CAPITOLO 11

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ALEX P.O.V. 

Ho perso la cognizione del tempo non ho la minima idea di quanto tempo sia passato. So solo  che Sharon ha continuato a torturarmi senza sosta, continua a chiedermi il nome di quello scienziato, ma non mento quando dico che non lo so e non l'ho mai saputo. So di una persona che potrebbe avere quel siero, ma può torturarmi quanto vuole tanto no glielo rivelerò mai.

Sharon: Parla stupida ragazzina! 

Alex: Mai- ringhio.

Dopo aver alzato gli occhi al cielo si avvicina al regolatore della corrente alzandolo al massimo. Un ultimo grido strozzato lascia la mia gola prima che il buio mi circondi.

Sharon: Buona notte fiorellino.

TIME SKIP

X: Alex! Alex, svegliati dobbiamo andare!

Ricomincio a riprendere coscienza quando qualcuno mi scuote violentemente.

X: Alexandra!

Cerco di aprire gli occhi, ma sono troppo stanca. All'improvviso tutta la stanchezza sparisce e i miei occhi si aprono di scatto non appena una mano viene a contatto con la mia guancia.

Alex: Non mi toccare brutta-

X: Alex sono io tesoro, sono Melinda. Ti riportiamo a casa, ma dobbiamo andarcene prima che torni.

Annuisco debolmente per poi farmi aiutare ad alzarmi, circondare un braccio intorno alle spalle di May e incominciare ad uscire dalla stanza trovandoci di fronte Sky e Coulson.

Sky: May come sta?

May: Non lo so, so solo che dobbiamo portarla via di qui.

Intorno a me è tutto così confuso, corriamo per dei corridoi che mi sembrano tutti uguali tra loro. Tutto sembra normale finché una figura ci sbarra la strada, sembra qualcuno di conosciuto ma non riesco a metterlo a fuoco. Sento delle voci in sottofondo, riesco a distinguere solo un "non ce la farete" e li capisco tutto. Riconoscerei quella voce tra mille, Ward, non avevo mai pensato a lui in questo periodo mentre ero qui, ma ora ho capito tutto. é stato lui a portarmi qui, cerco di divincolarmi dalle braccia di May.

Alex: Tu! é tutta colpa tua. Tu mi hai portata qui! Io mi fidavo di te credevo fossimo amici. Credevo mi amassi- dico sussurrando l'ultima frase.

Coulson: May! Porta via Alex, qui ci pensiamo noi.

May: Ma...

Coulson: Niente ma Melinda vai! Fitz e Simmons vi stanno aspettando.

Ricominciamo a correre in un corridoio più stretto degli altri. Sento le forze mancarmi, le gambe sempre più deboli. Ripenso a tutto quello che ho provato con Ward e il modo in cui mi ha tradito, avevano ragione l'amore è per bambini. La stanchezza diventa insopportabile e semplicemente smetto di lottare, mi lascio andare e cado a terra.

May: Dai Alex dobbiamo andare, alzati.

Scuoto la testa

May: Alex, lo so che è andato tutto per il verso sbagliato, ma si può rimediare te lo prometto, però per farlo bisogna uscire vivi da qui prima.

Alzo la mia faccia ormai rigata dalle lacrime e la guardo negli occhi. Melinda mi sorride, ed in quel sorriso ritrovo la forza per rialzarmi e ricominciare a correre.

TIME SKIP

Dopo essere salita sul Bus con May devo essermi addormentata dato che siamo ad alta quota, setto il resto della squadra parlottare  e affacciandomi dal finestrino vedo lo sky-line di New York.
Mentre ammiro il panorama qualcuno entra nella mia piccola stanza, sono Sky e Gemma.

Simmons: Ehi Alex...

Sky: Siamo venute a vedere come stai.

All'inizio non rispondo voglio solo stare sola, lontana da tutti, ma poi pian piano comincio a capire che non se ne andranno senza aver ottenuto una risposta. Quindi, controvoglia, distacco lo sguardo dal finestrino per spostarlo sulle due ragazze e annuire semplicemente come risposta alla loro domanda. Sky sospira ed esce dalla stanza, l'ho ferita lo  so ho riconoscito la delusione nel suo sguardo, Gemma fa per seguire l'amica poi si gira un' ultima volta per dirmi qualcosa.

