Sentimenti in orbita [1]

1.9K 168 95
                                    

«Si gela qui» Michele stirò un sorriso e Simone alzò appena le sopracciglia

Oops! This image does not follow our content guidelines. To continue publishing, please remove it or upload a different image.

«Si gela qui» Michele stirò un sorriso e Simone alzò appena le sopracciglia.

«Te ne stai pentendo ora, eh?» mormorò. Michele strinse le labbra e lasciò scivolare le dita lungo il suo braccio, un percorso invisibile appena accennato. Le guance e la punta del naso di Simone mostravano una spruzzata di rossore, forse per lo sbalzo di temperature, e Michele sperò di non sembrare troppo scemo, lì con la faccia a fuoco e le viscere preda di attorcigliamenti.

«Meglio se usciamo, dai» soffiò Michele e, quando Simone gli strinse appena il braccio, socchiuse le labbra, investito da un'onda anomala di emozioni mentre il respiro di Simone gli accarezzava il viso - quando ci siamo avvicinati così tanto?

Simone chiuse gli occhi, le ciglia a carezzare gli zigomi, poi trattenne il respiro.

«Andiamo» disse, sfuggendogli di mano per tornare ai massi, i suoi movimenti a muovere appena l'acqua. Michele gli andò dietro, arrampicandosi e accettando l'aiuto di Simone per portarsi su. Scrollò i capelli come un cane, le gocce a volare da tutte le parti, e indossò di nuovo le scarpe, afferrando il resto della roba.

Ripercorsero il sentiero all'inverso e raggiunsero il lungomare, dove qualche occhiata interdetta nella loro direzione procurò come risposta uno sguardo divertito condiviso.

«Che palle, devo prendere il pullman» Simone sbuffò e le dita corsero tra la frangia, ora sparata in alto a mostrare il viso.

«Torni tra i plebei» sogghignò Michele, camminando all'indietro per vederlo meglio «A proposito, perché Massimo ha detto che la macchina era il regalo del diciottesimo? Era una palla?»

Simone alzò le sopracciglia e un angolo delle labbra in un cenno affermativo. Michele piroettò di nuovo dritto e individuò la fermata del pullman, raggiungendola in uno slalom tra le persone, a rabbrividire per quel gelo ancora più pungente ora che era bagnato fradicio da capo a piedi.

«Lo prendi anche tu?» chiese Simone e Michele alzò le spalle.

«Secondo te che faccia avrà fatto Ivan quando ha visto i motorini al rogo?» gli chiese sottovoce, andandogli vicino per non farsi sentire da quelli che, come loro, aspettavano il pullman. «Secondo me qualcosa tipo così.»

Imitò l'urlo di Much e Simone trattenne una risata.

«Spero non ci faccia il culo a scuola» considerò.

«Sicuro vuole il mio culo» sogghignò Michele «Ma tanto non glielo darò mai. Bastardo infame.»

«Perché, dici che è gay?» corrucciò le sopracciglia Simone.

«La mia teoria è che tutti gli omofobi sotto sotto nascondano una traccia di omosessualità repressa» agitò la mano per aria «Che poi Ivan è oggettivamente attraente ma è talmente un bastardo infame che non me lo farei mai.»

«Attraente» ripeté Simone, allontanando gli occhi «Quindi se non fosse stato un bastardo... ci avresti provato con lui?»

Michele alzò le spalle, poi individuò il pullman in avvicinamento e fece per chiedere a Simone se fosse quello giusto.

«E se io fossi gay, ci proveresti con me?»

Michele perse un colpo, ma trovò Simone girato a fissare il pullman, impedendogli di scorgere la sua espressione, mentre intanto rischiava l'infarto istantaneo.

Si riscosse all'arrivo del mezzo e andò dietro a Simone, saltando dentro e afferrando subito il palo. Simone poggiò la spalla a quello di fronte e con quei capelli sparati in alto, a mostrargli il volto, Michele sentì le gambe tramutarsi in gelatina.

«Perché questa domanda?» sorrise, nervoso.

«Così» alzò le spalle lui, disinteressato «Anche se non penso di essere il tuo tipo.»

«Cosa? Perché?» fece Michele, sempre più sorpreso dalla piega presa dalla conversazione. Simone strinse le labbra e fissò il vetro del finestrino, il rossore a espandersi sul collo.

«Insomma, tu sei...» le dita corsero tra i capelli umidi e scosse la testa «Vabbè, domanda scema. Lascia stare.»

Il resto del viaggio passò in un mutismo carico di imbarazzo per Michele, le lievi scosse a destabilizzarlo appena mentre lanciava occhiate di sfuggita a Simone. Le luci fredde lo illuminavano e l'odore salmastro di mare pizzicava ancora le narici. A un certo punto, incontrò le iridi color caffè di Simone su di sé. Il battito schizzò oltre il vetro e strinse la presa sul palo, la mano umida, mentre, in silenzio, si fissavano.

«Devi scendere qui, penso» mormorò Simone e Michele lanciò lo sguardo lontano da lui e dal giramento di testa provocatogli da quel momento di che cosa, esattamente? per appurare dove fossero arrivati, il pullman che rallentava in vista di una fermata.

«Ci vediamo domani?» sparò Michele, per poi darsi a ceffoni mentalmente. Domani è domenica, che cazzo sto dicendo?

Simone non rispose, sorpreso, e Michele raggiunse l'uscita veloce.

«Ciao» lo salutò rapido e balzò fuori dal mezzo. Scambiò un'altra occhiata con Simone prima che le porte del pullman si chiudessero dietro di lui, dopodiché allontanò la propria patetica figura lungo la via.

Michele scosse la testa con forza, i capelli a colpirlo in faccia.

Mi devo dare una calmata con le figure di merda, pensò, diretto a passo dia  marcia verso una ben meritata doccia calda.

Rebel RebelWhere stories live. Discover now