¤CAPITOLO 16

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ALEX P.O.V.

Santo Dio che dovrebbe stare in Paradiso, qualcuno mi asporti la testa prima che esploda. Cerco di concentrarmi su qualcosa che non sia il martello pneumatico che ho al posto del cervello, anche se praticamente impossibile soprattutto quando cominci a sentire qualcuno chiamare il mio nome.

X: Alexandra, Alex, Alex svegliati!

Alex: Ce la fai a tenere la bocca chiusa?

Nat: Lo farei se non stessimo rischiando le chiappe! Apri gli occhi, guardati intorno e poi se ne hai ancora il coraggio dimmi che devo stare zitta.

Sbuffando mi sforzo di aprire gli occhi che, in questo momento, sento più pesanti di me dopo tre piatti di Borsh e comincio a guardarmi attorno.
La stanza è piccola quasi angusta, spoglia ci sono soltanto due letti agli opposti della stanza. Nonostante l'ambiente sia così inospitale, ha qualcosa di vagamente familiare sembra sembra casa. Tutte le memorie riaffiorano, o meglio, mi investono come un treno in corsa (Far From Home) appena il mio sguardo si posa sulla parete di fondo dove si trova un letto con sopra ammassate scarpette da ballo, body e appesa al muro una foto di una classe di danza.

Alex: No, no. NO!

Cerco di alzarmi e scappare, ma ricado sul letto trattenuta da un paio di manette strette al mio polso che mi legano alla testiera del letto.

Nat: Alex rilassati, non possiamo andare da nessuna parte, almeno non ora.

La guardo stranita, come può essersi già arresa? Dobbia cercare di uscire, trovare un modo di scappare e invece lei è comodamente sdraiata sulla sua branda come se non le importasse dove ci trovavamo. Leggendo il disappunto sul mio volto ricomincia a parlare.

Nat: Lo so cosa stai pensando, e no non mi sono arresa al nostro destino, ma ragiona. Se noi ci riguadagniamo la loro fiducia avremmo più possibilità di scappare, dobbiamo fargli credere che siamo dalla loro parte per un po' e appena ne abbiamo l'occasione scappiamo di nuovo.

Alex: Ci vorranno mesi prima che si fidino di nuovo di noi Tasha! Non sono così stupidi da darci le chiavi del cancello d'ingresso appena tornate e dirci "hey siamo felici che siete tornate eccovi loe chiave così potete scappare meglio". Dio Natasha ti facevo più intelligente.

Nat: Sarà dura non lo nego, ma è la nostra unica via d'uscita.

Alex: Nat, non ce la faccio, non voglio tornare ad essere quella che ero prima, non voglio più uccidere senza un motivo gente innocente. é una cosa abominevole!

Nat: Lo so, ma è per la nostra sopravvivenza, in più sono certa che gli altri ci stanno già cercando e ci recupereranno prima che possiamo fare qualcosa di così terribile.

Annuisco semplicemente abbassando la testa, ma la rialzo di scatto non appena sento dei passi avvicinarsi alla porta e la chiave girare nel chiavistello e Alexei fa il suo ingresso nella stanza.

Alexei: Ah sono felice di vedere che vi siete già risvegliate!

L'occhiata assassina di Tasha mi blocca dal ribattere in maniera molto sarcastica e finire in qualche sala della tortura. Così cerco di ricordarmi le espressioni più comuni che ricordo di aver visto tra le ragazze della stanza rossa e l'unica cosa che mi viene in mente sono espressioni dure, volti che non esprimono emozioni, espressioni fredde come il ghiaccio. Cerco di reclamare la supremazia sulle mie emozioni mettendole da parte e conservandole per quando arriverà il momento di scappare.
Alexei non sembra curarsi molto della nostra reazione al dove ci trovavamo, scruta la stanza e le manette ai nostri polsi come per verificare se ci fossimo liberate e poi torna sui suoi passi quando sta per chiudere la porta si sofferma ancora un'attimo.

The White Widow Where stories live. Discover now