[Isabelle's POV]
Serro le labbra, incerta su cosa fare.
L'unica cosa che so è che voglio andarmene al più presto da questa cena.
Fra Eric che mi assilla su cosa non mangiare, i suoi colleghi concentrati solo sul lavoro e l'atmosfera ormai tesa, mi sento di troppo.
''Eric, io salgo su.'' affermo per poi salutare i suoi soci con un cenno.
''Certo, amore. Cerco di non fare troppo tardi.'' replica e io annuisco timidamente.
Stringo il bigliettino fra le mani, nell'ascensore, mentre l'orologio segna le 11:24.
Inconsciamente, mi trovo a tracciare con le dita un percorso sulla mappa blu, appesa proprio davanti a me, che indica le stanze.
La 102, la stanza di Dylan, si dovrebbe trovare in fondo a destra.
Decido di dirigermi verso di lui, senza pensarci troppo, senza dare spazio all'Isabelle più razionale e meno impulsiva.
È un errore? Probabilmente sì.
Ma in fondo, noi siamo un errore.
Un casino inspiegabile, che però è dannatamente bellissimo.
Busso sulla porta che stranamente è già aperta.
Dylan è seduto sul bordo del letto, con un bicchiere di whisky in mano, e con lo sguardo rivolto verso di me.
Non mi rivolge parola, quindi decido di parlare io, tentando di smorzare la tensione che c'è fra noi due.
''Eccomi. Dovevi dirmi qualcosa di importante?'' domando ma lui scuote la testa.
''Come faccio a sapere cosa reputi importante, Isabelle? Ormai non ti conosco più.'' mormora scolandosi gli ultimi sorsi d'alcool nel bicchiere.
''Non dire così. Mi conosci tu meglio di chiunque altro e lo sai.'' bisbiglio silenziosamente mentre mi avvicino a lui.
''Perché eri così strano con Eric stasera? Lo trattavi quasi da amico.'' cerco di chiarire un dubbio che ho da qualche ora a questa parte.
''Una persona un giorno mi disse: tieni gli amici stretti e i nemici ancora di più.'' risponde ma io continuo a non capire.
Prende la mia mano e intreccia le dita nelle mie, un gesto intimo che mi fa rabbrividire.
Ma io non mi smuovo.
Restiamo entrambi in silenzio per qualche secondo.
Noto un vassoio a pochi metri da lui, verso il quale lui si dirige lentamente dopo essersi allontanato da me.
Sento un'ondata di freddo e tristezza travolgermi perché la sua mano non è più intrecciata alla mia.
Alza il tovagliolo che lo copre e vedo un piatto di pasta al sugo.
''Cos-'' dico io confusa corrucciando le sopracciglia per poi avvicinarmi a lui.
Sorrido involontariamente a causa del suo gesto dolce e premuroso.
''L'ho fatta portare qui da me perché so quanto ti piaccia. E soprattutto quel coglione non ti merita e non dovrebbe assolutamente trattarti in quel modo.'' mi spiega con una punta di amarezza nel tono di voce.
Non so nemmeno cosa rispondere perché in fondo anche io so che ha ragione, perciò mi limito a sedermi davanti all'invitante piatto di pasta calda. Mangio e resto in silenzio mentre lui affonda le mani nei suoi capelli.
''Grazie.'' mormoro silenziosamente una volta finito il piatto.
Mi alzo e lui si posiziona davanti a me.
''Ti ho lasciata andare perché volevo vederti felice, non con uno che si preoccupa più di quanto mangi che di quanto tu stia bene.'' afferma lui mentre poggia la sua mano sulla mia.
Lo so, Dylan.
Lo so fin troppo bene.
Credimi.
''Anche io ti ho lasciato per vederti felice e ti ritrovo con gli occhi rossi e ubriaco.'' ribatto alzando le sopracciglia.
''Una volta te l'ho detto che eri tu la mia droga. Quando non ti ho, ricorro a qualcos'altro.'' bisbiglia scostandomi una ciocca di capelli dal volto.
E tu sei la mia, Dylan.
''Devi ricorrere anche a biondine che trovi in giro per la crociera?'' inarco le sopracciglia e lui abbassa lo sguardo.
''Ti ho vista col tuo amore e mi sono incazzato. Cosa avrei dovuto fare?'' ribatte lui con tono fermo.
''Quindi l'hai fatto per pura gelosia?'' domando e lui passa un pollice sulle mie labbra, facendomi arrossire.
