Capitolo 16.

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Avevo perso il conto, in realtà avevo proprio smesso di contare i giorni che avevo passato su quel letto, morente.

Forse era Dicembre, si era Dicembre. Avevo sentito Dorotea parlare con la donna che mi cambiava le lenzuola, e discutevano sul pranzo che Adair avrebbe dato lì a casa sua.

Sicuramente nessuno sapeva dell'esistenza di una ragazza, rinchiusa in una delle tante camere da letto al piano di sopra, no, che domanda sciocca, come potevano saperlo?

Sicuramente si sarebbero seduti a tavola a ridere e scherzare, e mentre le ore passavano io sarei appassita sempre di più.

Perchè nonostante tutto non volevo arrendermi? Cos'era che mi impediva di esalare l'ultimo respiro?.

Sentì dei colpi bassi alla porta, qualcuno stava bussando, e mi aveva impedito di pensare a tutto il resto.

- Avanti.. - Dissi con un filo di voce.

Era Jonathan. Finalmente dopo quasi un mese dal mio malessere era venuto a farmi vista.

Si avvicinò e mi sorrise dolcemente sedendosi accanto a me.

- Lanore - Mi carezzò la guancia. - Come ti senti?- domandò.

Alzai le spalle e mi tirai un pò su con il corpo - Stremata Jonathan, e voi? - Gli strinsi la mano.

- A pezzi per la tua situazione, ancora non me ne capacito che sia arrivato ad un livello simile... - Sospirò.

- Sono ancora viva, quindi non disperare - Gli sorrisi.

Abbassò lo sguardo e successivamente tirò fuori dall'interno della giacca un libro. Lo tenne stretto tra le mani accarezzando la rilegatura rossa, sembrava stesse pensando a qualche cosa per lui davvero importante.

- Voglio che tu prenda questo... So che Adair è contrario a qusto tipo di cose, ma per me questo libro significa tanto... è l'unica storia d'amore che ho letto nella mia vita e, questo libro, mi ha dato la convinzione che anche se le cose sembrano finite, anche se tutto ti sembra andato perduto, alla fine, quando meno te lo aspetti, quello che desideri torna a prenderti - Me lo porse.

Guardavo il suo viso, semplicemente perfetto, quella sua gentilezza ben lontana dall'amarezza e la cattiveria del fratello, sembrava un'angelo, era il mio angelo.

- Io ho trovato una cosa bella in tutto questo - Parlai abbassando lo sguardo sul libro.

Alzò velocemente la testa, nel suo viso si leggeva perettamente la domanda che voleva farmi.

- Si Jonathan - Sorrisi. - Senza di te sarei gia impazzita, o peggio morta -

Sorrise e mi carezzò la guancia.

- Lanore io... -

Adesso sembrava preoccupato, come se avesse paura di dirmi qualcosa.

Gli posai una mano sulla spalla accarezzando il tessuto della sua giacca e facendo faticami tirai su per posarvi successivamente la testa. Rimanemmo entrambi in silenzio, stretti in un'abbraccio che non doveva mai avere fine, almeno non per me, non in quel momento, ne avevo bisogno, dopo tutte quele botte, necessitavo di una carezza. Mi facevo invadere dal suo profumo talente paradisiaco che era in grado di trasportarmi altrove.

- Ti prometto che ti porterò via da qui Lanore

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- Ti prometto che ti porterò via da qui Lanore...Ti farò tornare a casa anche a costo della vita - Mi cinse più forte.

Scossi la testa.

- Non posso farti fare questo, non posso farti mettere contro tuo fratello capisci?-

Lui si alzò.

- Non mi importa di mio fratello, mi importa della tua vita, non meriti questo Lanore! Non meriti di venire picchiata e stuprata giorno e notte! -

Mi appoggiai al cuscino, sapevo benissimo che aveva ragione a questo non cambiava le cose.

- Ho fatto una serie di scelte sbagliate, loro mi hanno portata qui -

Si stropicciò gli occhi con i palmi delle mani.

- Io... -

Scossi ancora la tesa. - No Jonathan, io non ho più nulla da perdere capisci? Ho gia perso tutto... Ormai e finita per me, questa è la soluzione più veloce e facile, ho bisogno di pace adesso. -

Jonathan fece un cenno di disapprovazione.

- Qualcosa ho di mio fratello Lanore, io non mi arrendo, tu uscirai viva da qui. - Sbottò e uscì lasciandomi sola, ancora, sola con me stessa, una ragazza con l'anima tagliata e ricucita nella speranza di tornare a sorridere, un giorno.

_______


Avevo gli occhi chiusi, immersa nei miei pensieri, quando sentii il profumo di Adair nella stanza.

Aprì gli occhi e lo guardai da capo a piedi, aveva addosso un giaccone pesante.

- Perchè porti il cappotto? - Domandai mentre lo vedevo indaffarato a rovistare dentro l'armadio.

Non mi rispose, ed estrasse un cappotto da esso.

- Adair, mi dici che cosa stai facendo? - Chiesi un pò preouccupata.

Venne verso di me e poggiò il cappotto sul letto.

- Ti porto fuori, voglio che guardi una cosa Lanore - Mi sorrise.

Delicatamente mi fece alzare e mi aiutò a vestirmi.

- Sei ben coperta?- Controllò tutti i bottoni del cappotto.

- Si... - Facevo fatica a stare in piedi, per quanto non lo volessi ammettere ero troppo debole.

- Vieni- Mi prese sotto braccio e molto lentamente mi fece scendere le scale, assicurandosi che ogni mio passo fosse sicuro.

Arrivammo davanti alla porta d'ingresso, e Adair la aprì sicuro.

Ero fuori. L'aria aveva un sapore così buono, me ne ero dimenticata.

Tutto il giardino era bianco stava nevicando.

- Guarda Lanore... volevo che tu vedessi la neve - Mi strinse il fianco. - Non è la stessa che c'è nel tuo villaggio, però e stupenda - Sorrise.

La neve era una delle cose che amavo di più in assoluto, ed essere lì in quel momento a guardarla scendere silenziosa mi riempì il cuore di gioia, avrei voluto urlare, correre, ma mi ritrovai a piangere.

- Lanore... stai piangendo... - Adair mi voltò verso di se, e con il dito raccolse una lacrima che scendeva sulla mia guancia.

- No... - Scossi la testa. - Pensavo di non riuscirci più -

Lui chinò la testa.

- A fare cosa? - Mi sorrise.

- A vedere la neve, pensavo che... -

Non riuscì a finire la frase, le sue labbra combaciavano con le mie in quel momento. Le sue braccia mi reggevano in piedi, le stesse braccia che tutti i giorni mi costringevano a terra. Eravamo lì, sotto la neve che scendeva lenta e si posava su di noi.

Nonostante tutto, in quel momento dovevo baciarlo, volevo baciarlo, forse era la neve, ma in quel momento, quelle mani, quelle labbra, erano per me l'unica cosa di cui avevo bisogno.

Nonostante tutto, in quel momento dovevo baciarlo, volevo baciarlo, forse era la neve, ma in quel momento, quelle mani, quelle labbra, erano per me l'unica cosa di cui avevo bisogno

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