Capitolo 3.

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Erano le cinque e un quarto del mattino quando i miei genitori mi fecero salire sulla prima diligenza diretta a Londra.
- Forza Lanore... - disse mia madre aprendomi la porta.
Continuavo a rimanere in silenzio, avrei tanto voluto che Hanry fosse stato lì per fermarmi, per impedirmi di partire, per riconoscere suo figlio e passare il resto della vita con me,ma, ero sola, lui non mi avrebbe fermato, e io sarei partita.
Salì sulla diligenza e rimasi a guardare fuori mentre l'immagine dei miei genitori si allontanava sempre di più.
Ero diretta in un convento, li avrei partorito mio figlio e lo avrei cresciuto come un vero e proprio cristiano, così avevano deciso i miei genitori.
Il mio cuore traboccava di tristezza mentre mi allontanavo da quel paese che mi aveva cresciuto, dove avevo trascorso le esperienze più importanti della mia vita.
Ormai il cielo si era tinto di un blu così scuro che rispecchiava benissimo il mio umore.
Dalla diligenza cominciavo a vedere le prime casette londinesi che scorrevano veloci, le stradine erano biue e sucide, in alcuni punti potevo sentire l'odore di urina anche da dentro la diligenza. Prostitute passeggiavano per le strade e avevano rapporti sessuali nascoste nei vicoli bui.
Davvero mio figlio sarebbe dovuto nascere li?.
La diligenza si fermó, l'uomo mi aiutó a scaricare il mio baule, e poi se ne andó via lasciandomi davanti a quell'enorme edificio.
Era bianco, davanti a me vi era un'enorme cancello, il giardino era molto curato, e una croce si ergeva all'entrata, ma nonostante tutto il mio corpo non si muoveva.
Non potevo entrare lì dentro.
Non volevo entrare lì dentro.
Presi una decisione, avrei tentato la fortuna,
Presi il baule e lo trascinai per quelle strade buie.
Sapevo che quella era la scelta giusta, me lo sentivo, ma nonostante tutto continuavo a piangere. Mai mi sarei immaginata tutto questo.
D'un tratto fui costretta a fermarmi, un forte dolore mi pervase il corpo e un gemito mi uscì dalla gola.
Mi guardai intorno, quando una diligenza si fermó davanti a me.
Vidi la porta aprirsi e il volto di una giovane donna sporgersi verso di me.
- Signorina? - mi chiamó.
Alzai lo sguardo e la fissai, era bellissima, vestita di tutto punto.
Non risposi, non sapevo che dire.
- Sai parlare? - Mi domandó.
- Si -
Sorrise.
- Così va meglio, che ti è successo? - Chiese scendendo dalla diligenza.
I miei genitori mi avevano insegnato il rispetto, e sapevo che quando mi trovavo davanti a qualcuno di nobile, o di altolocato non dovevo mai guardarlo negli occhi.
- Mi sono persa Lady - Risposi fissando la strada bagnata.
La donna si chinó verso di me.
- Sei scappata? -
Annuì.
- Albert! Carica il baule della signorina, avanti, alzati - Mi tese la mano.
Ero stupefatta dalla gentilezza di quella donna, non sapevo che a Londra fossero così ospitali.
Le afferrai la mano e mi alzai.
- Grazie Lady - Feci un leggero inchino.
La donna mi fece salire mentre i dolori al ventre diventavano sempre più forti e frequenti.
- Come ti chiami? - mi chiese.
- Mi chiamo Lanore - Sorrisi educatamente.
- Lanore, un bellissimo nome, sai dove stiamo andando? -
Non sapevo nulla, in quel momento la mia vita era un totale mistero.
Scossi la testa.
- La vedi quella villa? -
Girai la testa e vidi una villa a dir poco magnifica. Era immersa nel verde, sembrava quasi un castello, il giardino era piano di statue di marmo.
- Wow -
- Adesso ti porterò dal padrone di casa, mi raccomando - Mi fece scendere. - Si educata e parla solamente quando vieni interpellata -.
Annuì.
Tutto era meglio della strada.
Entrammo dentro la villa e un grande salone mi accolse, infondo alla stanza c'era un camino che illuminava, al centro vi erano dei divani rossi, forse di velluto, e sul lato enormi scale di marmo bianco.
Salimmo le scale e percorremmo un corridoio pieno di quadri. Vi erano raffigurati uomini, donne, bambini, uno in particolare mi colpì, una donna, con i capelli neri e un bambino in braccio.
- Eccoci - Disse la gentil donna fermandosi davanti a una porta chiusa.
Feci un respiro profondo, i dolori al ventre mi impedivano di stare in piedi.
La donna bussó e qualcuno dall'altra parte della porta gridó.
- Avanti! -
Era una voce maschile, calda e possente, che metteva in soggezione.
La porta si aprì, la donna mi spinse ad entrare.
Mi trovai davanti un'uomo, giovane, non più di venticinque anni, con i capelli neri, gli occhi così penetranti che anche solo sostenere il suo sguardo sarebbe stato impossibile.
- Bene bene, chi abbiamo qui? - sorrise.
