Psicanalisi e proposte preoccupanti [2]

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«Michele, che fai stasera?»

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«Michele, che fai stasera?»

Trattenne un'imprecazione.

Era entrato in classe da neanche cinque minuti, porca troia. Non avevano pietà. Massimo il fighetto era seduto sul banco, le mani intrecciate tra le gambe e i gomiti sulle ginocchia, a sorridergli con aria malandrina, una felpa dell'Adidas a stringere le spalle larghe.

Michele lasciò scivolare lo zaino sul banco e storse la bocca.

«Ho un appuntamento improrogabile con Sasha Grey» rispose. Rebecca, Rebby per gli amici, rise, spostandosi una ciocca dietro l'orecchio. Gesù, quella voleva scoparlo e neanche cercava di nascondere la cosa. Dio, aiutami.

«Dai è sabato, devi uscire con noi» insistette il biondo «Ti faccio conoscere un sacco di figa».

«Mamma che finezza» Rebecca gli diede una manata sul braccio e Massimo si ritirò con un ahia che fece immediatamente crollare la sua aria da sciupafemmine tanto costruita bene. Simone il truzzo se ne stava seduto sulle sue, occhi puntati sull'iPhone coperti da quella frangia castana. Servivano più persone come lui, al mondo.

Michele socchiuse le labbra, in cerca di una palla per scampare a una serata che certamente non voleva vivere nel corso della sua esistenza tanto effimera.

«Ci vediamo alle nove in piazza, confermato» saltò giù Massimo, per poi avvicinarsi «Dammi il numero e ti metto nel nostro gruppo».

Estrasse il cellulare dalla tasca e Michele imprecò mentalmente. I gruppi WhatsApp no, per favore. Mai roba più demoniaca e scassapalle era stata creata dal genere umano. Il biondo lo fissava con insistenza, un sopracciglio alzato, e alla fine Michele gli dettò il numero con un sospiro. Aveva appena firmato la sua condanna. Vabbè, faccio silenzia per un anno e addio.

«Seduti!» esclamò una nuova voce, accompagnata da passi veloci.

Michele si lanciò sulla sedia, mentre i suoi nuovi compagni di classe correvano subito ai ripari con un silenzio innaturale immediatamente calato, come non lo aveva ancora sentito lì dentro.

E questo gli fece capire che quella doveva essere la prof stronza della situazione.

Non era vecchia come il tirannosauro di Italiano, ma neanche giovane come il modello di Scienze. Minuta, con una voce squillante e modi bruschi e rapidi mentre posava la borsa e subito apriva computer e tutto, senza neanche un buongiorno di cortesia.

Questa ha la faccia di una che te lo mette in culo con un'interrogazione a sorpresa e ti fa valere il 2 nella media finale.

Sperò solo non insegnasse Latino e Greco, se no era fottuto, e non nel senso che lui sperava.

«E tu?» la prof alzò un sopracciglio sottile nella sua direzione. Michele tirò su col naso, trafitto da quello sguardo intenzionato a sviscerarlo dall'interno, e si lasciò scivolare lungo la sedia.

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