Simmons: Comunque stiamo per atterrare.

Poi esce dalla stanza chiudendo la porta. Mi vergogno di me stessa, ho fatto soffrire due persone che erano solo preoccupate per me. Poi due sensazioni che ricordo molto bene si fanno strada dentro di me sono l'apatia e la solitudine, così mi lascio convincere che in realtà loro non tengono veramente a me stanno solo fingendo e prima o poi mi pugnaleranno alle spalle. Così ferita e arrabbiata ritorno a guardare i palazzi che, sotto di me, si avvicinano sempre di più. Sembra quasi che più i palazzi si avvicinino più io mi senta minacciata e in pericolo. 
Prendo coraggio e comincio a raggruppare le poche cose che avevo lasciato sull'aereo e non appena sento i motori spegnersi esco dalla mia stanza e scendo dal Bus per evitare di incontrare qualcuno. sfortunatamente il mio piano non funziona dato che appena messo piede fuori dall'aereo mi ritrovo davanti un Fury molto preoccupato. 

Fury: Romanoff tutto bene?

Alex: Come se ti interessasse. Sorvoliamo i convenevoli direttore e mi faccia vedere dove mi posso sistemare.

Non ribatte, non so se è per la mancanza di coraggio o per il rispetto della mia decisione di non voler avere una conversazione, mi fa semplicemente cenno di seguirlo e così faccio.
Dopo un lungo e silenziosissimo viaggio in ascensore usciamo in un corridoio con varie porte e Fury si posiziona di fronte  ad una di esse.

Fury: Questa è la tua camera. Appena ho finito di discutere con gli altri manderò qui l'agente May per-

Alex: Non serve nessuno, vivo meglio da sola. Mi sembrava di avertelo già detto. 

Ho passato le successive tre ore a fissare il vuoto e prendere a pugni il piccolo sacco da box che si trova in fondo alla stanza. In questo momento vorrei che tutte quelle persone che credono che noi spie e assassine addestrate non proviamo emozioni potessero entrare nella mia testa, vorrei solo che capissero che siamo brave a nascondere non a eliminarle.
Sono così arrabbiata con me stessa perché mi sono fidata e mi sono aperta con lui, sono stata così stupida dovevo capirlo che non mi avrebbe mai amato. Ma la cosa che mi confondeva di più era quello che io provavo per lui , io non lo amavo o almeno credo, insomma diciamoci la verità io non lo so neanche cos'è l'amore. So solo che se si avvicina a quello che ho provato per quel verme non voglio provarlo mai più, non voglio sentirmi così debole e ferita, io non sono così, io sono la Vedova Bianca non piego al volere di nessuno. 
I miei pensieri altamente autodistruttivi vengono interrotti da qualcuno che bussa alla porta. Decido di ignorare chiunque fosse e continuare la mia serie di flessioni. La persona dall'altra parte della porta si fa più insistente e sta cominciando a darmi sui nervi. Sento salire dentro di me l'istinto omicida e comincio a pensare che forse aprirgli la porta e fargli un buco in testa non è poi una così brutta idea. Ma la voce della persona che continuava a bussare, probabilmente con l'intento di sfondare la porta, mi impedisce di attuare il mio piano.

Nat: Alex sono Tua sorella, mi fai entrare per favore?

Con molta e dico molta riluttanza mi alzo e vado ad aprire la porta per poi trovarmi di fronte mia sorella e tutta la squadra. Faccio cenno a Natasha di entrare e May fa un passo avanti per seguirla, ma la blocco.

Alex: Se qualcuno si azzarda ad entrare qui dentro può stare certo di non uscirne vivo.

Detto questo chiudola porta a chiave per evitare visite in desiderate dato che questa stanza ha una bella moquette e non vorrei rovinarla.

Nat: Vogliono solo parlare...

Alex: Io no.

Nat: Mi dispiace per te allora perché noi- dice indicando prima me e poi lei- dobbiamo parlare.

Sbuffo e alzo gli occhi al cielo per poi lasciarmi cadere a peso morto sul letto. Sarà un pomeriggio molto, ma molto lungo.



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