Capitolo 21.

1.1K 28 0
                                    

Il dolore mi lacerava il petto. Più cercano di ricordare, e più le fitte si facevano largo nel mio cuore.

Vedevo la mia partenza avvolta nell'oscurità mentre mi avventuravo verso un futuro incerto, seduta sola in quella diligenza mentre le lacrime mi rigavano il viso.

Sentivo ancora una volta la paura che sentivo mentre camminavo per le strade di Londra dopo aver deciso di non entrare in quel convento che forse mi avrebbe salvato la vita.

Vedevo lo sguardo cupo di Adair posarsi su di me la prima volta, mentre il mio corpo vedeva lentamente, mentre il mio respiro si faceva sempre più corto.

Sentivo ancora una volta la perdita di mio figlio.

Non avevo mai immaginato che cosa si provasse a perdere un figlio, ma in quel momento lo sapevo, ed era la sensazione peggiore del mondo, come se qualcuno ti strappasse tutti gli organi a mani nude.

Sapevo che non mi sarei mai ripresa da quella perdita che mi accompagnava tutti i giorni, e che avrebbe continuato a farlo fino al giorno della mia morte.

Vedevo, forse per l'ultima volta, l'ombra dello sguardo di Henry mentre stringeva le mie mani, il suo profumo sulla mia pelle, la sua voce che mi spezzava il cuore.

Sentivo tutte le emozioni accavallarsi nel mio corpo, e ogni secondo che passava mi soffocavano sempre di più, era come se avessi un cappio legato alla gola, che ogni secondo si stringeva sempre di più.

Non ero costretta a stare lì, perciò avrei fatto vedere ad Adair una volta per tutti cosa voleva dire mettersi contro di me. Voleva la guerra? Benissimo, io a quel punto non avevo più niente da perdere.

Immediatamente uscì dalla mia stanza e percorsi il lungo corridoio ornato da bellissimi quadri, e a passo veloce mi diressi in quella che era la stanza di Adair.

Aprì la porta senza nemmeno preoccuparmi di bussare, non mi importava più di niente, che io collaborassi o meno, alla fine, lui mi avrebbe picchiata comunque, tanto valeva ribellarmi, doveva rispettarmi.

Entrai nella sua stanza, il letto a baldacchino era ancora integro, e questo significava che lui non aveva ancora dormito. La stanza era sommersa in una coltre di fumo spesso, quasi faticavo a vedere dentro. In fondo alla stanza, accanto al camino acceso Adair stava sdraiato per terra, fermo immobile.

In quel momento non so che cosa scattò in me, ma mi avvicinai velocemente a lui e prendendolo dalla camicia lo strascinai fino alla poltrona adiacente al letto, dove poi lo feci sedere.

Lui alzò la testa, aveva gli occhi completamente arrossati e il movimento di questi ultimi era lento e disconnesso. Aveva il corpo molle, non si preoccupava minimamente di tenersi in posizione eretta, al contrario stava insaccato su se stesso.

- Guardami - Dissi con tono fermo, per la prima volta da quando ero entrata lì dentro.

Non ottenni nessuna risposta.

- Ho detto guardami - Continuai mentre il viso mi si tiró in un'espressione più che seria.

Ancora una volta il suo corpo non mi dette nessun segno di risposta, così, presa da un momento di follia nel guardare gli occhi del mi aguzzino li detti un ceffone violentemente sul viso.

Questo lo fece riprendere.

Scattò in avanti velocemente cercando di colpirmi, ma prontamente mi tirai indietro e risposi a mia volta con uno spintone che lo rimise a sedere immediatamente.

- Non ti azzardare. - Parlai con tutta la forza che possedevo, e in quel momento mi sentivo davvero me stessa, senza paure.

Sentivo le guance andarmi a fuoco mente negli occhi mi si iniettava il sangue, potevo sentirlo.

- Che cosa stai facendo Lanore? Perchè mi istighi? - Domandò a tono basso e pacato.

