Il Regno dei Casinisti [3]

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Mentre percorrevano nuovamente il corridoio, diretti all'aula da cui erano partiti, Michele all'inizio non avvertì differenze

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Mentre percorrevano nuovamente il corridoio, diretti all'aula da cui erano partiti, Michele all'inizio non avvertì differenze. Fu quando ogni passo iniziò a pesare meno e quando, entrato in quella nube di onde grigie ipnotiche, gli sembrò di vedere la musica, che percepì il cervello partito per la tangenziale.

Il battito si fermò e poi ripartì, più rapido che mai, le mani che sudavano all'improvviso, un caldo asfissiante a far pesare ogni respiro.

«Che gli viene?» avvertì la voce lontana di Massimo mentre si metteva seduto a terra a fatica. La risata femminile riecheggiava nei meandri della mente, Simone nel suo campo visivo, gli occhi chiusi e la fronte aggrottata.

Michele respirò l'aria satura d'erba a pieni polmoni, poi rise, i palmi sul pavimento freddo, guardando il soffitto. Le crepe sembravano muoversi, diventare sorrisi, pronti a cadergli addosso e magari ucciderlo sul colpo. Altro che occupazione, poi.

«Mi sto sentendo male».

Al gemito di Simone, fece scivolare gli occhi su di lui, trovandolo con la testa poggiata sulla mano, un'espressione sofferente a mala pena trattenuta.

«Non fare il frocetto, dio santo».

Gli occhi seguirono ora quelli scazzati dell'altro e Michele trovò Rebecca, di fronte a sé, seduta tra le gambe del suo tipo, la schiena poggiata sul petto ampio di chi aveva appena parlato.

«Bella raga, dobbiamo finire questa roba».

Una nuova voce che vibrava nell'aria, poi bottiglie di alcool distribuite tra tutti. Si era formato una specie di cerchio nel centro dell'aula. Michele se ne stava seduto lì a terra, occupando la scuola di notte, dopo aver preso una pillola di cui ignorava la composizione e con una bottiglia di qualcosa di non ben identificato in mano.

Cercò di distinguere le parole sull'etichetta, con scarso successo, la superficie gelida del vetro a scivolare tra le dita.

«Che americanata» rideva il suo biondo preferito alla volta della stessa ragazza di prima, la quale aveva pronunciato una frase che gli era però sfuggita. Quella insistette con un Daiiii che quasi fece esplodere il timpano di Michele.

«Che ha detto?» biascicò verso Simone, i capelli corvini che intanto gli cadevano un po' sul viso, ma troppo stanco per scostarseli.

«Vuole fare Io non ho mai» incontrò il suo sguardo solo per un secondo, poi Simone si allontanò, mettendosi più distante. Michele pensò che, forse, con tutto il sudore che gli scorreva lungo la schiena avesse iniziato a puzzare e si annusò. Fu distratto da qualcuno che batteva i piedi a terra, come a imitare un rullo di tamburi.

«Inizio io! Non ho mai... baciato una ragazza» sorrise e bevve. Lo fece anche Michele, ricordando le elementari e quella bambina con l'apparecchio che gli faceva troppa pena per spezzarle il cuore. Sono sempre stato un gentiluomo.

Rebel RebelWhere stories live. Discover now