¤CAPITOLO 18

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Buongiornissimo!
Lo so è da sei secoli che non aggiorniamo, ma grazie a alla santa rebecca_montagni adesso abbiamo un nuovo capitolo dato che io ho perso la mia capacità di scrivere in una qualsiasi lingua che non è l'inglese.
Spero che possiate capire l'assenza e perdonarci.
Becky & Dasy🥰

ALEX'S POV

Mi sveglio e mi rendo conto che ciò che è appena successo era tutto una specie di sogno o almeno credo. Il dolore e le urla, però sembravano troppo veritiere. Apro lentamente gli occhi per vedere Tasha stesa per terra accanto a me, provo ad alzarmi per raggiungerla, ma un dolore lancinante mi costringe a terra. Così lentamente inizio a spostarmi facendo peso sui gomiti, spostandomi fino a raggiungere mia sorella. È ancora priva di sensi, provo a scuoterla, ma non da segni di vita. La guardo meglio e vedo che ha dei lividi sul volto ed il labbro spaccato.
Non è stato un sogno era tutto vero. Mi guardo attorno e vedo una brocca, nella quale ci avevano dato un po' d'acqua durante i pasti, ormai vuota, lentamente la vado a prendere, per poi dirigermi verso uno degli angoli di quella piccola stanza buia che tormenta ancora i miei incubi da quando non ero più che una bambina. Li c'è una piccola perdita da un tubo nel muro, che fa in modo che esca da una piccola fessura un rigagnolo d'acqua. Una volta riempita la brocca mi dirigo di nuovo verso mia sorella e lentamente le faccio bere l'acqua. Dopo un paio di minuti sembra destarsi dal suo profondo sonno. Mi guarda confusa per poi prendermi l'acqua dalle mani e bere. Una volta dissetata rivolge nuovamente lo sguardo a me, per dirmi:

"Non hai per niente un bell'aspetto"

"Neppure te Tasha sei pronta a sfilare su una passerella d'alta moda" affermo sarcasticamente.

"A quanto pare non se la sono bevuta la nostra farsa, pensavo di essere stata abbastanza convincente denunciandoti" constata lei.

"Già, credo che sia stato proprio lì l'intoppo, nonostante tutto non mi avresti mai denunciata a loro"

"Forse hai ragione"

"Ho sempre ragione Natasha, e questo lo sai"

"Devo chiedere a Tony di fare un test del DNA, sono sempre più convinta che tu in realtà sia una Stark"

Rido debolmente, ma subito il dolore alla schiena mi punisce e mi ritrovo senza fiato chinata contro il pavimento.

"Fammi vedere" dice Nat, sollevandomi la maglietta macchiata di sangue, tanto che non vi era più un millimetro non colorato di rosso.

"Cavolo non ci sono andati per niente leggeri con te. Queste ferite sono molto profonde, e finiranno per infettarsi se non le curiamo subito."

Ad un tratto sentiamo la porta aprirsi e vediamo una sagoma stagliarsi lungo il pavimento della camera. È un signore alquanto vecchio, con indosso un camice da laboratorio sporco e logoro ormai dal tempo. Provo a guardarlo in viso, ma controluce non vedo i suoi lineamenti, ma ha qualcosa di familiare. L'uomo fa cenno alle guardie dietro di lui di andarsene.

"Romanoff, è un piacere rivedervi" Quella voce. Quella stramaledettissima voce. La riconosco all'instante, come non potrei.

Inizio flashback

Le lacrime correvano copiose lungo le mie guance. Stringevo forte la mano di Tasha, la quale aveva appena dieci anni. Io ne avevo all'incirca sei, mentre Alina ne avrebbe dovuti compiere otto la settimana dopo. Non avevo il coraggio di guardare il dottore che si trovava di fronte a noi, dal quale le mie sorelle provavano a tutti i costi a proteggermi. Lui si avvicinò di nuovo a noi, con la sua diabolica siringa in mano, mentre ci pronunciava parole in russo, marcate da un forte accento del Nord, che ci sarebbero dovute essere di conforto come "Tra poco sarà tutto finito", "Non vi accadrà niente" o " è solo un pizzico", ma sapevo già cosa sarebbe accaduto, avevo già visto le altre ragazze uscire da lì. Non si ricordavano nulla, avevano lo sguardo perso nel vuoto. Non volevo che questo succedesse anche a me, non volevo dimenticare la mia famiglia, non volevo che le mie sorelle diventassero degli estranei così facevo l'unica cosa che potevo fare, piangevo, mi dimenavo tra le braccia delle guardie ed urlavo a squarcia gola alla ricerca di un aiuto che sapevo che non sarebbe mai arrivato. Alla fine il dottore riuscì a strapparmi dalla braccia di Tasha e Ali, e mi posò su quel lettino sudicio, di un infermeria altrettanto sporca, di un palazzo che stava per cadere a pezzi. Lo guardai negli occhi e con tutto il coraggio che mi rimaneva lo implorai con lo sguardo e con le parole, mentre gli insulti in russo lanciati dalle mie sorelle facevano da sottofondo alla scena.

The White Widow Where stories live. Discover now