltò. Puntò la bacchetta contro Potter, la punta raccolse una luce verde mortale...

Ma poi si fermò.

Tutti si bloccarono.

Draco guardò Potter alzare velocemente la sua bacchetta verso Granger per istinto, una difesa automatica, e poi non accadde nulla. Potter non la stava attaccando.
E lei non lo stava attaccando.

Mentre Draco li osservava, era sicuro che la terra avesse smesso di girare. Si fissavano l'un l'altro, bacchette sguainate e mortali, due migliori amici, sui lati opposti della guerra.

Gli occhi verdi di Potter si spalancarono dal terrore quando notò il sangue e la cenere che aderivano ad ogni centimetro di lei. Strinse la mascella e guardò il caos di corpi intorno a lui, poi di nuovo Granger, poi i corpi, poi di nuovo lei.

"Hermione, cosa ti hanno fatto?" La voce di Potter tremava, nonostante la presa salda che aveva sulla bacchetta.

L'espressione di Granger vacillò. Una ruga profonda si formò tra le sue sopracciglia e la sua mascella sembrava quasi vibrare per la tensione.

Theo balzò in piedi. Afferrò la bacchetta dal mucchio di foglie cadute a terra, e marciò verso Potter con intento omicida -

"Aspetta!" Malfoy tese il braccio, usandolo come barriera per impedire a Nott di interromperlo.

"Lo ammazzo, cazzo!" Theo ringhiò mentre sollevava la bacchetta. "Gli strapperò quella maledetta stupida cicatrice dalla fronte!"

"Cazzo, Nott, aspetta e basta!" Malfoy morse, strappando la bacchetta di Theo. "Guarda!"

"Hermione, qualunque cosa ti abbiano fatto, possiamo sistemarla!" Potter gridò, implorando dall'altra parte della foresta. "Non è necessario che tu lo faccia!"

Granger non disse nulla. Girò la bacchetta, puntandola con maggiore precisione sul cuore di Potter.

"Potter ha una mira chiara," sussurrò Theo, poco più di un sussurro. "Perché non la sta attaccando? Potrebbe ucciderla così facilmente in questo momento."

Le narici di Potter si allargarono. Il suo petto si sollevò mentre si avvicinava un po' di più a Granger. "Getta la bacchetta, Hermione!"

"Potrebbe ucciderla, ma non lo farà", continuò Theo, con un tono di stupore colorato. "Lui sa cosa ha fatto. Sa quanto sia letale e che ora è dalla nostra parte, ma non le farà del male."

Granger fece un passo verso di lui. La punta della sua bacchetta scintillava di magia, il fumo verde brillava più luminoso.

"Le sue braccia tremano," sussurrò Theo da sopra la spalla di Draco. Anche con gli incantesimi che alteravano la voce, sembrava preoccupato. "Devono proprio farlo?"

"Sta combattendo la maledizione," disse Draco, osservando il modo in cui tutto il suo braccio destro e la bacchetta che teneva tremavano violentemente. Era ancora lì, cercando di risalire in superficie e fermare tutto ciò. Non poté fare a meno di sorridere compiaciuto. "Davvero ti aspettavi qualcosa di meno da lei?"

"Hermione, per favore, per favore, non farlo!" Potter implorò ancora una volta. La sua voce si spezzò verso la fine, e sembrò mandare in frantumi qualcosa in Granger.

Lei urlò, un urlo penetrante e straziante. Tagliò la bacchetta a sinistra appena prima che la maledizione lasciasse la punta, risparmiando la vita di Harry per un solo secondo. L'incantesimo mortale che scagliò era così forte, così pieno di rabbia, che tagliò a metà un povero albero quando colpì. Schegge di legno e detriti dell'esplosione volarono verso di loro come proiettili, ma Potter non si mosse di un centimetro. Fissò semplicemente Granger, inorridito, come se stesse per ammalarsi.

"HARRY VAI!" La Granger finalmente ritrovò la voce, e urlò così forte che sarebbe stato un miracolo se non si fosse strappata le corde vocali a causa del panico. "PER FAVORE ORA!"

Theo alzò la bacchetta quando i due membri sopravvissuti dell'Ordine si materializzarono per mettersi in salvo.

Malfoy lo fermò. "Lasciali andare. Abbiamo fatto danni più che sufficienti qui oggi."

Gli occhi di Potter indugiarono su Granger ancora per un secondo, devastati, assolutamente distrutti, prima che toccasse la passaporta che aveva in tasca e svanisse.

"Cazzo, Malfoy, ce l'hai fatta!" Theo esultò, dando una pacca sulla spalla al suo amico. "Hai trovato il punto debole di Potter. Il Signore Oscuro sarà così contento!"

"Sì, lo sarà", fu tutto ciò che Draco riuscì a dire.

Non aveva molta voglia di festeggiare, né l'orgoglio che pensava avrebbe provato in quel momento. Guardando Granger, si sentì nauseato.

Perché la Ragazza d'Oro era in ginocchio, con le dita affondate nel fango mentre urlava, piangeva e tremava di un dolore così pesante che sembrava stesse per affogarla.

Era la cosa più dolorosa che Draco avesse mai sentito – ed era tutta colpa sua.

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