''Esattamente. Anche tu stai con Eric per pura gelosia.'' inarca un sopracciglio con un mezzo sorriso.
''No.'' mento io.
Non posso dargli questa soddisfazione, non adesso, perché non ho ancora capito le sue intenzioni.
''Quindi sei felice con lui?'' ribatte, quasi sussurrando il che lo rende molto più attraente.
''Sì.'' mento di nuovo, rispondendo a monosillabi, sennò capirebbe quanto mi trema la voce.
''Non mentire, Belle. Non a me.'' mi accarezza il collo e poi le spalle, leggermente scoperte dal vestito.
Appoggia il bicchiere vuoto sulla scrivania davanti al letto e poggia una mano dietro al mio ginocchio.
Mi incita a sedermi sopra di lui e io ascolto.
Perché ha ragione, non posso mentirgli.
E soprattutto, non posso nascondergli il bisogno che ho di stargli vicina.
Preme le sue labbra sulle mie, facendomi arrossire all'istante.
È un gesto fin troppo dolce e intimo, qualcosa di cui entrambi abbiamo bisogno.
Dylan mi sfiora appena la mascella con le labbra morbide, mentre i nostri respiri si mischiano.
Si sofferma per qualche secondo sul mio collo, facendomi rabbrividire.
Senza levarmi gli occhi di dosso, senza nemmeno la minima intenzione di interrompere il nostro contatto visivo, ci spogliamo entrambi.
I nostri corpi emanano calore, desiderio, voglia di unirsi per non separarsi mai.
Forse non sarei mai riuscita a cambiare Dylan, forse nemmeno lui sarebbe mai riuscito a cambiare me.
Ma i nostri sguardi, le nostri mani sul corpo dell'altro, le nostre labbra, la nostra intesa...sono tutte cose che non sarebbero mai cambiate.
Esercita una leggera pressione sui miei fianchi, per poi finalmente far aderire i nostri corpi, dopo tanti lunghi mesi.
Emetto un gemito profondo, quasi gutturale, appena percepisco i nostri corpi fondersi.
Questa sensazione mi è mancata più di quanto volessi ammettere, a giudicare dal mio battito cardiaco che accelera ogni secondo di più.
Gli graffio la schiena, in preda al piacere, mentre ogni nervo del mio corpo sembra tremare in maniera incontrollabile.
Ogni singolo movimento di Dylan è travolgente, come le onde del mare che sbattono contro la nave.
E soprattutto è devastante, come la nostra storia d'amore.
Perché nonostante ci faccia soffrire, è anche l'unica a farci sentire vivi.
''Dylan...'' sussurro, incapace addirittura di formulare una frase di senso compiuto.
Vorrei urlargli che voglio vivere per sempre le sensazioni che sto provando in questo momento, che i nostri corpi sembrano modellati per fondersi insieme, che lo amo.
''Mi è mancato tutto di te, piccola.'' replica lui, all'apparenza in totale controllo di sé.
Ma appena i nostri corpi cominciano a vibrare, assaliti dal culmine incomparabile, capisco che la verità è ben diversa.
Si sdraia accanto a me, esausto, mentre il suo petto sale e scende al ritmo dei suoi respiri irregolari e ansanti.
Sento tutti i miei muscoli tesi, le goccioline di sudore mi provocano una sensazione di solletico sulla fronte e sul petto.
L'unica cosa che vorrei fare, in questo momento, è addormentarmi fra le sue braccia e dimenticarmi del mondo esterno.
Almeno per una notte.
Ma non posso, perché sennò Eric scoprirebbe tutto.
''Io devo andare.'' bisbiglio silenziosamente prendendo le mie cose, mentre spero che lui non ci rimanga troppo male.
''Ci sono abituato.'' risponde lui, facendomi sentire estremamente in colpa, tant'è che sento lo stomaco costringersi data quest'orribile sensazione.
''Un giorno lo capirai. Ne sono sicuro.'' aggiunge, delineandomi la mascella con l'indice.
''Che cosa?'' domando corrucciando le sopracciglia.
''Che non riusciamo a stare lontani l'uno dall'altra per molto tempo.
Un giorno lo capirai.'' ripete, facendomi rabbrividire.
''Forse in un'altra vita. Ma in questa mi sembra difficile.'' rispondo, come se spegnessi la capacità di provare emozioni.
Chiudo la porta alle mie spalle, lasciandolo confuso mentre sopprimo le lacrime con le ultime forze che ho nel corpo.