Non mi mandava buone sensazioni, anzi, sentivo la sua cattiveria.
- Beh? Come ti chiami ragazzina? -
I dolori erano diventati insopportabili.
- Lanore... mi chiamo... - Non riuscì a finire la frase, tutti si fece scuro.
Svenni.
_____
Quando aprì gli occhi tutto era sconnesso.
Sentivo delle fitte al ventre, e mi trovavo in una camera da letto.
Mi tirai su leggermente, davanti a me si trovava una grande cassettiera, un enorme armadio e uno specchio ovale. La finestra era semi aperta e forse era proprio per quello che sentivo freddo.
Mi sentivo strana, il mio bambino... non lo sentivo più.
Mi alzai e mi diressi alla finestra per chiuderla, quando mi girai vidi l'uomo misterioso sdraiato sul letto.
Sobbalzai e prendendo il mio vestito dalla sedia mi diressi verso la porta d'uscita.
- Dove credi di andare? -
Mi bloccai.
- Io... - Mi girai. - Grazie signore ma non posso restare - dissi con tono basso.
Lo vidi alzarsi, nonostante la situazione ero sicura che la sua bellezza fosse una cosa fuori dal normale.
- Tu non vai da nessuna parte Lanore - Mi prese per il braccio e mi attaccó alla porta.
- Come vi permettete?! - Dissi di botto.
Lui rise percorrendo con la mano il mio corpo.
- Che cosa state facendo?! Levatemi le mani di dosso! - cercai di dimenarmi ma invano.
- Mi piaci sai? Giovane, bella e di sani principi - Mi bació l'incavo del collo.
Ero terrorizzata, non sapevo che cosa fare, dov'ero capitata, e non sentivo più il mio bambino.
- Vi prego... - Dissi con la voce tremante.
Si allontanó da me e si avvicinó al grande comó aprendo il primo cassetto.
- Adoro quando una donna mi prega - Ghignó tirando fuori un piccolo barattolino.
Lo guardai, dentro c'era un liquido giallognolo, e qualcosa vi galleggiava dentro.
Mi avvicinai per vedere meglio, e quando lo feci vidi l'orrore.
Dentro quel barattolo c'era un feto.
Feci immediatamente due più due, il panico prese possesso del mio corpo.
- No! - urlai. - No!! - Scoppiai in un pianto.
Guardai il viso dell'uomo, aveva il sorriso stampato.
- Che cosa avete fatto al mio bambino! -
Prese il barattolo e lo rimise dentro il cassetto.
- Io niente Lanore, è stato il tuo corpo, un'aborto, sai che cos'è? -
Scossi la testa piangendo.
- Quando il corpo della madre non è compatibile con quello del feto -
- Vi prego lasciatemi andare! Vi supplico -
Si giró e prese un abitino dalla sedia.
- Appartieni a me adesso Lanore. Sei mia, e da qui non te ne andrai mai più. Ora perfavore mettiti questo, non mi piace scopare una donna in camicia da notte -
Afferrai il vestito, non avevo più nulla da perdere, avevo già perso tutto.
L'amore della mia vita, mio figlio, la mia famiglia.
Se fossi rimasta lì avrei almeno avuto un tetto e del cibo.
- Posso... posso sapere il vostro nome? - domandi stringendo il vestito tra le mani.
- Mi chiamo Adair - Sorrise.
Annuì e entrai in quello che era il bagno.
Era una stanza accogliente, vi era una grande vasca, un mobile con sali e asciugamani.
Mi guardai per un'attimo allo specchio.
Il riflesso non era più lo stesso.
La Lanore che tutti conoscevano stava scomparendo.
Mi infilai quella specie di vestito da meretrice e uscì.
Adair stava in piedi accanto al letto, ed era nudo.
Trasalì immediatamente nel vedere la sua intimità, non avevo mai visto nulla di simile.
- Avvicinati Lanore, non stare lì immobile -
Impaurita feci come mi disse, e mi avvicinai, averlo a così pochi centimetri di distanza mi dava il terrore.
-Brava - mi prese una mano e se la posó sul petto.
- Toccami - Sembrava più un'ordine che un'invito.
- Io... - mi zittì posandomi un dito sulle labbra.
- Toccami Lanore - indicó con lo sguardo la sua intimità.
Mossi la mano che avevo libera e la portai esattamente dove voleva.
Chinó la testa indietro e sorrise lasciandosi sfuggire un gemito.
Improvvisamente mi mise una mano tra i capelli e mi attiró a sè dandomi un bacio che di casto aveva ben poco.
Mi adagió sul letto e mi sovrastó con il suo corpo.
Nella mia mente non facevo altro che pensare a mio figlio, alla mia vita perduta.
Mentre entrava in me mi sentivo violata, avevo voglia di morire, sentivo le sue mani che percorrevano il mio, ma al posto di provare piacere, provavo dolore, come se invece ad accarezzarmi fossero state mille lame.
Avevo perso tutto.
E adesso non avevo altro che un corpo, rapito.

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Il Patto. (Amore proibito)  { IN REVISIONE}Место, где живут истории. Откройте их для себя