Scoppiai in una fragorosa risata.

- Istigarti? A fare cosa? A picchiarmi? A violentarmi? - Mi chinai verso di lui.

- Ma guardati - Mi avvicinai al suo viso abbassato in modo che potesse guardarmi negli occhi. - Sei talmente malmesso che non riesci nemmeno a reggerti in piedi, talmente malmesso che le donne riesci solo a picchiarle. -

I suoi occhi tuonavano silenziosamente, ero sicura che in condizioni normali mi avrebbe ammazzata, tuttavia, sarei morta ugualmente se non avessi fatto qualcosa, e in fretta.

- Smettila. - Disse a denti stretti.

- Chiariamo subito una cosa. La Lanore che conoscevi non c'è più, puoi dimenticartelo di mettermi le mani addosso ancora una volta, io non sono tua moglie, ne un membro della tua famiglia, non hai potere su di me. Non più Adair, e non me ne starò di certo qui a farmi ammazzare. Mettitelo bene in testa - Dissi d'un fiato ma duramente.

Immediatamente il suo viso si incurvò in un sorriso.

- E cosa ti fa pensare che dopo queste parole ti lascerò andare? - Domandò.

Io mi tirai di nuovo in posizione eretta.

- Vediamo... - Camminai per la stanza con un filo di follia nella voce, mentre con i denti mi torturavo il labbro inferiore.

Mi avvinai al comò e notai un paio di forbici poggiate su di esso, le guardai per qualche secondo, e poi le afferrai.

- Che ne dici se cambiamo i ruoli? Io sono il carnefice, e tu la vittima... - Mi avvicinai a lui.

- Ti va? - Sorrisi.

- Piccola sgualdri... -

Prima che finissi la frase gli puntai le forbici alla gola.

- Tu! Devi passare tutto quello che ho passato io! - Urlai.

- Devi sentire il dolore scorrerti nelle vene, il cuore spezzato che a malapena batte, la mancanza di un figlio che ti è stato malamente strappato dal ventre, devi sapere cosa si prova a invocare costantemente la morte perchè ti porti via da un'uomo che ti sta uccidendo - Stavo piangendo.

Il suo sguardo era fermo nei miei occhi colmi di lacrime, a malapena riuscivo a respirare, ma dovevo buttare fuori tutto ciò che avevo in corpo.

- Devi sapere cosa vuol dire essere sul letto di morte, consapevole che non rivedrai mai le persone che ami! Devi soffrire come sto soffrendo io! -

Non appena smisi di parlare qualcuno mi prese da dietro cercando di allontanarmi da Adair.
Cercai di divincolarmi, in quel momento nessuno doveva toccarmi, avevo bisogno di tirare fuori tutto quello che sentivo.

- Lasciami! - Urlai in preda alle lacrime.

Adair invece continuava a restare seduto con lo sguardo fisso.

- Lasciami andare! - Continuai a dimenarmi.

Nella stanza fece irruzione un'altro uomo, biondo, con gli occhi azzurri, più o meno alto come Adair, poteva avere si e no 25 anni.

- Cazzo Jonathan portala via! Muoviti! - Urló camminando velocemente verso di lui.

Jonathan mi portó fuori, e prima di calmarmi ci vollero almeno venti minuti.
Lanciai vasi, libri, posate, bicchieri e qualsiasi altra cosa mi capitasse tra le mani, poi, una volta calma Jonathan mi diede una tisana e mi fece sedere.

- Che cosa ti è preso Lanore? -

Alzai lo sguardo - Sto bene Jonathan, sto più che bene -

Mi strinse e mi fece sedere sulla poltrona accanto al caminetto.

- Ti farai ammazzare così! -

- Morirei comunque, voglio morire con dignità, e prima di cedere voglio combattere -

Lanore era tornata, e adesso nessuno mi avrebbe potuto fermare.

Il Patto. (Amore proibito)  { IN REVISIONE}Waar verhalen tot leven komen. Ontdek het nu